Io, arrestata per colpa di una fotografia
Alberto Bernasconi
News

Io, arrestata per colpa di una fotografia

Due finte ispettrici della Asl rubano in una casa a Verona. La vittima riconosce in due donne le presunte "ladre". Ma è soltanto un errore. Che viene scoperto dopo due anni

La voce della prima donna all’altro capo del telefono trema quando racconta che "ho cominciato a riempirmi di tranquillanti in carcere, per stordirmi, e ne sono diventata schiava". La seconda donna si limita a mandare un messaggio tramite l’avvocato: "Mi hanno tenuto dentro nonostante stessi combattendo contro un tumore". Questa storia comincia il 9 febbraio 2012, quando due finte ispettrici Asl s’introducono nell’appartamento di un 83enne a Verona. Mentre una delle due donne improvvisa una visita medica, l’altra arraffa 30 mila euro riposti in cima a un armadio. Quando le ladre sgattaiolano via, un vicino le incontra sul portone e scambia qualche parola con loro. Il 20 febbraio, a distanza di 12 giorni, i carabinieri sottopongono al derubato un album fotografico. L’uomo individua i profili di Anna De Innocenti e Laura Major.

Le donne, 52 e 57 anni, appartengono a due famiglie di giostrai della zona. Sulla base dell’individuazione e della descrizione resa dalla vittima, parte un ordine di custodia cautelare. Il 4 maggio 2012 le indagate vengono chiuse nel carcere di Rovigo per furto aggravato. De Innocenti, in particolare, ha alcuni precedenti per furto. Questo basta alla stampa locale per incorniciare i loro volti con titoli colpevolisti. Il Mattino di Padova scrive: "Rubano tutti i risparmi di un anziano. Arrestate due nomadi".

Eppure il processo deve ancora iniziare. Anna e Laura vengono rinchiuse, con una terza detenuta, in una cella di 3 metri per 3. Le giornate sono infinite, la tv è l’unica distrazione. Le due ore d’aria servono per la doccia e per camminare in un cortile di cemento. D’estate il caldo è così asfissiante che si dorme per terra. "In quella cella la mia testa è andata in tilt e lì ho cominciato a fare abuso di farmaci" mormora Anna. "Mi servivano per calmarmi e perdere il contatto con l’esterno. Ho perso 15 chili. Una volta mi sono attaccata alle sbarre e ho cominciato a gridare, ero andata via di testa". Anna rimarrà in prigione 18 mesi. Anche peggiore è la storia di Laura, che parla solo per mezzo dell’avvocato Orazio Gilardin perché, fa sapere, "i giornalisti con me sono stati spietati": viene arrestata malgrado abbia da poco terminato un ciclo di chemioterapia. Quando la ammanettano, è ancora in condizioni di salute precarie. Ma trascorre oltre nove mesi dietro le sbarre e riesce a ottenere gli arresti domiciliari solo il 20 febbraio 2013. Intanto parte il processo. Il 6 marzo 2013 il Tribunale di Verona condanna De Innocenti a 6 anni e 8 mesi di reclusione e Major a 4 anni.

Le prove dell’accusa sono incardinate nel "sicuro riconoscimento effettuato dalla persona offesa" non solo per mezzo delle foto, ma anche "in via personale all’esito delle dichiarazioni rilasciate nel corso dell’udienza". La sentenza mette assieme "le descrizioni fisiche rilasciate dalla persona offesa" e "i caratteri somatici generali delle imputate", nonché "l’accento veneto". L’altro caposaldo della condanna è il vicino di casa: il giudice scrive che il suo riconoscimento delle imputate, "pur non essendo stato certo e completo" (ha dichiarato di avere riconosciuto le due donne "con una certezza quantificabile nel 50 per cento"), "assume significativa rilevanza provenendo dall’unica altra persona presente nel luogo del delitto". Eppure ci sono testimoni che forniscono un alibi alle due imputate. In quattro, al processo, hanno dichiarato che Anna il giorno del furto era stata ingaggiata come cuoca a una festa di compleanno nel Trevigiano. In base ai controlli, però, la data del compleanno risulta il 2 febbraio, non il 9, e questo consente al giudice di scrivere: "È alquanto singolare che la festa sia stata organizzata per la giornata di giovedì a mezzogiorno". I testi sono considerati inattendibili, tanto che la procura li indaga per falsa testimonianza.

Nel processo d’appello tutto si ribalta. La difesa ridimensiona il valore probatorio del riconoscimento fotografico. "Sebbene la polizia ne faccia un uso disinvolto, senza garanzie per l’indagato" dice Carlo Augenti, difensore di Anna "la Corte costituzionale ha chiarito che l’individuazione via foto è un puro atto d’indagine, finalizzato a orientare l’investigazione ma non a ottenere la prova". In particolare, l’avvocato contesta il fatto che l’individuazione fotografica delle imputate sia avvenuta senza alcuna preventiva descrizione delle autrici del furto da parte della vittima. Così il rischio di suggestione e di errore aumenta, tanto più quando le immagini su cui si opera il "riconoscimento" non sono recenti. Il 4 novembre 2013 la Corte d’appello di Venezia assolve le imputate per non aver commesso il fatto. La procura non ha fatto ricorso. Ora le due donne stanno preparando un ricorso per ingiusta detenzione. Anna continua ad assumere tranquillanti: "Ho ridotto a 10 gocce, 3 volte al giorno". Laura non vuole parlare: si sente protetta solo nel silenzio. In aprile si è aperto il processo ai presunti falsi testimoni della difesa che però, stando alla sentenza, hanno detto il vero.  

Leggi Panorama Online

I più letti

avatar-icon

Annalisa Chirico

Annalisa Chirico è nata nel 1986. Scrive per Panorama e cura il blog Politicamente scorretta. Ha scritto per le pagine politiche de "Il Giornale". Ha pubblicato "Segreto di Stato – Il caso Nicolò Pollari" (Mondadori, pref. Edward Luttwak, 2013) e "Condannati Preventivi" (Rubbettino, pref. Vittorio Feltri, 2012), pamphlet denuncia contro l’abuso della carcerazione preventiva in Italia. E' dottoranda in Political Theory a alla Luiss Guido Carli di Roma, dove ha conseguito un master in European Studies. Negli ultimi anni si è dedicata, anche per mezzo della scrittura, alla battaglia per una giustizia giusta, contro gli eccessi del sistema carcerario, a favore di un femminismo libertario e moderno.

Read More