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Cari magistrati, rispondete a queste 5 domande

Puntuale come il solstizio d’inverno anche quest’anno e’ arrivato il giorno dedicato all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Un appuntamento che, da tempo immemore (e che qualcuno potra’ piu’ o meno argutamente ricondurre all’entrata in politica di Silvio Berlusconi) ripropone un oramai vetusto …Leggi tutto

Puntuale come il solstizio d’inverno anche quest’anno e’ arrivato il giorno dedicato all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Un appuntamento che, da tempo immemore (e che qualcuno potra’ piu’ o meno argutamente ricondurre all’entrata in politica di Silvio Berlusconi) ripropone un oramai vetusto ed urticante refrain: l’aggressione virulenta ai magistrati portata da esponenti della politica, dell’industria, della societa’ “incivile” e via discorrendo.
Un piagnisteo assurto a cifra simbolica di ogni prolusione dell’ermellino capo che, iniziato il rito liturgico tra toghe, porpore e carabinieri in alta uniforme, fustiga compulsivamente gli astanti in un crescendo di geremiadi al termine delle quali ai poveri convenuti sembrera’ apparire un’immagine di San Sebastiano provvisto di feluca. Eppure da qualche tempo il nemico numero uno pare essere ridotto all’impotenza, privo anche di quel malefico potere proto massonico giudaico ghedinico di difendersi “dai” processi rinovellando il diritto positivo a ciclo continuo.
La stessa parte politica di riferimento pare disinteressarsi alle sorti giudiziarie del capo, eccezion fatta per qualche amazzone arruolata al solo scopo di diffonderne il verbo. Le condizioni sembrerebbero ideali, insomma, per rimettere al centro di ogni valutazione afferente lo stato della giustizia in Italia il tema del suo funzionamento o, per meglio dire, del suo malfunzionamento. Ma fare cio’ implicherebbe il portare sul banco degli imputati, una volta tanto, proprio coloro che sono i primi responsabili dello sfacelo nel quale il sistema giudiziario versa, cioe’ i magistrati.
Se un’azienda non produce utili i primi a rimetterci sono i manager, messi alla porta senza tanti complimenti. Se una squadra di calcio inanella sconfitte il ben servito all’allenatore e’ inevitabile. Se un programma tv non ottiene lo share sperato viene chiuso senza troppa ossequienza verso il protagonista. Sono le regole del gioco, valide ovunque e per chiunque ma non per la potente corporazione giudiziaria che, al netto di lotte e faide intestine assai diffuse ma altrettanto ben celate verso l’esterno, quando si tratta di difendere il privilegio di casta e di appartenenza serra le fila come nemmeno la falange tebana sapeva fare.
Eppure qualche osservazione sul singolare set di regole che presidia l’ordine giudiziario italiano dovrebbe essere agevole.
Quale sistema prevede una “sospensione feriale” per 3 mesi filati?
Quale organizzazione non prevede un controllo sul tempo effettivo trascorso in ufficio ovvero regola e norma ogni forma di…telelavoro da casa?
Quale altro ruolo istituzionale prevede l’impunita’ di fatto per ogni atto compiuto nell’esercizio del proprio magistero?
Quale altro organo dello Stato e’ il giudice di se stesso?
Ma, soprattutto, puo’ il dovere di imparzialita’ del giudice sposarsi con lo svolgimento di vera e propria attivita’ politica entro le varie “correnti” interne alla magistratura?
Qualcuno potra’ negare che diversi esponenti di magistratura democratica abbiano rivendicato apertamente le radici nel pensiero marxista leninista della propria corrente? Dico questo senza alcun pregiudizio e, anzi, con il rispetto che devo ad amici e magistrati che stimo ed ai quali questa percezione, che non credo sia mio esclusivo patrimonio, non rende il giusto merito. Leggevo sull’ultimo numero di Panorama la storia di Livio Pepino che di magistratura democratica e’ stato leader e che tutt’ora e’ molto attivo nella pubblicistica di riferimento della stessa. Lasciata la toga Pepino ha trovato immediato impiego tra le fila del movimento No Tav dove ha spedito il figlio in prima linea tra le frange piu’ radicali. E non gli e’ mancato l’estro di coprire di querele e richieste di risarcimento danni il senatore piddino Esposito che aveva “osato” criticare questo attivismo che, forse, potrebbe avere assunto forme poco consone al passato di un giudice o, almeno, di quello che un giudice rappresenta o dovrebbe rappresentare per il comune sentire. Ecco mi chiedo e domando: siamo sicuri che i tanti Pepino che oggi circolano tra le toghe siano immuni da ogni condizionamento ideologico dovendo rispondere a quella “orgogliosa affermazione delle origini di essere “giudici a sinistra”, parole di Rita Sanlorenzo che di magistratura democratica e’ stata segretario generale?
I luoghi deputati alla politica dovrebbero essere estranei alle aule di giustizia. Ma questa gigantesca anomalia non trova mai sede e ragioni nei discorsi inaugurali dell’anno giudiziario che si preferisono incentrati sul sempiterno nemico. La politica o meglio una parte di essa. Se poi alla nouvelle vogue renziana dovesse venire in mente di prendere atto di una simile situazione e, di conseguenza, tentare di legiferare un consiglio, in tutta franchezza, ci sentiamo di darlo: attenzione, morto un nemico…se ne fa un altro. E altri 20 anni di piagnisteo sono assicurati.

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