L'assurdo ritardo della banca del Dna
ANSA/ANGELO CARCONI
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L'assurdo ritardo della banca del Dna

Prevista nel 2009, non è mai entrata in funzione. Nel 2013 era già costata 16 milioni. Il ministro Orlando ora giura: parte nel 2015. Speriamo

Evidentemente è proprio nel Dna della giustizia italiana che si annida la sua particolarissima tendenza alla lungaggine. Nel giugno 2009 il Parlamento italiano varò la legge per la creazione di una Banca dati nazionale del Dna, per l'esattezza la legge n° 85 del 2009, ma in questi ultimi sei anni non sono stati mai approvati tutti i decreti attuativi per farla partire davvero. Così la Banca dati non è mai partita.

Nel febbraio 2013, in uno degli ultimi "affioramenti" mediatici della vicenda, risultava che la Banca dati fosse stata piazzata in un vecchio capannone all’interno del polo carcerario di Rebibbia (una struttura precedentemente utilizzata per il lavoro dei detenuti) e che fosse già costata oltre 16 milioni di euro solo per le attrezzature.

Si parlava allora di una strumentazione all’avanguardia, di armadietti elettronici che si aprono solo con determinati badge, di microscopi, frigoriferi, materiali reagenti, 120 mila kit per analisi, oltre ai computer e al materiale informatico.

Si diceva due anni fa che la Banca dati non fosse mai partita perché mancava il personale: tre diversi ministri della Giustizia, fino a quel momenro, non avevano emesso il bando necessario per trovare 37 tecnici.

La legge di sei anni fa ratificava l'adesione italiana al trattato internazionale di Prüm del 27 maggio 2005 (concluso tra Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria). La norma prevede all'art. 1 che, "al fine di facilitare l’identificazione degli autori dei delitti, presso il ministero dell’Interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, è istituita la Banca dati nazionale del Dna. Mentre presso il ministero della Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, è istituito il laboratorio centrale per la banca dati nazionale del Dna".

La legge stabilisce la possibilità di raccogliere "i profili genetici" delle persone fermate o arrestate, e anche "che possano essere raccolti profili del Dna relativi a reperti biologici acquisiti nel corso delle indagini per poi effettuare comparazioni". È evidente che lo strumento è fondamentale per le indagini e per la prevenzione in molti delicati settori del contrasto alla criminalità.

Lo scorso febbraio il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha rassicurato sul via libera a breve: "Il secondo semestre del 2015" ha detto il ministro "potrà vedere l'avvio concreto di operatività di Banca dati e laboratorio, dotando così la polizia giudiziaria e la magistratura di un nuovo, efficace mezzo di conduzione delle indagini".

Speriamo sia la volta buona...


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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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