Il nostro 11 settembre quotidiano
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Il nostro 11 settembre quotidiano

Di fronte alle nafendezze degli islamisti di Siria e Iraq non ci si può voltare dall'altra parte

Ma davvero vogliamo continuare a voltarci dall’altra parte? Davvero il nostro livello di sensibilità ha raggiunto lo stato arido dell’assuefazione? E vogliamo davvero che continui stancamente a ristagnare fino a imputridirsi? Guardatevi intorno, mettete il dito sul mappamondo sopra e sotto l’Italia: intorno a noi avanza un mondo straordinariamente aggressivo che in luogo delle categorie della civiltà ha imposto l’atrocità della barbarie. Tagliano le teste dall’Africa all’Asia, fanno inginocchiare le vittime e le sacrificano alla maniera di chi mille e mille anni fa lo faceva con le bestie.
Noi ci inginocchiamo per pregare, per implorare perdono, per invocare misericordia.

Il credente si sottomette alla grandezza del suo Dio, certo che il Dio del perdono lo farà rialzare dopo averlo assolto dai suoi peccati. Loro ci fanno inginocchiare come ultimo atto di sottomissione prima di immolarci; e mentre il coltello affonda nella gola neniano bestemmie, accostando al loro Dio parole come «il misericordioso», «il compassionevole», «il santo». Sul palcoscenico lugubre di queste barbarie è presente sempre più spesso un bambino, di dieci anni o anche meno. Quel bambino è l’oltraggio esibito, indica che non c’è salvezza nel domani.

E la nostra coscienza? Non ribolle, vede morire giorno dopo giorno le donne ridotte a schiave in Oriente, si culla nel suo egoismo al pensiero che l’Occidente è sicuro e inespugnabile. Non è così. Non è più così. Il seme dell’odio si estende al mondo come una malattia contagiosa. Pensate a Ebola, la peste del XXI secolo. Ci diciamo: «Che ce ne importa? È roba degli africani, da paesi sottosviluppati e non arriverà mai da noi». S’è visto. L’11 settembre 2001 avrebbe dovuto definitivamente farci risvegliare, farci capire che nessuno è sicuro a casa propria. Abbiamo avuto i brividi, certo, ma poi ci siamo illusi che rintanandoci sotto le copertine raggrinzite della nostra civiltà (quella «altra», «diversa» e soprattutto «lontana» dai terroristi) saremmo stati al sicuro. Buonanotte a tutti e vaffanculo ai tagliagole. Illusi. S’è visto. E continueremo a vedere. Poi arriverà il giorno in cui saremo costretti a sollevare terrorizzati il dito dal mappamondo perché anche in Italia – ohibò – è sbarcato un commando di pazzi scatenati con i loro coltelli luccicanti a seghetto. Quando decideremo di aprire gli occhi sull’inferno che è davanti a noi e darci finalmente una mossa?      

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Giorgio Mulè