La grazia al Cavaliere e certe doppie verità
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La grazia al Cavaliere e certe doppie verità

Napolitano non può concederla? Falso

Da giovedì 1° agosto, dopo la condanna di Silvio Berlusconi, si è aperta una gazzarra sul tema della grazia. Il coordinatore del Pdl Sandro Bondi l’ha subito chiesta al capo dello Stato; Stefano Fassina, viceministro dell’Economia del Pd, ha replicato che non è possibile e ha dichiarato, anzi, che soltanto chiederla «è un’irricevibile provocazione». Queste, però, sono le voci contrapposte della politica, quindi per loro natura opinabili. Il problema è che i giornali più vicini al cuore del circuito mediatico-giudiziario hanno reclutato una falange di esperti e giuristi per dimostrare, con l’inoppugnabilità della dottrina, che l’ipotesi stessa della grazia non esiste per almeno quattro motivi: il primo, che Berlusconi non può essere graziato dalla condanna per frode fiscale in quanto ha altri cinque procedimenti penali pendenti; il secondo, che la grazia può essere concessa solo a condannati che abbiano espiato parte della pena; il terzo, che alla base del provvedimento non possono esserci motivazioni «politiche»; il quarto, che la condanna comunque non è definitiva, in quanto la Cassazione ha chiesto alla Corte d’appello di ricalcolare l’interdizione dai pubblici uffici, e quindi non è «graziabile».

Chi ha scritto con tetragona sicumera tutte queste panzane, però, non soltanto ignora i fatti e le leggi. Ma cancella anche le più recenti cronache italiane. E, come sempre, cerca di piegare la realtà alla propria doppia verità.

Altro che mancata espiazione della pena. Il 5 aprile scorso Giorgio Napolitano ha concesso la grazia a Joseph Romano, il colonnello della Cia che appena sei mesi prima, il 19 settembre 2012, era stato condannato in via definitiva a 7 anni di reclusione per complicità nel rapimento dell’imam egiziano Abu Omar, la famosa «extraordinary rendition» antiterrorismo realizzata dalla Cia a Milano nel 2003. Ebbene, Romano non solo non ha scontato un giorno di pena, ma per tutta la durata del processo è sempre rimasto latitante. Di più: Napolitano ha scritto che quella grazia serviva a «dare soluzione a una vicenda considerata dagli Stati Uniti senza precedenti per l’aspetto della condanna di un militare statunitense per fatti commessi sul territorio italiano, ritenuti legittimi in base ai provvedimenti adottati dopo gli attentati alle Torri gemelle di New York dal congresso americano». Difficile trovare motivazioni più «politiche» di queste...

Quanto alla sentenza della Cassazione su Berlusconi, è comunque definitiva la sua parte relativa alla reclusione (ridotta a un solo anno per effetto dell’indulto): quindi cade l’obiezione numero 4. E il capo dello Stato può optare per la grazia, se lo ritiene giusto, anche quando il condannato ha altri procedimenti penali in corso: è stato così, per esempio, nel caso di Alessandro Sallusti, il direttore del Giornale, che nel settembre 2012 era stato condannato per diffamazione a 1 anno e 2 mesi di reclusione. In aprile Sallusti è stato graziato da Napolitano, che gli ha commutato la pena da detentiva a pecuniaria. In quel momento il giornalista era imputato in alcune decine di altri processi, tutti ancora in corso, per di più per lo stesso, medesimo tipo di reato.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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