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MICHAEL KAPPELER/DPA VIA ZUMA PRESS
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Germania e immigrazione: la lezione del voto regionale tedesco

Anche Angela Merkel è vittima dei populismi. Certo è che senza la sua leadership l'Europa rischia il collasso. E nessuno se lo può permettere

La Germania non fa eccezione. A bocce ferme questa è la lezione del voto in Meclemburgo-Pomerania che ha castigato Angela Merkel e premiato la destra movimentista di Frauke Petry del partito Alternativa per la Germania (AfD).

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E allora, se anche la Germania non fa eccezione, se condivide il disagio di tutti gli europei per i flussi migratori e si avvita in una pericolosa crisi d’identità, è il caso di dire che l’Europa è unita. Unita dai problemi e dalla tentazione delle facili risposte. Unita dalla protesta e dall’avanzata dei “populismi”.
Siamo tutti europei a Londra come a Parigi, a Berlino, a Varsavia, a Roma.

Proprio questa mattina in un discorso al Bundestag, Angela Merkel, ha chiesto unità contro il populismo di Afd. È una "sfida" per tutte le forze parlamentari, ha spiegato Merkel, chiedendo di abbassare i toni ed evitare di cadere in una guerra di partito, inutile se si vuole riconquistare la fiducia dei cittadini. "Se ci aggrappiamo alla verità, vinceremo. E recupereremo la cosa più importante, quello di cui abbiamo bisogno, la fiducia della gente", ha spiegato il cancelliere.

Il partito populista di destra Afd, ha aggiunto Merkel, "non è una sfida solo per la Cdu ma per tutti noi che siamo seduti in quest'aula. Se cerchiamo solo piccoli vantaggi reciproci per dire magari in una domenica elettorale di essercela cavata, allora vinceranno quelli che puntano su parole e facili risposte". Ma cosa vuole dire la Merkel?

L'avanzata dei populismi
Nessuna sorpresa che in sintonia con l’affermarsi dei partiti descritti per pigrizia come “populisti”, gli elettori tedeschi (dell’Est) abbiano premiato l’AfD, formazione alla destra dei cristiano-democratici della Cancelliera. Questo voto significa poco di per sé (quel Land è il più povero e il meno popolato della Germania, la sua geografia politica non rispecchia quella nazionale, in ogni caso il successo della sigla della Petry non è tale da consentirle di governare, quindi si tratta di una vittoria che ha il sapore della sconfitta, oppure di una sconfitta che ha il sapore della vittoria).

Però i “populisti” avanzano. Ovunque. Avanzano ma non sfondano. Il voto della Pomerania, poco significativo di per sé, ha però un importante valore psicologico.

Le tre lezioni del voto
L’affermazione dell’AfD, per prima cosa, rompe il tabù della impossibile esistenza di un partito alla destra della CDU.

Secondo: premia il partito che chiude la porta agli immigrati in un Land che ne accoglie solo il 2 per cento (12mila su una popolazione di un milione e 300mila).

Terzo: il successo della AfD può essere letto in positivo, se la Petry ha tolto voti anche ai post-comunisti (scesi di 6 punti percentuali al 12 per cento circa) e ai neonazisti dell’NDP, che escono dimezzati dalle urne e rimanendo sotto la soglia del 5 per cento, non entrano in Parlamento.

Protesta o rilancio dei valori

L’Europa c’è, se tutti i Paesi europei sperimentano il fenomeno di una (non irresistibile) avanzata degli anti-clandestini e anti-Europa. Come insegna la Germania, destra e sinistra sono etichette senza più valore. Si può essere xenofobi di sinistra. Non a caso, in Pomerania comunisti e neonazi convergono sull’AfD. Una confusione tutta europea anche questa.

In Germania, come in Europa, i cittadini si trovano adesso di fronte a un bivio. Anzi, al Bivio per eccellenza. Delle due l’una: o la protesta, o il rilancio dei valori europei.

La protesta è rappresentata in Italia soprattutto dai 5 Stelle e in parte dalla Lega, ma esercita un’attrazione anche su pezzi di Forza Italia. Da noi il centrodestra deve scegliere da che parte stare: con l’Europa o contro, con Le Pen o con la Merkel.

La Germania ha un senso della comunità, se non dello Stato, forse più alto. Fa la sua politica. I suoi leader si dimostrano tali proprio nelle difficoltà. Kohl ha perso tutto dopo aver abbattuto il Muro e unificato le Germanie. Schroeder è uscito sconfitto dopo aver regalato ai suoi concittadini le riforme impopolari che consentono oggi ai tedeschi di crescere ancora economicamente, nonostante tutto.

La Merkel ha tenuto fermi i princìpi liberali e occidentali dell’accoglienza e del buongoverno, anche se non ha dimostrato la stessa capacità di comunicazione e visione strategica. E per questa sua posizione (da leader) rischia di perdere o non presentarsi alle elezioni di autunno.  

Le prossime elezioni in Europa
Il 2 ottobre, intanto, si voterà in Austria per il presidente (il candidato di estrema destra nei sondaggi vola al 50 per cento). Contemporaneamente gli ungheresi voteranno per il referendum sugli immigrati. Poi, toccherà a francesi e tedeschi andare alle urne.

Sui grandi temi la Cancelliera è l’ultimo baluardo di una possibile unità europea. Senza o dopo di lei c’è l’incertezza di un continente (e del suo paese più forte) di fronte a Stati Uniti e Asia.

Il “populismo” è un sintomo, non la soluzione. E al bivio tra Europa e Disgregazione la scelta non può che andare, magari turandosi il naso, verso una maggiore integrazione europea (ma in una Europa pentita e riformata). L’Alternativa per la Germania è quella di Frauke Petry. Ma in Germania come in Europa, in realtà non c’è alternativa al farsi forti e restare insieme.

I flussi di immigrati verso la Germania - settembre 2015

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Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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