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Trump e le minacce alla Corea del Nord

Il Presidente Usa chiede alla Cina maggiori pressioni contro Pyongyang. Altrimenti, dice al Financial Times, gli Usa interverranno da soli

Il presidente americano Donald Trump mette in guardia la Cina sul fronte della Corea del Nord: "Se non ci aiuteranno e non aumenteranno le loro pressioni sul regime di Pyongyang gli Stati Uniti agiranno da soli", ha detto in un'intervista al Financial Times, sottolineando come l'America è pronta a decidere "azioni unilaterali" per eliminare la minaccia nucleare nordcoreana.

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Tutte le opzioni sarebbero sulla scrivania dello Studio Ovale, compresa quella estrema dei raid aerei.

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Il tema è dunque caldo, anzi caldissimo. Anche perchè arriva a pochi giorni dall'incontro tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping, che avverrà il 6 e il 7 aprile e che avrà al centro il potenziale scontro sui dazi con gli Usa che porterebbe inevitabilmente a una guerra commerciale tra le due principali potenze mondiali. Con conseguenze imprevedibili per l'intero pianeta.

Dunque guerra commericale con la Cina di fronte alla guerra militare con la Corea del Nord, grande minaccia per gli Usa come lo stesso Barack Obama prima del passaggio di consegne, aveva detto a Trump: Pyongyang è al momento il pericolo numero uno per la sicurezza nazionale.

Le armi di Xi
Tra i due leader che si incontreranno a giorni, comunque, chi ha le idee più chiare sembra al momento Xi, che arriverebbe a Palm Beach, nella "Casa Bianca d'Inverno" di Mar-a-Lago, con un piano ben preciso: mettere sul piatto nuovi investimenti cinesi in Usa.

Investimenti per parecchi miliardi di dollari, soprattutto su quei progetti infrastrutturali che Trump vuole rilanciare per creare posti di lavoro e ammodernare il Paese. Un piano da mille miliardi di dollari in dieci anni che il presidente americano dovrebbe presentare entro la fine dell'anno.

L'offerta di Pechino avrebbe un sicuro vantaggio: quello di permettere a Trump di mostrare agli americani un risultato concreto e immediato delle sue ripetute pressioni e minacce sul fronte dei dazi. Anche perchè - concordano quasi tutti gli osservatori americani - il tycoon non ha ancora individuato la strategia da seguire nei confronti della Cina, prigioniero anche delle divisioni esistenti all'interno del suo staff.

Il coinvolgimento della famiglia
Ma assicurare altri investimenti cinesi in Usa (solo lo scorso anno sono ammontati a 45 miliardi di dollari) per Xi è solo la seconda mossa di un piano ben più complesso, avviato ancor prima dell'insediamento del tycoon alla Casa Bianca e che prevede una manovra avvolgente sulla famiglia Trump.

Puntando sulle persone più vicine al presidente: la figlia Ivanka, che fa affari in Cina con la sua linea di moda, e il genero Jared Kushner. È a quest'ultimo che il presidente ha dato l'incarico di tessere le fila dei rapporti con Pechino, marginalizzando di fatto il segretario di Stato Rex Tillerson.

Il ruolo di Kushner
Ed è proprio Kushner che l'establishment cinese considera la chiave per entrare nel cuore della Casa Bianca, nello Studio Ovale. E se Tillerson è stato a Pechino per preparare il terreno alla visita di Xi, in realtà dietro le quinte sarebbero proprio Kushner e l'ambasciatore cinese a Washington Cui Tiankai al lavoro sulla dichiarazione finale del meeting in Florida.

Con i due che hanno cominciato a lavorare a stretto contatto di gomito fin dalla telefonata Trump-Xi dello scorso febbraio. Chiamata organizzata per ricucire lo strappo provocato dal tycoon che, accettando una telefonata dal leader di Taiwan, aveva messo in discussione la policy statunitense di riconoscere una sola Cina, seguita fin dai tempi di Kissinger. (FINANCIAL TIMES/ANSA/AGI)

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