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Intercettazioni: vantaggi e rischi della fine della trascrizione letterale

Il ministro Orlando: basta virgolettati per evitare la gogna. Ma i riassunti possono essere strumentalizzati. Il timore dell'eccesso di delega

Basta con la trascrizione letterale delle intercettazioni: è questo il sistema che il Guardasigilli Andrea Orlando intende adottare per dare forma alla legge-delega approvata dal Parlamento lo scorso giugno nell’ambito della riforma della giustizia, in materia di "tutela delle comunicazioni".

Uno "schema di decreto", anticipato oggi da Repubblica, è stato inviato nei giorni scorsi ai capi delle Procure italiane: i magistrati dovranno dare il loro parere (non si sa se il ministero intenda consultare altre categorie, per esempio gli avvocati penalisti…), e il Guardasigilli intende poi passare in tempi brevi al varo del provvedimento.

L’obiettivo indicato dalla legge-delega di giugno è garantire la reale riservatezza del materiale intercettato, in conformità all’art. 15 della Costituzione, con esplicito riferimento alla "tutela delle comunicazioni con il difensore e dei soggetti estranei alle indagini".

Evitare la gogna

Insomma: il decreto dovrebbe cercare di evitare la "gogna" che ha caratterizzato molte cronache giudiziarie degli ultimi decenni. E questo era anche uno dei 12 punti della mitica "grande riforma della giustizia", che lo stesso Orlando presentò nel giugno 2014, pochi mesi dopo il varo del governo Renzi.

Basta virgolettati

L’articolo 3 del decreto legislativo risponde a quella esigenza vietando che in ogni richiesta del pm, così come nelle ordinanze del giudice per le indagini preliminari e in quelle di ogni Tribunale del riesame, sia contenuta "la riproduzione integrale delle comunicazioni e conversazioni intercettate, ed è consentito soltanto il richiamo al loro contenuto". Quindi i famosi "virgolettati" dovrebbero scomparire, per essere sostituiti da riassunti vergati dal magistrato.

Questa idea, che sta già subendo le critiche dei populisti giudiziari alla grillina, i quali sostengono che ogni atto giudiziario dovrebbe essere portato al pubblico "sempre e comunque", ha un pregio e un difetto.

Un pregio

Il pregio è che il sistema dovrebbe effettivamente evitare la pubblicazione dei dialoghi più "pruriginosi", quelli capaci d’ingabbiare per sempre una persona nelle parole che ha pronunciato e che magari sono state equivocate dagli inquirenti. E i casi si sprecano.

Un difetto

Il difetto è che al pm o al giudice vengono affidati compiti riassuntivi che inevitabilmente comportano il rischio di una strumentalizzazione delle parole pronunciate e intercettate, senza che sia possibile leggerle nella loro interezza. Insomma, se si risolve un problema, si crea anche un rischio potenziale.

Piero Tony

Va sottolineato che Orlando, con il suo schema di decreto, sembra aver adottato la soluzione prospettata da Piero Tony, fino al luglio 2014 procuratore capo di Prato e autore del saggio polemico Io non posso tacere.

Due anni fa, Tony aveva raccontato, proprio a Panorama: "Quando arrivai a Prato, nel 2006, prescrissi ai miei sostituti di fare un riassunto delle intercettazioni, evitando ogni inserimento testuale delle trascrizioni. È il riassunto, la vera soluzione: i terzi indebitamente coinvolti restano protetti, e nessuno, per esempio, saprà mai che un intercettato ha particolari tendenze sessuali. Ma così il pm dovrebbe fare fatica. È per questo che preferisce il maledetto taglia-e-incolla, che troppo spesso si trasforma in un ferro incandescente".

Un eccesso di delega

Ma la soluzione "via i virgolettati", nel nostro caso, presenta un altro rischio che forse è più grave del primo. Nella legge-delega, infatti, il campo sul quale il Parlamento ha chiesto un intervento sono le intercettazioni che coinvolgono l’indagato e il suo avvocato, oppure persone terze, che non sono indagate: sono loro i soggetti sui quali si chiede al governo un decreto legislativo capace di stabilire maggiori tutele. Lo schema di decreto del ministro Orlando, invece, va oltre e si occupa di tutte le intercettazioni.

Il rischio è proprio qui: potrebbe essere eccepito un eccesso di delega, cioè il "tradimento" dei compiti attribuiti al governo dal Parlamento. E questo basterebbe, un domani, per poter aprire una questione di costituzionalità, in grado potenzialmente di portare all’annullamento del decreto.

Cattivo uso delle intercettazioni

Indubbiamente qualcosa va fatto per contrastare la "gogna" cui le cronache giudiziarie ci hanno abituato da oltre 20 anni. Perfino magistrati sicuramente insospettabili di simpatie garantiste come Ilda Boccassini hanno manifestato la loro distanza da certi eccessi: "Le intercettazioni telefoniche sono uno strumento d’indagine importantissimo per la ricerca delle prove" disse per esempio proprio Boccassini nell’ottobre 2011. "Ma questo non toglie che a volte possa capitare di farne un cattivo uso: non fa piacere a nessuno, neanche a me, leggere sui giornali le vicende private delle persone". E aveva continuato: "C'è stato un cattivo uso delle intercettazioni telefoniche da parte della magistratura, ovvero da parte degli uffici del pubblico ministero a livello nazionale". E ancora: "Anche io, da cittadina, leggendo sul giornale delle cose che non dovrei leggere, m'indigno".

Tolte dal fascicolo quelle irrilevanti

Forse il ministro avrebbe dovuto cercare altrove la soluzione. Con altri difetti, sembra più efficace quella adottata a partire dal novembre 2015 da alcune Procure (Roma, Torino, Napoli…): i capi di quegli uffici giudiziari, Giuseppe Pignatone e Armando Spataro in testa, hanno stabilito che "tutte le intercettazioni irrilevanti o contenenti dati sensibili" debbano essere “estrapolate dal fascicolo al termine delle indagini preliminari”.

Questo sistema, di fatto, cerca di evitare proprio quello che chiedeva la legge-delega: e cioè il coinvolgimento di non indagati e le intercettazioni tra avvocato e indagato.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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