Un premier, mille incertezze
ANSA/FABIO FRUSTACI
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Un premier, mille incertezze

C’è poco da stupirsi se poi il nostro Paese viene visto dall’esterno come inaffidabile: la politica non si fa con i tweet, ma con atti concreti

Sulla capacità del governo di varare riforme che incidono realmente nella vita reale del Paese abbiamo scritto tanto e, all’interno di questo numero, trovate abbondanti motivazioni che spiegano come al netto degli annunci su twitter la realtà è cosa assai diversa. Basta guardare il bluff delle nuove norme sulla responsabilità civile dei magistrati che fanno rimanere nella più assoluta inciviltà il nodo del rapporto tra errore commesso da una toga e la rivalsa di un cittadino perseguito ingiustamente. Continueremo così a essere un Paese inaffidabile, che non sa dare certezze.

A cominciare proprio dalla giustizia che è un indicatore fondamentale nelle decisioni di chi dovrebbe investire in Italia. L’ultima frittata si sta consumando sul Tap, un gasdotto da 800 chilometri che vale 40 miliardi di euro, contestato in Puglia dove dovrebbe arrivare dall’Azerbaijan. Da quasi due anni si rincorrono analisi e pareri positivi da parte di enti e ministeri, ad agosto 2014 era pure arrivato il (solito) annuncio vittorioso di Matteo Renzi: «Non è pensabile che si blocchi un’opera pubblica, chi dice “no” non può dire “stop”». Risultato: i lavori non sono mai partiti e adesso è stato presentato l’ennesimo ricorso al Tar, questa volta dalla Regione Puglia. C’è quindi poco da stupirsi se poi il nostro Paese viene visto dall’esterno come inaffidabile: la politica non si fa con i tweet, ma con atti concreti.

La cartina di tornasole è data dall’ultima figuraccia rimediata con l’inserimento dell’Italia all’undicesimo posto della classifica mondiale redatta da Bloomberg (una sorta di Bibbia per gli investitori mondiali) dal titolo esaustivo, I miserabili, dove il combinato disposto tra crescita del Pil comparato all’inflazione reale e percepita, insieme al potere d’acquisto, determina la posizione degli Stati (più si è in alto e peggio è). Questa è la nostra reputazione all’estero, c’è poco altro da aggiungere. Ed è figlia, inutile nasconderselo, di un esecutivo che non sa stare al passo con la straordinaria capacità delle sue imprese di sfidare i mercati. Insomma, c’è una distonia profonda tra ciò che il renzismo racconta e la realtà del Paese, basta andare in giro come ha fatto Panorama con il tour «Panorama d’Italia» del 2014, che sarà replicato quest’anno (vi racconteremo tutto sul prossimo numero). Partiremo da Napoli, capoluogo di una Regione dove il segretario del Pd ha subito una cocente sconfessione con il risultato delle primarie. Così, oltre a non dare certezze al Paese, adesso Renzi non è più in grado di darle al suo partito.

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Giorgio Mulè