referendum costituzionale 4 dicembre 2016 scheda
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Un voto con la pistola alla tempia

Il No al referendum è stato caricato di troppi significati che non c'entrano nulla con la riforma costituzionale

Cari lettori che voterete Sì il 4 dicembre, io che voterò No (mi spiace caro Angius, ma non è possibile essere neutrali) non mi capacito di dover indossare l'elmetto per esprimere il dissenso su una riforma costituzionale a mio giudizio imbrogliona e mortificante per chi crede nella democrazia e nella sovranità popolare. Lo trovo scorretto, al pari di una minaccia. O, peggio, di un ricatto. Chi vota No è come se fosse accompagnato dentro la cabina con una pistola puntata alla tempia, porta con sé lo stesso peso della volta celeste imposto da Zeus sulle spalle di Atlante, colpevole di essersi rivoltato contro gli dèi dell'Olimpo. Matteo Renzi, che si crede effettivamente Zeus, ha giocato e continua a giocare sporco con il referendum. Perché ha consapevolmente caricato il No di significati che nulla c'entrano con la riforma costituzionale. A cominciare dall'imposizione della paralisi parlamentaree cioè dal blocco di ben 21 leggi ritenute "prioritarie" ma fermate alla Camera e al Senato fino a quando non si conoscerà l'esito della consultazione. Stanno lì, come le foglie sull'albero, norme su processo penale e prescrizione, concorrenza (e cioé assicurazioni, auto, energia, taxi), lavoro nero, adozioni, crisi di impresa, cyberbullismo, codice della strada... Se dovesse vincere il No sarà peggio per voi, manda a dire il premier non eletto dai cittadini: si butterà tutto perché il governo cadrà.

Tragedie su tragedie. Prendete i 5 miliardi dell'aumento di capitale necessario per salvare il Monte dei Paschi di Siena, di cui Palazzo Chigi è il primo azionista attraverso il ministero dell'Economia. Partirà ma solo il 6 o 7 dicembre perché, cito l'agenzia Ansa, "in caso di vittoria del Sì il consorzio di collocamento avrebbe una storia da vendere insieme alle azioni di Mps, quella di un Paese che fa le riforme e di un premier ben saldo alla sua guida. Ma se dovesse vincere il No, l'aumento verrebbe rinviato al 2017 con esiti molto incerti, per sottrarre Mps alla volatilità che si abbatterà sul mercato". Letto tutto ciò si resta, per dirla alla maniera lapidaria di un mio ruvido professore di matematica, perplessi e sconcertati. Viene dato per scontato che se vince il No Piazza Affari andrà a picco, che la nostra credibilità internazionale crollerà e via tragediando. Falso, tutto falso.

E l'Europa? Il braccio di ferro con la Commissione per il via libera alla manovra fino a quando pensate che andrà avanti? Ma fino al 4 dicembre, ovvio! Dopo l'analisi della "governativa" Ansa su Mps, citerò sul punto il quotidiano La Stampa, così sfuggirò ancora all'accusa di essere di parte: "Da quel momento (il 4 dicembre, ndr) la corda si allungherà su uno dei confini: su quello italiano in caso di vittoria, su quello della Commissione se prevarrà il No. Nella scommessa elettorale di un Renzi sempre più antieuropeo c'è anche questo: dare ai cittadini la sensazione di votare non solo per il Sì alla riforma e alla sua permanenza a Palazzo Chigi, ma anche per ottenere un'Europa più docile agli interessi nazionali".

Siamo davanti a un'estorsione, alle acrobazie e all'avventurismo di un premier disperato perché cosciente delle eredità malsane che si riverseranno sulla vita politica e di governo per i prossimi anni. La crescita al palo, il debito pubblico destinato a salire con l'aumento dei tassi di interesse, il pareggio di bilancio, l'ipoteca monstre dell'aumento Iva per 19,6 miliardi nel 2018 rappresentano mine innescate che impediranno di fare manovre ballerine come quella del 2017 costruita sul deficit. E allora scansate quella pistola e votate No senza paura. Dovesse perdere il Sì, morirà politicamente Sansone-Renzi ma non finirà il mondo, al più si spegnerà il suo piccolo sole.

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Giorgio Mulè