Il giallo libanese della moglie di Al Baghdadi e il ruolo dell’Iran
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Il giallo libanese della moglie di Al Baghdadi e il ruolo dell’Iran

Una delle due mogli del Califfo e uno dei figli sono stati arrestati al confine siro-libanese. Fuga o missione segreta?

Per Lookout news

La notizia è trapelata attraverso Al Safir, quotidiano libanese che per primo ne ha dato notizia. L’intelligence di Beirut, si legge nell’articolo, ha catturato la seconda moglie e un figlio di Abu Bakr Al Baghdadi, il Califfo dello Stato Islamico (IS).

La notizia non è stata smentita dalle autorità e, anzi, il governo di Beirut, attraverso il ministero della Difesa, ha fatto sapere che i due sarebbero ancora trattenuti ad al-Yarza, quartier generale del ministero sopra le colline della capitale. Il fatto, avvenuto “alcuni giorni fa” (dieci prima della pubblicazione di Al Safir, secondo una fonte libanese), ha avuto come ambientazione la strada che conduce ad Arsal, in Libano, dove i due appartenenti alla famiglia del Califfo sarebbero stati colti nel tentativo di attraversare la frontiera tra Siria e Libano, con documenti contraffatti.

L’operazione d’intelligence
Molti sono gli interrogativi che circondano questa notevole operazione segreta. Anzitutto, la fonte originaria interna ai servizi di sicurezza libanesi, fa riferimento sia all’intelligence nazionale sia a quella “di altri Paesi”, di cui non è dato sapere la nazionalità.

 Si può solo presumere che non si tratti di servizi occidentali, se è vero che la CNN e in generale i network americani sono stati tra gli ultimi a dare la notizia. Ma si può anche sostenere il contrario, date le eccezionali capacità tecnologiche di cui solo gli Stati Uniti dispongono per monitorare i movimenti e spiare le comunicazioni tra persone, anche nelle aree di crisi.

 Tuttavia, chi conosce l’intelligence, e il Medio Oriente in particolare, sa bene che senza le Humint (human intelligence), ovvero le risorse umane infiltrate direttamente sul campo, non si ha la possibilità di condurre a buon fine alcuna operazione segreta.

 

Il ruolo dell’Iran
Da cui ne deriva una certezza. Sul campo siriano e iracheno operano in coordinamento i servizi segreti di più Paesi. Tra questi, vi è certamente anche la VEVAK, il servizio d’intelligence iraniano. I suoi uomini sono da tempo introdotti tanto a Damasco quanto a Baghdad - dove si ritiene che istruiscano anche le truppe irachene - e sfruttano appieno la rete degli sciiti libanesi di Hezbollah, miliziani che spesso combattono in prima linea i sunniti fedeli al Califfo.

 Una collaborazione niente affatto scontata e in parte inedita, a dimostrazione che il pericolo dello Stato Islamico è reale e che una controffensiva coordinata tra più Paesi è indispensabile ai fini di una vittoria.

È di oggi, inoltre, la notizia che alcuni jet F4 Phantom iraniani hanno bombardato postazioni di IS in Iraq, intorno a Diyala, proprio al confine con l’Iran. Segno del cambio di passo di Teheran, le cui forze armate hanno dunque compiuto un’escalation, e segno anche che la Repubblica Islamica è coinvolta nella guerra con il placet americano.

 Washington nega e tira dritto, non smentendo la notizia dei bombardamenti aerei iraniani ma negando ogni collaborazione con gli Ayatollah. La fonte che ha riferito della presenza dei jet iraniani sui cieli iracheni è l’emittente del Qatar, Al Jazeera, che ha messo Washington spalle al muro e costretto il Pentagono a commentare la notizia.

 La Casa Bianca, però, deve guardarsi dal doppio gioco di Teheran che, da un lato, offre la propria intelligence contro IS e mostra la buona volontà circa la de-escalation nucleare (di cui si ridiscuterà a giugno 2015). Ma dall’altra manovra Hezbollah - tuttora ritenuto gruppo terroristico dagli USA e assai temuto da Israele - e flirta sia con Damasco, di cui condivide la visione sciita dell’Islam, sia soprattutto con Mosca, che resta il suo vero punto di riferimento tra le superpotenze mondiali.

 

Il fronte libanese e lo scambio ostaggi
Resta da capire il movente dello Stato Islamico in Libano e la presenza della moglie di Al Baghdadi nel Paese. Si è trattato di una fuga spontanea, di un’operazione finita male o di una messinscena di IS finalizzata al depistaggio delle intelligence avversarie?

I libanesi si dicono piuttosto soddisfatti di questa cattura e, in effetti, le ultime settimane segnano un progresso della coalizione anti-IS tanto in Iraq quanto in Siria. Segno che il coordinamento militare e delle forze di sicurezza sta funzionando. In ogni caso, il Libano resta nel mirino dello Stato Islamico e proprio la città di Arsal, dov’era diretta la moglie del Califfo Al Baghdadi, è stata teatro di durissimi scontri tra jihadisti sunniti e l’esercito libanese sin dallo scorso agosto.

 Questo fatto va dunque inserito nella più ampia operazione delle forze di sicurezza libanesi che da mesi monitorano il confine siriano, per evitare nuove incursioni dello Stato Islamico in territorio libanese, dopo una serie di tentativi da parte dei jihadisti sunniti di portare il conflitto anche in questo Paese.

 Durante la battaglia di Arsal, circa 20 soldati libanesi sono stati uccisi e altri 27 sono stati catturati. Degli ostaggi, a oggi non si hanno notizie ma è evidente che IS li vorrà utilizzare come merce di scambio. Beirut, a sua volta, adesso potrebbe usare la famiglia di Al Baghdadi per riottenere indietro i prigionieri. Resta da vedere quale sarà la prossima mossa dello Stato Islamico.

 

 

 

 


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Luciano Tirinnanzi