Jean-Claude Juncker al Parlamento europeo di Strasburgo,
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Jean-Claude Juncker, primadonna egocentrica

Il presidente della Commissione europea incarna la distanza fra i cittadini e la Ue. Il riscatto risiede invece negli organismi elettivi come il Parlamento

La credibilità di un’istituzione dipende dalla credibilità della persona che la incarna. E va detto che Jean-Claude Juncker non rappresenta al meglio la Commissione Europea che presiede.

Nei Palazzi di Bruxelles questo è ormai un dato acquisito. Lo si considera per quello che è, una personalità che vive male lo scarto tra il potere che ha sulla carta e quello che esercita realmente.

Non è un mistero per nessuno che le decisioni importanti siano prese ormai sempre di più dal Consiglio dei capi di Stato e di governo, in obbedienza alla sostanza del meccanismo di gestione effettiva dell’Unione, che è intergovernativo, fondato sul peso dei singoli Stati ciascuno secondo i propri interessi, o al limite di gruppi di Stati che per contare di più si sono riuniti, come i "quattro di Visegrad" (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia).

La Commissione fa proposte e gestisce il secondo livello di decisioni, che ha pure la sua importanza. Ma non è il governo dell’Unione. E Juncker non è il capo del governo dell’Unione. Non lo è neppure Tusk, il polacco che presiede il Consiglio Europeo.

Contano molto di più Angela Merkel e Emmanuel Macron, che restano leader di Germania e Francia. È questa l’Europa che abbiamo, una miscellanea di catene di comando che si intersecano, con i veri centri di potere fuori dall’organismo comunitario.

Il Parlamento europeo

Il Parlamento è un discorso a parte. Il suo potere è reale per una semplice ragione: è l’unico organismo dell’Unione Europea eletto direttamente dai cittadini. Se il criterio fosse quello democratico, il Parlamento dovrebbe stare al di sopra di tutte le altre istituzioni. E in qualche modo è così.

Il corto circuito in aula, il botta e risposta tra il presidente del Parlamento, Antonio Tajani, e il presidente della Commissione, Juncker, che aveva definito i parlamentari "ridicoli", segnala un attrito fra le istituzioni ma soprattutto l’inadeguatezza di Juncker. Ha ragione Tajani quando ricorda al suo interlocutore, infastidito per la scarsa presenza di deputati durante il suo intervento, che l’Europarlamento svolge una funzione di controllo sulla Commissione e non viceversa. Basti ricordare che i Commissari, una volta designati, devono passare al vaglio di Strasburgo prima di essere confermati nell’incarico.

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Juncker, primadonna

Anche se Tajani ha poi ottenuto le scuse del presidente della Commissione, e chiarito in un’intervista che il caso è chiuso e non c’è alcun conflitto tra le istituzioni, va detto che Juncker è una "primadonna" egocentrica e sopra le righe, come lo hanno dipinto altri deputati intervistati sul caso. Anche un po’ imprevedibile. Ricordate? Fu lui a tamburellare con le dita sulla testa di Silvio Berlusconi immerso nella lettura di un documento (una telecamera riprendeva la scena). Berlusconi si voltò infastidito non sapendo chi fosse.

Quando Berlusconi in aula a Strasburgo si scontrò con l’allora capogruppo socialista Martin Shultz e definì alcuni europarlamentari "turisti della democrazia", aveva almeno la giustificazione di aver sofferto come una offesa all’Italia l’esibizione di cartelli pieni di insulti razzisti.

Juncker invece ha definito "ridicoli" gli eurodeputati semplicemente perché non erano in tanti ad ascoltarlo mentre l’aula è piena quando parla la Merkel. Ci mancherebbe. Se tutti sanno che quasi più di Juncker conta il suo capo di gabinetto tedesco, immaginate quanto possa contare Juncker rispetto al Cancelliere della Germania.

Lontananza dei cittadini da Bruxelles

Se i cittadini non hanno fiducia nell’Europa è proprio a causa della lontananza che sentono verso Bruxelles, cioè verso personaggi come Juncker. Il possibile riscatto parte proprio da organismi elettivi come l’Europarlamento e dalla capacità in generale di essere più vicini alla gente che non al proprio ego eurocratico.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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