L'ipocrisia dei giornali sull'esclusiva di Panorama
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L'ipocrisia dei giornali sull'esclusiva di Panorama

Perché la maggior parte dei quotidiani non ha scritto nulla sulle intercettazioni e Napolitano, e chi ha scritto ci attacca a testa bassa

“Panorama” rompe i giochi, dice fine ai giochetti, porta alla luce il ricatto al Quirinale delle “brigate del nulla”. Come? Dicendo la verità. Rivelando quello che da settimane circola negli ambienti “bene informati” (come usa dire) e confermato da diverse fonti: i contenuti (o parte dei contenuti) delle famose telefonate tra il presidente Napolitano e l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino. Tema: il tentativo dei Pm di Palermo di scrivere la storia della presunta trattativa Stato-mafia.

In quelle conversazioni vi sarebbero anche giudizi espliciti e poco lusinghieri di Napolitano sui Pm di Palermo e su leader politici, in particolare Antonio Di Pietro e Silvio Berlusconi (le intercettazioni, a quanto pare tra novembre 2011 e aprile 2012, cadono a cavallo della crisi di governo). L’esistenza delle intercettazioni, rivelata da “Panorama”, è stata confermata dal pm Nino Di Matteo a “Repubblica”, e pone oggettivamente la presidenza della Repubblica in una condizione di “ricattabilità” potenzialmente devastante per gli equilibri istituzionali e politici. Questi i fatti.

Nessuno, per la verità, a sinistra o anche ai vertici delle istituzioni aveva sollevato il problema della rivelazione, diffusione e pubblicazione delle intercettazioni, comprese quelle prive di elementi penalmente rilevanti, quando vittima era il presidente del Consiglio in carica, Silvio Berlusconi. Adesso, invece, il problema si pone eccome. Perché tocca il Quirinale. Ed è sollevato proprio da quanti per anni, a sinistra, hanno vissuto a pane e intercettazioni.
Il valzer dell’ipocrisia è evidente oggi sui giornali.

“Panorama”, questo va ricordato, ha difeso le ragioni del presidente Napolitano sostenendo che è giusto il conflitto di attribuzioni sollevato contro i pm di Palermo e che il gioco al massacro del circolo mediatico-giudiziario è fuori dalle regole: lo strapotere dei Pm, forti di un’impunità garantita dal Consiglio superiore della magistratura, è arrivato a insidiare l’equilibrio della più alta carica istituzionale. Ma è proprio il perdurante valzer dell’ipocrisia il sintomo più grave di un degrado dell’informazione e della politica.

Oggi non leggerete praticamente nulla sulle rivelazioni di “Panorama” su giornali come “La Stampa” e “Il Messaggero”, diretti da ottimi professionisti candidati a dirigere il Tg1. Sul “Corriere della Sera” potrete invece scorrere un breve articolo del cronista considerato il più fedele interpretate (portavoce?) del Quirinale, Marzio Breda, il “quirinalista” per antonomasia. Il quale però fa un danno al suo quotidiano, a se stesso e a Napolitano nel momento in cui sottolinea che l’annuncio di “nuove rivelazioni” esce “sul settimanale della famiglia Berlusconi, Panorama”. Perché allora dovrebbe ricordare che il foglio sul quale scrive rappresenta alcuni poteri forti, e li rappresentava anche quando l’avviso di garanzia contro Berlusconi nel 1994 comparve in prima pagina sul “Corsera”, prima ancora che Berlusconi lo ricevesse, nel pieno di un convegno internazionale sulla criminalità organizzata a Napoli, e provocò la  caduta del governo. E dovrebbe ricordare che da quell’accusa anni dopo, perché così (non) funziona la giustizia in Italia, Berlusconi fu dichiarato innocente (“non ha commesso il fatto”).

Breda dovrebbe anche non offuscare il ruolo del Presidente coinvolgendo il Quirinale nell’ipotesi di motivazioni politiche dietro la pubblicazione di una notizia, soprattutto considerando che in quelle conversazioni vi sarebbero apprezzamenti gravi sull’allora premier e leader del PDL.

Terzo: insinuare subdolamente un interesse proprietario (in fogli altrui), oltre che un’ipocrisia è un’offesa alla professione giornalistica. Ma c’è di peggio.

“Il Fatto Quotidiano”, che vive della pubblicazione quotidiana di indiscrezioni giudiziarie, intercettazioni e annunci o illustrazione di inchieste e ha sempre obbedito alla regola principe della deontologia professionale (la tutela della fonte), stavolta incredibilmente e minacciosamente scrive: “Lasciando alla valutazione dell’Ordine dei giornalisti, se ne avrà voglia, l’attribuzione a fonti anonime delle parole intercettate del presidente della Repubblica che ci rimanda alle peggiori veline dei servizi degli anni Settanta, etc. etc.”.

Tra minacce, insinuazioni e silenzi, ecco il valzer delle ipocrisie attorno a un gigantesco problema politico e funzionale della Repubblica italiana, ostaggio di Pm spregiudicati che addirittura teorizzano (vedi le opinioni del Pm Antonio Ingroia) la supplenza politica della magistratura rispetto a chi democraticamente è stato eletto. Napolitano ha perfettamente ragione nel rivendicare (lo ricorda Breda) il “principio da difendere di elementare garanzia della riservatezza e della libertà nell’esercizio delle funzioni”. Forse, è arrivato il momento che anche il capo dello Stato e la politica nel suo complesso (compresa la sinistra che per anni ha cavalcato i complotti giudiziari contro Berlusconi) ponga sul serio il problema di una fetta faziosa della magistratura che travalica i propri limiti d’ufficio e pretende di riscrivere non solo il passato, ma il futuro di questo Paese. Al di fuori dei normali percorsi democratici. Forse, è arrivata l’ora che il presidente del CSM (che è Napolitano) ponga formalmente la questione.

Perché in democrazia la forma è sostanza. Berlusconi, almeno, le cose non le mandava a dire. Il resto, come abbiamo visto, è un immondo valzer dell’ipocrisia.    

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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