Quanto poco resta dell’asse franco-tedesco
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Quanto poco resta dell’asse franco-tedesco

Per la crisi salta l’equilibrio su cui s’è retta l’Europa nel dopoguerra, e ancor più dopo la fine del Muro

"La Francia non è il malato d’Europa" ha tenuto a rassicurare il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, durante un’irrituale conferenza stampa con il collega francese Pierre Moscovici a margine del vertice Ecofin, il 13 novembre, e alla vigilia del vertice di Angela Merkel con il primo ministro francese Jean-Marc Ayrault: scusa non richiesta, accusa manifesta...

Nei giorni precedenti la stampa tedesca aveva rivelato come la cancelliera avesse commissionato un rapporto riservato sullo stato e le prospettive dell’economia francese ("La situazione economica della Francia è seria, perdiamo competitività da 10 anni": l’ha detto pure il presidente François Hollande). Gesto plateale, quello di Schäuble, per smentire voci della crescente preoccupazione di Berlino sulla capacità e la volontà dei vertici francesi di perseguire il piano di risanamento economico e contenimento di deficit e debito tanto caro alla Germania e già avviato in Italia, Spagna, Grecia, Portogallo. Ma anche un grossolano segnale che l’asse franco-tedesco, cruciale in passato per l’Unione Europea, è in crisi. È una crisi che rimonta alla fine della guerra fredda e alla riunificazione tedesca: fattori decisivi per segnare la fine della minorità politica della Germania e la necessità strategica dell’intesa con Parigi. È stata la comune posizione ostile dei due governi nei confronti dell’invasione americana dell’Iraq nel 2003, in nome di una comune visione europea, a produrre l’illusione che il "mondo nuovo" fosse un ambiente altrettanto ospitale del "vecchio". Oggi è proprio sulla politica europea, sul futuro dell’Unione, che Francia e Germania manifestano posizioni diverse, se non divergenti.

In apparenza Merkel sembra più orientata a procedere verso una maggiore unificazione politica per proteggere e rafforzare l’euro. A tal fine il governo tedesco chiede la creazione di un supercommissario con potere di veto sui budget nazionali; incarnerebbe istituzionalmente il potere di veto oggi detenuto de facto dalla Germania. Il supercommissario dovrebbe essere eletto, per conferirgli piena legittimazione democratica. La Francia, sempre in difficoltà rispetto a ipotesi di devoluzione della sovranità (si ricordi il referendum sulla costituzione europea), con il presidente Hollande si fa portatrice di una prospettiva d’Europa che non sia il semplice risultato della centralità della forza e delle paure tedesche. E proprio in Europa (oltre che a Washington) crescono le voci che esprimono la preoccupazione che un eccesso di rigore, oltre ad avere effetti recessivi, possa anche produrre un clima politico elettorale sempre più ostile all’Unione, fino a metterne a rischio il futuro.

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Vittorio Emanuele Parsi

Professore ordinario di Relazioni Internazionali all'Università Cattolica di Milano

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