Droghe leggere, grazie alla Consulta si torna al caos
ANSA/LUCIANO DEL CASTILLO
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Droghe leggere, grazie alla Consulta si torna al caos

La Corte costituzionale ha cassato la legge Fini-Giovanardi, sicuramente eccessiva. Però riprecipita i tribunali nell'antica nozione di «modica quantità». Cioè nell'arbitrio dei giudici

Che la legge Fini-Giovanardi contenesse gravi elementi di irrazionalità, era evidente da tempo. Troppo proibizionismo, del resto, non funziona mai. E l'attuale sovraffollamento delle carceri italiane in parte (in gran parte, secondo alcuni) è dovuto anche alla norma che dal 2006 ha equiparato droghe cosiddette leggere e pesanti, alzando l'asticella delle pene (da 6 anni minimi di reclusione per tutti, consumatori e spacciatori).

Ieri, mercoledì 12 febbraio, la Corte costituzionale ha bocciato la legge, decretandone l'incostituzionalità. La decisione è stata salutata con giubilo dagli antiproibizionisti, e molto criticata da Giovanardi e dai sostenitori della linea più severa, convinti che le droghe leggere siano pericolose esattamente come quelle pesanti. Ora si vedranno le motivazioni, e si sperimenterà presto anche quali saranno gli effetti della pronuncia della Consulta sulle reclusioni.

Resta un problema, simile in certo senso a quello provocato un mese e mezzo fa dalla sentenza della Consulta sul sistema elettorale. La decisione di ieri, infatti, ha riportato la situazione normativa alla legge Jervolino-Vassalli del 1990, che distingueva nettamente tra sostanze stupefacenti, diversificando pene e prescrizioni (lo spaccio di droghe leggere era punito, fino al 2006, con la reclusione da 2 a 6 anni). 

Il punto è che quella legge conteneva un elemento di confusione estrema, rappresentato dal concetto di «modica quantità»: spettava al giudice, di volta in volta, stabilire quale fosse la quantità che giustificava il possesso di droga per uso personale e quale invece individuasse il limite che straripava nella detenzione per fini di spaccio. Il caos nei tribunali, prima del 2006, era elevato. I giudici decidevano in base alle proprie opinioni, proibizionisti di qua, antiproibizionisti di là.

Ecco: molto probabilmente la Fini-Giovanardi non ha fatto del bene. Ma tornare al sistema precedente non è comunque un trionfo della giustizia. Né della razionalità legislativa. Anzi.  

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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