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ANSA/ANGELO CARCONI
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Renzi, l'ultima piroetta è già un oltraggio

Il premier ha cambiato idea: anche se perdesse il referendum non si dimetterebbe. Una giravolta, e non sarà l'ultima, figlia delle randellate rimediate

Per uno che è abituato a parlare e parlare e parlare, le parole sono come le pietre. Puoi giocarci quanto vuoi o addirittura tentare di rimangiartele quanto vuoi, ma la sintesi dei 140 caratteri a cui costringe twitter alla fine si rivela una camicia di forza dalla quale difficilmente ci si può liberare.

Così, il 18 maggio 2016 in una delle adunate digitali in cui Matteo Renzi si collega al computer con i cittadini, la giornalista Gaia Tortora cinguettava: "#matteorisponde perché ha cambiato verso sulla personalizzazione del referendum?".

Il premier lesto replicava: "Non ho cambiato verso, Gaia. Confermo quello che ho sempre detto. Parliamo di merito, senza paura. Se perdo, a casa". Era la replica di quanto affermato due mesi prima, alla scuola di formazione del Pd dove le bugie non si dovrebbero dire: "Se perdiamo il referendum è doveroso trarne le conseguenze, è sacrosanto non solo che il governo vada a casa ma che io consideri terminata la mia esperienza politica".

Oggi sappiamo che non è più così: anche se il referendum dovesse andare male, il premier non eletto tirerebbe dritto fino alle elezioni del 2018.

Si tratta dell'ennesima piroetta e, statene certi, non sarà neppure l'ultima. La nuova giravolta è figlia delle ultime randellate rimediate dal presidente del Consiglio su tutti i fronti: dalla sconfitta alle elezioni amministrative fino alla crescita zero che condanna l'Italia a pietire l'inutile e dannosa richiesta all'Europa di farci un po' di elemosina.
Per chi si è riempito la bocca di "moralità della politica"e proclama a ogni passo una supposta "diversità" rispetto agli altri partiti, la piroetta rappresenta un oltraggio e una truffa ai cittadini. Un comportamento da Pulcinella, per dirla con Giuliano Ferrara.

Senza contare il disprezzo per il ruolo e le prerogative assegnate al presidente della Repubblica, unico soggetto al quale spetta sciogliere le Camere.

Nella visione di Renzi, nonostante il generoso soccorso dei soliti commentatori amici, lesti a tentare di aggiustare il tiro delle sue castronerie, Sergio Mattarella viene equiparato a un passacarte o a un mero ricettore dei suoi desiderata. D'altronde Renzi ebbe come "padrino" un Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che in spregio a ogni evidenza elettorale lo fece premier scrivendo una delle pagine più nere della storia repubblicana con la consacrazione del voltagabbanismo a metodo di governo. Al Colle oggi c'è Sergio Mattarella e noi siamo certi che, Costituzione alla mano e con il rigore che lo contraddistingue, il presidente della Repubblica non accetterà né forzature né interpretazioni strampalate.

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Giorgio Mulè