Ma dove va la Procura di Milano?
Ansa/Daniele Mascolo
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Ma dove va la Procura di Milano?

Celebrato per 20 anni come motore di tante grandi inchieste, da Tangentopoli ai processi berlusconiani, l'ufficio giudiziario è a una svolta cruciale - L'esposto di Robledo

Nessuno può dire, oggi, come andrà a finire il ricorso aperto il 12 marzo a Milano (leggilo qui ) dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo contro il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati , che Robledo ha accusato davanti al Consiglio superiore della magistratura di avere attribuito con eccessiva discrezionalità ad altri magistrati una serie di delicati e importanti fascicoli giudiziari. Se ci si dovesse limitare a un rapporto di pesi «politici», è improbabile che Bruti subisca danni dall'iniziativa del suo vice: ex presidente della corrente di Magistratura democratica , ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati (Anm), ex consigliere dello stesso Csm che lo dovrà giudicare, Bruti è quel che si dice un peso massimo; Robledo ha un ottimo curriculum professionale, ma non è nemmeno sostenuto da una corrente (anche se i moderati di Magistratura indipendente  sembrano aver preso a cuore il suo «j'accuse»).

Resta comunque il segnale, grave e anomalo. E resta anche la possibilità che il ricorso non cada proprio per nulla: ma non nella prima commissione del Csm, che adesso sarà chiamata a valutarlo; bensì nella quinta commissione (quella che si occupa del conferimento degli uffici direttivi), cioè quella che più in là dovrà occuparsi della «valutazione di anzianità» di Bruti. Il procuratore di Milano, infatti, ha preso possesso dell'ufficio il 9 giugno 2010. Per legge, e per regolamento stabilito dal Csm, ogni procuratore può restare nell'incarico al massimo per 8 anni, ma alla metà del periodo, cioè dopo 4 anni, è previsto una giudizio sul suo operato, affidato proprio alla quinta commissione. In quella sede le accuse di Robledo potrebbero trovare qualche orecchio disposto ad ascoltarle con qualche attenzione. Anche per la delicatezza «politica» del momento, visto che nel successivo mese di luglio si svolgeranno le elezioni per il nuovo Csm.

Va detto che la mancata riconferma di un alto dirigente di ufficio giudiziario alla metà del suo incarico non è pratica frequente. Si ricordano pochi casi. Il più eclatante fu forse quello accaduto nel settembre 2012 al presidente del tribunale di Civitavecchia, Mario Almerighi. Nei suoi confronti le accuse al Csm avevano riguardato le troppe assenze (ma Almerighi si difese dimostrando di non avere mai consumato per intero le ferie che gli spettavano, godendo di 94 giorni su un totale di 1.460), le troppe deleghe che avrebbe affidato, e una certa disorganizzazione nel lavoro del tribunale. Ottimo magistrato, una consolidata fama di «duro e puro», Almerighi venne rimosso senza alcun riguardo: presentò ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, ma per lui non ci fu nulla da fare. Eppure, proprio come Bruti, anche Almerighi era un «peso massimo»: leader storico della corrente di Movimento per la giustizia (detto anche i Verdi, accanto a Md l'altra corrente giudiziaria di sinistra) era stato eletto nel 1976 al Csm, e nel 1998 era salito al vertice dell'Anm. 

Si vedrà ora come finirà il contrasto Robledo-Bruti. Resta comunque un dato di fatto che la Procura di Milano, a partire da Tangentopoli motore di tante grandi inchieste, nonché l'ufficio che il Fatto quotidiano anche pochi giorni fa celebrava letteralmente come «trincea» nelle guerre giudiziarie contro Silvio Berlusconi, non sta proprio attraversando uno dei suoi momenti migliori. Altri due importanti procuratori aggiunti milanesi hanno domandato al Csm di essere trasferiti ad altro incarico, ed entrambi hanno ottime chanche di riuscita: Ilda Boccassini ha fatto richiesta per diventare procuratore di Firenze; Armando Spataro vuole andare a occupare lo stesso posto a Torino. Le loro uscite sguarnirebbero due uffici importanti, rispettivamente alla Direzione distrettuale antimafia e all'antiterrorismo. Insomma, non è improbabile che, da questa serie di svolte, la Procura di Milano esca trasformata in profondità. C'è chi sostiene, con qualche velenosità, che anche questa è «rottamazione»...

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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