La Crimea è tutta russa, ma Usa e Ue dicono no
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La Crimea è tutta russa, ma Usa e Ue dicono no

Oggi vertice straordinario a Bruxelles per decidere le sanzioni contro la Russia, dopo che il 95,7% dei votanti per il referendum sul futuro della Penisola ha scelto l'adesione a Mosca - Foto

Non ci si aspettava un risultato così clamoroso, anche se era chiaro a tutti che la maggioranza degli elettori della Crimea avrebbe scelto di voltare le spalle a Kiev per ritornare tra le braccia di Mosca. Complice il boicottaggio dei Tatari, a Simferopoli il 95,7% dei votanti ha scelto la secessione dall'Ucraina per tornare a far parte della Federazione russa. 

Una doccia fredda per Stati Uniti ed Europa, che considerano illegittimo il referendum indetto in Crimea e annunciano pesanti sanzioni contro la Russia, che - invece - ha dato il via libera alla consultazione sulla Penisola come "legittima", etichettando il governo di Kiev come "illegale". I voti si stanno ancora contando e molti hanno denunciato l'impossibilità di recarsi ai seggi per scegliere di restare in Ucraina, ma quello che succederà realmente in Crimea lo capiremo solo nelle prossime ore.

Oggi a Bruxelles è prevista una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri, che definirà le sanzioni congiunte Usa/Ue contro la Russia. Intanto, è mistero su quello che si sono detti al telefono Vladimir Putin e Barack Obama nei minuti immediatamente successivi alla chiusura dei seggi in Crimea.

Il Cremlino ha diffuso una nota nella quale si dice che il presidente russo e quello americano si sono trovati d'accordo nel cercare un modo per stabilizzare la situazione in Ucraina, e che Putin ha sottolineato a Obama che il governo di Kiev ha fallito nel frenare la "violenza dilagante" degli ultra-nazionalisti. 

Ma la campana della Casa Bianca suona in modo diverso e dice che il presidente Obama ha insistito sull'illegittimità del referendum, sostenendo che gli Usa non ne accetteranno mai il risultato e chiedendo a Mosca di impegnarsi a supportare una missione internazionale per monitorare la situazione nella parte orientale dell'Ucraina. Insomma, mondi lontanissimi

Per parte sua Bruxelles, nel solco degli Stati Uniti, ha reiterato in un comunicato stampa che il voto in Crimea è "illegale e illegittimo" e che "il suo risultato non verrà riconosciuto" dall'Unione europea. E il premier britannico David Cameron su Twitter ha fatto sapere che Londra "non riconosce né il referendum, né i risultati", e ha chiesto alla Russia di "iniziare un dialogo con l'Ucraina per risolvere la crisi nell'ambito del diritto internazionale". Al premier di Downing Street fa eco il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, che ha detto che il referendum in Crimea ha violato sia le leggi dell'Ucraina sia le norme internazionali, e questo complicherà ulteriormente gli sforzi per risolvere la crisi.

In Crimea e a Mosca, però, si festeggia. In migliaia sono scesi per le strade non appena sono stati resi noti i primi risultati. La stampa russa mette anche in evidenza la preoccupazione per le sanzioni che verranno decise da Bruxelles e da Washington. E' possibile - scrive il quotidiano Kommersant - che sia impedito l'ingresso in Europa ai vertici dei colossi dell'energia della Federazione russa, Igor Sechin, a capo di Rosneft, e Alexey Miller, alla testa di Gazprom. La lista nera dell'Europa conterebbe i nomi di 130 funzionari e manager di grandi aziende russe le cui attività potrebbero essere immediatamente congelate.  

Ma tutto è in forma "condizionale" perché ancora non si conoscono le sanzioni di Bruxelles, eppure la preoccupazione a Mosca è alta. Secondo il vice-presidente della Rosneft, Mikhail Leontiev, se le decisioni dell'Ue andassero in questa direzione sarebbe "stupido e meschino" e "saboterebbe loro stessi in primo luogo", andando a colpire un partner commerciale importante come il gigante energetico russo.

E questo lo sa bene proprio la Gran Bretagna, dove c'è la più alta concentrazione di oligarchi russi in Europa. Cosa succederebbe se i capitali dei russi fossero congelati? Il Regno Unito teme un tracollo della Borsa, ma anche Washington non può dormire sonni tranquilli. Secondo il Wall Street Journal la società Rosneft e la Morgan Stanley stanno per chiudere un'importante operazione finanziaria, con accesso a una vasta rete di depositi, contratti diretti con i consumatori, nonché quote di società nel campo delle infrastrutture e marketing internazionale. 

Entrambe le società hanno raggiunto un'intesa per completare la transazione entro la metà del 2014, previa approvazione da parte delle autorità di regolamentazione che hanno sede sia negli Stati Uniti che nell'Unione europea. Per ora Rosneft e Morgan Stanley hanno diffuso un comunicato nel quale si dice che l'operazione va avanti, ma le sanzioni potrebbero effettivamente bloccare tutto.

La crisi ucraina e i risultati del referendum in Crimea comportano una serie di effetti a più livelli. Il fatto che Vladimir Putin abbia parlato con Obama, ma non abbia immediatamente parlato alla stampa per annunciare cosa succederà nei prossimi giorni, fa pensare che si stia ancora tentando una mediazione per evitare di peggiorare una situazione ormai arrivata al livello di allarme rosso.

Ma intanto in Russia già si studia come inserire i "vecchi russi" di Crimea nel sistema pensionistico della Federazione e il ministero della Cultura ha prontamente lanciato una nuova campagna per la stagione turistica a venire: "Russi, andate a fare le vacanze in Crimea", dicono a Mosca, e mettono sul tavolo 200 milioni di rubli per finanziare i campi scuola dei bambini nella Penisola tornata alla "madrepatria". Insomma, se i "grandi" temono la guerra, i "piccoli" pensano alle ferie e si organizzano. 

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Anna Mazzone