Gli uomini-chiave dello Stato islamico
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Gli uomini-chiave dello Stato islamico

A far funzionare la struttura del Califfato e a tenere in riga il suo esercito è una ristretta cerchia di fedelissimi del leader Al Baghdadi: chi sono

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Dalla proclamazione della sua nascita lo scorso 29 giugno a Mosul, il Califfato Islamico è cresciuto oltre ogni aspettativa. Oggi ha debordato in una forma arcaica di teocrazia, dove vige principalmente la legge della spada. A far funzionare la sua struttura amministrativa e il suo sistema economico e a tenere in riga il suo esercito, formato da circa 31.500 miliziani (stime CIA) dislocati tra l’Iraq e la Siria, è una ristretta cerchia di fedelissimi del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi.

Tra questi il più autorevole è Abu Muslim Al-Turkmani, considerato il “numero due” del Califfato. È un esperto militare iracheno, proveniente dai ranghi dei baathisti. Ha servito Saddam Hussein come generale dell’esercito, come membro della guardia repubblicana (nelle forze speciali del palazzo presidenziale) e ha militato anche nella disciolta Istikhbarat, l’intelligence militare di Baghdad, sino al 2003. Come Al Baghdadi, anche Al Turkmani è stato imprigionato a Camp Bucca, le discusse carceri irachene sotto il controllo americano durante l’invasione che ha deposto il regime. Oggi governa le province irachene ed è a capo delle operazioni militari in Iraq. Potrebbe essere morto durante il raid americano dell’8 novembre 2014 su Qaim (Iraq) in cui sarebbe stato ferito lo stesso Califfo.

Abu Omar Al-Shishani è l’alto comandante dello Stato Islamico in Siria. Nome di battaglia “Al Shishani”, conosciuto anche come “il ceceno”, è nato in Georgia nel 1986. Ha combattuto nelle fila dei ribelli siriani contro il regime siriano di Assad, prima di prestare giuramento al Califfato nel 2012. Figura chiave dell’alto comando militare, Shishani è a capo delle operazioni in Siria e ha condotto anche la vittoriosa campagna militare che ha portato lo Stato Islamico ad avere il controllo dell’Iraq del nord. Ormai leggendario tra i miliziani, il suo volto caucasico e in particolare la sua barba rossiccia sono ormai divenuti un’icona: la sua immagine compare in numerosi video realizzati dalla propaganda jihadista mentre la sua faccia viene riprodotta su auto, carri armati, muri e persino t-shirt. Per tale ragione, i giornalisti lo chiamano anche “ginger jihadist”. Attualmente, si ritiene stia conducendo la campagna contro i curdi al confine turco-siriano.

Il portavoce e “ideologo” dello Stato Islamico è invece Abu Mohammad Al-Adnani. Nato nel 1977 a Idlib, in Siria, Al Adnani è indicato come un combattente jihadista sin dai tempi della guerra in Iraq del 2003, anche se gli americani lo hanno inserito nell’elenco dei “terroristi internazionali” soltanto nel 2013. Descritto come appassionato lettore e assiduo frequentatore di moschee, sotto il Califfato Al Adnani è divenuto una sorta di Ministro per la Propaganda. È lui che sovrintende a tutte le comunicazioni ufficiali e ai messaggi veicolati ai media da IS. Si ritiene anche che abbia personalmente curato la dichiarazione ufficiale multilingue del 29 giugno 2014 (vedi la traduzione a pagina 17 del magazine), che annunciava al mondo la creazione dello Stato Islamico.

Donne curde in lotta contro Isis

SAFIN HAMED/AFP/Getty Images
Dibis, Iraq, 15 settembre 2014.

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