L’Iran ha cambiato voce
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L’Iran ha cambiato voce

Dagli ebrei al dossier nucleare, il neopresidente Hassan Rouhani cambia passo. Restyling o svolta?

Non soltanto ha fatto gli auguri di buon anno a tutti gli ebrei del mondo, via Twitter. Il neopresidente dell’Iran, Hassan Rouhani, ha anche accettato l’invito del re saudita a recarsi in pellegrinaggio alla Mecca: da 8 anni la casa regnante di Riad non aveva rapporti così diretti con i vertici di Teheran. E ha pure riaperto la casa di produzione cinematografica iraniana. In ogni suo gesto, Rouhani richiama quel principio di saggezza che il latino Orazio chiamava «del giusto mezzo». Del resto, che fosse un pragmatico lo si era capito già dalla sua elezione il 15 giugno scorso, «Non sono mai stato un estremista» ha dichiarato la prima volta in tv. «La via che sta in centro è quella migliore».

È così che intende fare uscire l’Iran dalla doppia crisi. Quella interna, dovuta all’inflazione, all’elevato tasso di disoccupazione e al malcontento giovanile, e quella sul
fronte esterno, legata al nucleare, alle sanzioni, alla guerra in Siria e ai difficili rapporti con Stati Uniti e Israele. Per Rouhani il giusto mezzo significa anche rinnegare le posture bellicose del predecessore Mahmoud Ahmadinejad. Questo era il principale intento degli auguri agli ebrei: un segnale forte, che ha cominciato a cambiare la percezione che il mondo ha dell’Iran. Non a caso in parlamento il presidente è chiamato «shaykh diplomat», maestro di diplomazia.

Rouhani è riuscito a essere moderato persino sulla Siria, dicendo che non avrebbe fatto mancare aiuti umanitari in caso di attacco all’alleato Bashar al-Assad, ma tenendo basse le aspettative nei confronti di un appoggio militare da parte dell’Iran. Il dossier nucleare sarà un banco di prova importante. Rouhani ha alle spalle una rilevante carriera come segretario del Consiglio nazionale supremo per la sicurezza.

Fu lui a firmare nel 2004 l’accordo di non proliferazione tra la Repubblica islamica e le potenze europee, acconsentendo a sospendere temporaneamente il programma
di arricchimento dell’uranio. Ora si è giunti a una svolta. Il presidente ha fatto sapere che la guida suprema Ali Khamenei ha passato la questione del nucleare al ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif. A lungo residente negli Usa, un dottorato a New York, Zarif ha conoscenze di vecchia data fra i politici americani, tra cui il vicepresidente Joe Biden. Probabilmente il nuovo corso di Rouhani renderà più facile il dialogo: lo scambio di corrispondenza tra Washington e Teheran ne è una prima dimostrazione. Quanto ciò cambierà davvero la sostanza dei rapporti con la comunità internazionale è tuttavia difficile da prevedere. Certo, però, un cambio di immagine per l’Iran è un buon inizio.

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Sara Hejazi