I punti deboli dell'accusa contro Scajola
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I punti deboli dell'accusa contro Scajola

L'ex ministro dell'Interno è stato rinviato a giudizio e il processo inizierà a Reggio Calabria il 22 ottobre. Ma con prove quantomeno fragili e molti dubbi

Il processo inizierà 22 ottobre, e sarà un processo «con rito immediato», il che dovrebbe significare che esistono prove praticamente schiaccianti (il codice parla di «prove evidenti») nei confronti dell'imputato. Ma fin d'ora è possibile dire che, al contrario, ci sono alcuni punti decisamente deboli nell'inchiesta della Procura di Reggio Calabria che lo scorso 8 maggio ha portato all'arresto di Claudio Scajola, accusato di «procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive» (art. 390 del codice penale) per avere indebitamente aiutato la latitanza dell'ex parlamentare Amedeo Matacena, condannato definitivamente a 3 anni di reclusione nel giugno 2013 per concorso esterno in associazione mafiosa e da tempo agli arresti domiciliari a Dubai.

Tra l'altro, Scajola è stato rinviato a giudizio con rito immediato lo scorso 6 agosto: la procedura consente così agli inquirenti di tenere l'ex ministro dell'Interno agli arresti domiciliari presso la sua casa di Imperia oltre la normale scadenza, che sarebbe intervenuta proprio due giorni dopo, ovverosia l'8 agosto. Per di più, ai due figli dell'ex ministro, cui è stato permesso di risiedere in quella stessa casa dal venerdì sera alla domenica, è stato incomprensibilmente vietato di trascorrervi le ferie estive: una decisione inutilmente punitiva e afflittiva.

Certo, anticipare il giudizio è sempre esercizio imprudente. Si vedrà al processo su quali di carte effettivamente giocherà l'accusa, affidata al sostituto procuratore Giuseppe Lombardo e al suo collega Francesco Curcio Gli avvocati Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito, però, sono convinti che l'imputato stia subendo un trattamento ingiustamente severo, e soprattutto che a suo carico non ci sia alcuna prova.

Ecco, dalla lettura delle carte dell'accusa e della difesa, oltre che dalle ordinanze dei giudici emesse fin qui, quali sono i punti non proprio granitici dell'inchiesta.

1) L'aggravante di avere agevolato la 'ndrangheta. Questa tesi dell'accusa contro Scajola è già stata respinta dal giudice delle indagini preliminari, Olga Tarzia, fin nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dello stesso Scajola e di altre sette persone. Malgrado questa decisione del giudice, i giornali hanno più volte rilanciato l'accusa, che per chiunque conosca soltanto un poco l'ex ministro non pare stare né in cielo né in terra. E anche la Procura di Reggio insiste, tanto da avere presentato appello al Tribunale del riesame: l’udienza, dopo due rinvii tecnici, è stata fissata per il 1° ottobre prossimo. 

2) La posizione diVincenzo Speziali, nipote omonimo dell’ex senatore del Pdl e presunto «mediatore» tra Scajola e le autorità politiche del Libano, il paese dove, secondo l'accusa, Scajola avrebbe brigato per fare riparare Matacena. In effetti Speziali vive in Libano, dove ha moglie, e sostiene di essere in contatto con esponenti politici libanesi di primo piano, tra i quali l’ex presidente Amin Gemayel. È proprio Speziali che fa avere a Scajola, via telefax, intorno al 20 marzo, una lettera interamente scritta al computer e siglata, nella quale un presunto presidente Gemayel assicura che troverà «un modo riservato per fare uscire Matacena dagli Emirati Arabi». La debolezza dell'accusa, in questo caso, è plurima: Gemayel (peraltro mai indagato) ha ufficialmente negato di avere scritto la lettera. Scajola avrebbe avuto sicuramente altri mezzi per sollecitare Gemayel, e questi non si sarebbe certo affidato a una lettera via fax. Lo stesso Scajola, interrogato, ha manifestato tutti i suoi dubbi sulla autenticità della missiva, e i suoi legali sono convinti che quel fax avesse l'unico scopo di accreditare Speziali presso lo stesso Scajola, dal quale l'uomo intendeva avere un aiuto per le proprie ambizioni politiche. Per di più, la Procura di  Reggio Calabria non ha mai indagato Speziali per procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive, né ha chiesto il suo rinvio a giudizio. E questo fa supporre che gli stessi inquirenti, nel suo caso, ipotizzino la millanteria. Ma se Scajola non ha chiesto l'intervento di Gemayel, e se questi non ha compiuto alcuna azione a favore di Matacena, allora dove sta il reato di Scajola?

3) Matacena formalmente non è un latitante. È vero che il condannato si è sottratto alla cattura, espatriando subito dopo la condanna. Però il suo stato di latitante è venuto formalmente a cessare nello stesso momento in cui è stato arrestato dalle autorità di Dubai. La stessa Cassazione (sentenza n° 18822 del 7 maggio 2014) ha sentenziato a sezioni unite che l'arresto avvenuto all'estero comporta la cessazione dello stato di latitanza. Quindi nel suo caso non si configurerebbe il reato previsto dall'art. 390 del codice penale.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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