Gli sbarchi degli altri
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Gli sbarchi degli altri

Spesso ci autoflagelliamo per i respingimenti dei clandestini. Ma fra barriere, retate ed espulsioni tutti gli stati usano il pugno di ferro.

Dall’Australia alla Spagna, dalla Russia a Malta, si inaspriscono le misure contro l’immigrazione clandestina. Il premier laburista australiano, Kevin Rudd, ha siglato a luglio un accordo con la Papua Nuova Guinea per trasferire tutti gli emigranti che arrivano sulle coste australiane. In cambio il governo di Canberra verserà 500 milioni di dollari.

Una martellante campagna d’informazione annuncia: «Le persone che arrivano sui barconi saranno inviate in Papua Nuova Guinea dove rimarranno in maniera permanente. Pagare un contrabbandiere (di uomini) non è un biglietto per l’Australia. Le regole sono cambiate». Da gennaio oltre 15 mila immigrati sono arrivati sulle coste australiane a bordo di 218 imbarcazioni.

In Russia sono scattate in agosto grandi retate di clandestini. Più di 800 sono stati fermati in Siberia e un migliaio a Mosca, soprattutto vietnamiti. Nella regione di Krasnodar e Volgograd bloccati 670 cinesi. Una nuova legge prevede il pagamento di multe salate o l’espulsione. Secondo le autorità ci sarebbero 3 milioni di clandestini in Russia, i dati ufficiosi parlano di 10 milioni.

Nel Mediterraneo un altro premier progressista, il maltese Joseph Muscat, vuole rimandare tutti gli emigranti da dove sono arrivati, a cominciare dalle ondate di somali che giungono sull’isola. Spesso i barconi non vengono soccorsi e tocca agli italiani portarli in salvo. La Spagna respinge i clandestini verso il Senegal e attorno alle enclave di Ceuta e Melilla ha eretto una barriera per bloccare i clandestini provenienti dal circostante Marocco.

Le organizzazioni dei diritti umani sostengono che il pugno di ferro spagnolo contro l’immigrazione sarebbe costato negli anni la vita ad almeno 4 mila immigrati (cifra non controllabile), affogati in mare cercando di attraversare lo Stretto di Gibilterra.

Gli Stati Uniti hanno alzato un muro con il Messico e l’Arabia Saudita sta facendo lo stesso con lo Yemen. Solo nel 2008 ha rimpatriato a forza 60 mila yemeniti considerati clandestini. Almeno 100 mila persone fuggite dalla Corea del Nord vivono in Cina. Pechino, che non è molto propensa alla difesa dei diritti umani, dà loro la caccia per rispedirle in patria, dove le attende il gulag.

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Fausto Biloslavo