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Siria, è iniziata la battaglia di Raqqa

Milizie curdo-siriane entrano in città sostenute dalle forze speciali Usa e dai bombardamenti della coalizione. È l’ultima vera roccaforte del Califfato

Milizie curdo-siriane sostenute dagli Stati Uniti sono entrate martedì 6 giugno nel territorio urbano di Raqqa, roccaforte e capitale de facto dello Stato Islamico nel nord della Siria.

L’attacco è iniziato all’alba dopo una serie di bombardamenti della coalizione.

Secondo fonti locali, la città sarebbe ora assediata dai curdi su tre lati.

L’attacco curdo-americano per ora si concentra sul lato orientale della città, nelle periferie dei quartieri di Mishlab e Qitar, in direzione della città industriale e dell’antico recinto murario di Raqqa, oltre il quale si trova il centro storico cittadino.

Pkk e le milizie arabe locali del SDF

A guidare le milizie sostenute dalle forze speciali americane, sarebbero forze del PKK siriano (l’ala militare del Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e alcune milizie arabe locali riunite sotto la sigla SDF (Forze Democratiche Siriane), che rappresenterebbero una quota percentuale rispettivamente del 40% e del 60%.

Da inizio marzo, quasi 50mila uomini stanno stringendo la morsa attorno alla roccaforte jihadista e sinora hanno conquistato i villaggi situati a ovest di Tabqa, assumendo il controllo dell’arteria stradale che da Aleppo attraversa la valle dell’Eufrate collegando Raqqa al governatorato di Deir Ezzor, ancora in mano al Califfato.

Le stesse fonti affermano che l’avanzata delle forze arabo-curde nei territori urbani densamente popolati da civili procederà assai più lentamente dell’avanzata registrata da novembre scorso a oggi, compiuta in zone rurali e scarsamente abitate.

L’inizio di una lunga battaglia

Lo scenario che si profila, insomma, è il medesimo che si è osservato per l’assedio di Mosul, la capitale irachena dello Stato Islamico, accerchiata dallo scorso ottobre e non ancora bonificata: anche in questo caso, nei mesi scorsi i ponti sull’Eufrate sono stati bombardati e distrutti dai raid della coalizione anti-ISIS a guida USA, allo scopo di isolare i combattenti e impedire loro la fuga e le vie di rifornimento.

A sud dell'asse offensivo curdo, infatti, scorre il fiume Eufrate che, senza ponti, ostacola fisicamente la fuga dei jihadisti e, soprattutto, dei civili.

Il portavoce delle Forze Democratiche Siriane, Talal Silo, ha rilasciato martedì 6 giugno durante una conferenza stampa nel villaggio di Hazima, appena conquistato, il seguente annuncio: «Dichiariamo oggi l’inizio della grande battaglia per liberare la città di Raqqa, cosiddetta capitale del terrorismo e dei terroristi».

Una battaglia che si annuncia lunga e sanguinosa, non meno della campagna per riconquistare Mosul.

La coalizione ritiene che all’interno di Raqqa si trovino al momento tra i 3 e 4mila militanti dello Stato Islamico. Il balletto delle cifre, però, ci ha abituati a smentite continue.

In ogni caso, secondo l’ONU da aprile a oggi sono almeno 100mila le persone già sfollate a causa dei combattimenti intorno a Raqqa.

Le stesse fonti riferiscono che, all’interno della città, i prezzi dei prodotti alimentari sono notevolmente aumentati, che l’acqua è disponibile in media solo per quattro ore al giorno e che mancano i servizi medici indispensabili, così come le forniture e il personale ospedaliero.

L’occupazione di Raqqa nel 2014

Raqqa è stata occupata dalle milizie del Califfato all’inizio del 2014, dopo che già nel 2013 la presenza di jihadisti all’interno delle mura cittadine era divenuta la normalità e già allora dettavano legge e avevano imposto la Sharia sulla popolazione locale.

La città, che prima della guerra contava meno di 330mila abitanti, è stata la prima a cadere interamente in mano ai ribelli durante la guerra civile, grazie anche alla forte presenza dei clan sunniti, che erano stati marginalizzati in politica pur costituendo la maggioranza della popolazione in Siria.

Il governo di Damasco, infatti, era composto per la stragrande maggioranza da elementi sciiti-alawiti, e proprio l’aspetto settario è stato una delle ragioni della ribellione iniziata nel 2011 come protesta di piazza, poi repressa nel sangue.

Da allora, è iniziata una guerra civile che si è trasformata ben presto in un conflitto internazionale. Una guerra per procura che ha visto come protagonisti da una parte Arabia Saudita e Iran, campioni, rispettivamente del sunnismo e dello sciismo, che si sono scontrati e continuano a scontrarsi anche in Iraq e, soprattutto, nello Yemen; dall’altro le potenze regionali come la Turchia, ma soprattutto la Russia (che sostiene il regime di Bashar Al Assad in Siria) e gli Stati Uniti, la cui politica ondivaga ha creato non poca confusione sopra il Medio Oriente.

Lo Stato Islamico cambia natura

Dopo che Raqqa sarà stata presa, lo Stato Islamico sarà definitivamente passato da uno stato di guerra a una fase di guerriglia che non comporterà certo la fine della minaccia jihadista, ma che in ogni caso determinerà una necessaria ricomposizione dell’assetto geopolitico regionale, in quelle aree falcidiate dalla guerra che un tempo chiamavamo Siria e Iraq.

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Luciano Tirinnanzi