Erri De Luca, le parole sono pietre
ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
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Erri De Luca, le parole sono pietre

Lo scrittore è stato assolto dall'accusa di incitamento a delinquere, ed è un bene. Però lanciare parole violente è tipico dei cattivi maestri

E così, tutti felici: ieri il Tribunale di Torino ha assolto lo scrittore Erri De Luca dall'accusa di istigazione a delinquere (per cui il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a otto mesi di reclusione). La sua inveterata pro-sabotaggio dei cantieri aperti in Val di Susa per il Treno ad alta velocità (il contestatissimo "Tav") si configura come opinione non offensiva, nel senso che non è atta a offendere.

Bene. Siamo tutti contenti. Da liberali, siamo sempre stati convinti che le libere opinioni non siano mai censurabili penalmente, anche quelle più lontane dal nostro modo di vedere le cose e la vita. Per questo, la stessa decisione di avviare un processo contro De Luca è stata un errore.

Siamo convinti anche (e qui il liberalismo non c'entra) che i più violenti tra i No-Tav, quelli che in Val di Susa lanciano molotov, sparano biglie d'acciaio, mettono il tritolo sotto ai tralicci della luce e scassinano cancelli, non abbiano certo atteso le parole di De Luca per fare quel che fanno. E d'altra parte continuiamo anche a credere che, facendolo, restino dei semplici deliquenti.

Attenzione, però, perché certe parole sono come pietre: lo stesso De Luca, nel 2009, presentando un libro dell'ex brigatista Barbara Balzerani definì il periodo degli anni di piombo come "una piccola guerra civile". Affermazione non condivisibile, perché al contrario fu un periodo di terrorismo assassino, crudele e insensato, il portato criminale di ideologie funeste e mortifere.

Da questo punto di vista, poi, ha ragioni da vendere Giampiero Mughini, peraltro ex compagno di  De Luca in Lotta continua: "Per una decina d’anni" ha scritto Mughini "ho pagato 50-60mila euro di Irap, poi dichiarata illegittima per i liberi professionisti. Se in quegli anni ci fossero stati degli incappucciati che avessero lanciato molotov contro l’Agenzia delle entrate, e io mi fossi schierato con loro, avrei commesso una porcata intellettuale. Non un reato. Ma per uno scrittore non è un peccato veniale".

È giusto: lanciare parole violente, come fossero pietre, è tipico dei cattivi maestri. E una responsabilità non penale, ma politica, certe affermazioni l'avranno sempre.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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