Beppe Grillo
MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images
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Quella politica che sa fare solo antipolitica

Quando programmi e priorità lasciano il posto alla demagogia e al marketing elettorale, chi ambisce a governare ha già perso in partenza

Sarà l'abolizione dei vitalizi per i parlamentari il primo punto del programma dei 5 Stelle, qualora dovessero vincere in autunno le elezioni in Sicilia e nella primavera 2018 in Italia.

Immagino che al grido di "mettiamo a pane e acqua" i politici, i grillini festeggeranno l'eventuale conquista del Palazzo dei Normanni di Palermo.

Sarà un'eccellente quanto inutile operazione di marketing elettorale perché risparmiare 18 milioni di euro all'anno non darà alcun beneficio al rilancio di una Regione che, tanto per pescare un numerello a caso, ha un debito di 8.035 milioni: quei 18 milioni, udite udite, consentiranno di aggredire il mostro con una sforbiciata dello 0,2 per cento.

Un ruttino e nulla più.

Se questo è il primo punto del programma, capite bene che nessuno deve sorprendersi se una rilevazione di Demopolis fissa ad oggi un'astensione del 55 per cento degli elettori in Sicilia: significa che per ottenere la presidenza della Regione basteranno tra il 13 e il 15 per cento dei voti. Una catastrofe democratica figlia di una fiducia nei partiti che, nell'isola, è al quattro per cento.

Il motivo è presto detto: se la politica si basa sull'antipolitica, se cioè non esiste più la parvenza di un programma serio con priorità precise, il risultato è la resa incondizionata dei cittadini espressa con la diserzione delle urne. E questo accade perché la politica ha rinunciato al suo dovere principale che è quello di vivere di scelte: oggi, invece ci si insegue sul terreno della negazione di un suo compito primario.

Ciò che è gravissimo è che anche una forza come il Pd succhia la ruota ai pentastellati. E così facendo candida se stesso alla subalternità e all'irrilevanza. Urlare slogan come "onestà, onestà", mortificare il profitto e predicare il pauperismo vuol dire condannare un territorio alla desertificazione economica e sociale; contemporaneamente, additare con orrore qualsiasi forma di remunerazione legata a cariche di responsabilità equivale all'abbandono della gestione, comunque necessaria, del bene comune.

Prima di mettere i politici a pane e acqua, a Palermo come nel resto d'Italia, la preoccupazione di chi ambisce a governare dovrebbe essere quella di dare pane e acqua agli elettori.

La metafora non è casuale per la Sicilia, regione ancora alle prese con la vergogna del rifornimento idrico a singhiozzo e con un prodotto interno lordo che in termini reali è inferiore di 12 punti rispetto al 2009. E gli investimenti per creare imprese? E il taglio della spesa? E gli sprechi nella spesa sanitaria certificati poche settimane fa dalla Corte dei conti? Qualcuno ha il coraggio di aggredire questi temi insieme con altre quisquilie come la riduzione di una disoccupazione giovanile che Eurostat ha fissato al 57,2 per cento, facendo guadagnare all'isola il non invidiabile terzo gradino del podio in Europa con solo un punto e mezzo per cento di differenza dalla primatista Calabria?

E allora: si può sperare in un sussulto di dignità della politica che sappia guardare oltre l'abolizione dei vitalizi riprendendo finalmente il suo ruolo di guida del Paese?

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Giorgio Mulè