Prescrizione: dove nasce la disfatta della giustizia
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Prescrizione: dove nasce la disfatta della giustizia

Scandalo per la conclusione (in nulla) del processo Eternit. Ma in quel caso tutto nasce per un reato "sbagliato". E il 67 per cento dei processi si prescrive nelle indagini preliminari

Alte grida e scandalo corale per la triste conclusione in Cassazione per il processo penale sui circa 3 mila morti dell'Eternit. Lo scandalo ha senso, perché il senso d'ingiustizia è totale. Ma resta il fatto che la Cassazione non poteva fare diversamente: perché quel processo, impostato dalla procura di Torino sul doppio reato di "disastro ambientale doloso permanente" e di "omissione volontaria di cautele antinfortunistiche", era finito già durante l'appello.

Era finito in prescrizione per il banale motivo che quel tipo di reato non comprende le morti che nel frattempo si sono accumulate (e sulle quali la Procura di Torino ha avviato un diverso procedimento), ma si chiude temporalmente nel momento in cui l'azienda che il disastro ambientale ha causato (nel nostro caso la Eternit di Casale Monferrato, con le sue filiali emiliane e campane) smette di inquinare. E questo è formalmente accaduto nel 1986, quando la Eternit è stata dichiarata fallita. Per questo ieri il procuratore generale della Cassazione, cioè il rappresentante dell'accusa, ha dovuto chiedere il proscioglimento per l'imputato Stephan Schmidheiny, ex presidente del consiglio di amministrazione della Eternit.

La prescrizione è comunque la vera cancrena del sistema giudiziario penale italiano. Nel 2011 (i dati sono ufficiali e provengono dal ministero della Giustizia) sono stati 119.581 i procedimenti prescritti: 328 al giorno, sabati e domeniche comprese. Il punto è che 80.484 sono le intervenute prescrizioni decretate dai giudici per le indagini preliminari: il 67,3 per cento!

Questo significa che i pubblici ministeri troppo spesso lavorano su reati che sanno in partenza non potranno mai essere puniti. Anche se la morte del processo è annunciata già in partenza, insomma, la macchina giudiziaria continua in questi casi a lavorare, con immenso spreco di risorse umane e materiali.

Ma il dato segnala anche un grave, pericoloso problema di trasparenza giudiziaria: perché dietro al precetto costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale si cela un perverso meccanismo che evidentemente permette all'autorità giudiziaria di accelerare (o di rallentare) questo o quel procedimento a seconda di preferenze imperscrutabili. Che eludono così ogni controllo e ogni verifica democratica.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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