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ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Le foto della politica che non c'è

La fotografia dello stato della nostra democrazia è quella delle aule parlamentari. Vuote, mentre si discute di temi fondamentali

La comunicazione, si sa, è spesso racchiusa in un'immagine. Una fotografia da sola vale molte volte più di un articolo o di un commento: perché è vera e genuina; e non a caso si dice che una foto parla da sola. D'altronde foto-grafia significa scrivere con la luce e in un'immagine c'è certamente quella "specie di immortalità" che colse McLuhan.

In epoca di populismi e di incapacità di confrontarsi con la parola, una fotografia vale certamente più di quei noiosissimi dibattiti televisivi. Perché chi la guarda non è disturbato da urla, invettive, sceneggiate, mistificazioni e discorsi a vanvera. È reale.

La fotografia dello stato della nostra democrazia è quella delle aule parlamentari. Lo specchio crudele, ma ripeto reale, dell'Italia è tutto negli scatti della Camera dei deputati e del Senato quando i parlamentari dovrebbero discutere e confrontarsi (sic) su grandi emergenze e leggi fondamentali. L'ultima istantanea è del 13 marzo, aula di Montecitorio. Dopo otto anni dall'inizio dell'iter (non otto giorni o otto mesi) e sull'onda dell'ultimo caso di suicidio assistito che ha occupato per giorni il dibattito su tutti i mezzi di informazione, si discute della legge sul biotestamento.

Su 630 deputati siedono al loro posto una dozzina di parlamentari, meno di 20 nel momento di massima affluenza. La seduta si trascina per quattro ore, parlano in 17. E non concludono ovviamente nulla: tutto rinviato. E la somma urgenza di porre rimedio a una vacatio legis sul tema del fine vita? E l'impellente necessità di dotarsi di uno strumento legislativo strombazzata da tutti all'indomani della morte di dj Fabo con il suo j'accuse sul "suo" Stato che lo aveva lasciato solo? Parole al vento.

Altre due istantenee, per rimanere a quest'anno. Dopo il nuovo terremoto, la grande nevicata e la tragedia dell'hotel Rigopiano, il premier Paolo Gentiloni riferisce al Senato. L'Italia è sconvolta, attonita. Ci sarebbero mille domande da porre. Eppure solo un drappello di rappresentanti del popolo lo ascolta su 315 senatori.

Così come si ritrovano solo in 13 quando il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, viene "interrogato" sullo scontro con l'Europa, sulla manovra correttiva, sui soldi da recuperare per fronteggiare l'emergenza del sisma. Bene: queste tre fotografie sono solo parte di un lunghissimo rullino dell'inconcludenza che è purtroppo lo specchio delle istituzioni.

E che riguarda destra e sinistra, grillini e sinistra estrema. Riguarda la loro incapacità di approvare dopo sette anni la riforma dei beni confiscati alle mafie (un affare da 30 miliardi di euro) o quella sul codice penale (ci sono tra l'altro di mezzo pene più severe per furti e rapine, il capitolo prescrizione e quello sulle intercettazioni). I parlamentari guardino quelle foto: è il loro specchio. E, come diceva Indro Montanelli, "se vi ci potete guardare senza arrossire, contentatevi".

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Giorgio Mulè