I nostri mostri quotidiani
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I nostri mostri quotidiani

Ecco quali sono le cose che impediscono all'Italia di progredire

Qui si narra di una follia, del motivo reale che impedisce all’Italia di progredire, al netto delle chiacchiere e dei grandi proclami.

Qui si racconta del percorso necessario per ottenere «il rilascio del certificato limitato di radiotelefonista», ovvero di un documento che attesta la capacità di comunicare via radio da una barca (yacht o bagnarola pari sono).

Prima di una lunga serie di follie: codesto certificato lo rilascia il ministero dello Sviluppo economico. Ripeto: Svi-lup-po e-co-no-mi-co.

Comodi, ché il bello deve arrivare.

Il candidato deve autocertificare di essere in grado di maneggiare una radio e lo deve fare su una domanda nella quale deve campeggiare l’immancabile marca da bollo da 14,62 euro, mentre un’altra marca da bollo da 14,62 euro servirà per completare la pratica. Tutta la procedura va fatta su carta con tanti saluti ad agende digitali ed e-government.

Il richiedente deve allegare alla domanda due foto formato tessera di cui una autenticata: prima, cioè, deve andare da un notaio o al comune. L’impiegato comunale, previo versamento di 0,26 euro e apposizione di tre timbri, vi guarderà e poi certificherà che «la suapposta fotografia» effettivamente rappresenta voi.

Sorridete: con la vostra autentica avete contribuito a pagare anche lo stipendio di quell’impiegato.

Sorridete ancora, state per fare un’altra buona azione alle Poste italiane: qui dovete versare 0,52 euroattraverso un bollettino che costa 1,30 euro. Mi spiego meglio: dovete pagare 52 centesimi per «canoni di concessioni radioelettriche» allo Stato, ma in realtà dovete versare il triplo per il servizio garantito dalle Poste (sempre dello Stato). Inutile dire che non è prevista la possibilità di effettuare un bonifico online totalmente gratuito.

Coraggio, avete la foto autenticata e il bollettino postale: adesso fate una fotocopia della carta d’identità e via alla volta dell’ispettorato regionale territoriale. A Roma è in viale Trastevere, in un sontuoso palazzo, ed è aperto solo il martedì e il giovedì per tre ore dalle 9.15 alle 12.15: vinta la lotteria del parcheggio, recatevi nell’ufficio preposto. Se è
tutto a posto, dopo altri sette timbri avrete il certificato.

Superfluo aggiungere che non è prevista la possibilità di inviare il «papello» attraverso un’email: ci deve essere il contatto fisico.

Riepiloghiamo: il cittadino ha comprato le marche da bollo, ha fatto le foto, è andato al comune, poi alla posta e infine all’ufficio del ministero per consegnare l’incartamento. Ha speso almeno 60 euro tra costi della pratica, parcheggi e benzina. Ed è nulla nel caso di un libero professionista che ha perso, nel minimo, mezza giornata di lavoro (e di guadagni) fra spostamenti e attesa nei vari uffici.

Di contro tre impiegati pubblici si sono dedicati a lui per produrre il nulla. Ora, provate a pensare di essere un imprenditore o un investitore straniero e di voler costruire un rigassificatore in Italia. Provate a pensare al gigante burocratrico che dovete affrontare, ai burosauri da sconfiggere.

Pensate a come questo mostro dissipa ore di lavoro e distrugge produttività, a come ingabbia questo Paese, a quante risorse umane e finanziarie consuma per mantenersi in vita. Non è poi così difficile da capire perché le aziende atterriscono all’idea di avere lo Stato come controparte: scappano perché non solo il mostro è inaffidabile, ma è anche profondamente stupido.

Conclusione: quando sentirete qualcuno dire che l’Imu non si può restituire perché obbligherebbe i comuni a tagliare servizi essenziali, ricordatevi del «certificato limitato di radiotelefonista» e mandate serenamente l’interlocutore a quel paese.

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Giorgio Mulè