Orrore in India, continua la tragica catena degli stupri
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Orrore in India, continua la tragica catena degli stupri

Non si ferma l'ondata di violenza sulle donne nella democrazia più grande del mondo. Una ragazza nel Punjab è stata rapita e stuprata da 6 uomini

Il nuovo anno è iniziato da poco, ma in India l'ondata di violenza sulle donne sembra non avere fine. Dopo la morte della 23enne stuprata da una baby gang su un autobus nei pressi di Nuova Delhi a dicembre, due nuovi, terribili casi scuotono l'opinione pubblica indiana.

La polizia del Punjab ha arrestato sei uomini per lo stupro di gruppo di una 29enne che venerdì scorso si trovava su un autobus e stava tornando a casa, nel villaggio di Gurdaspur, a 280 miglia da Delhi. L'autista non si è fermato e l'ha rapita, conducendola in una casa di campagna diroccata dove c'erano altri 5 (o forse 6) uomini ad aspettarla. Lì si è consumata la violenza di massa, che ha lasciato la donna in fin di vita.

Un'altra donna è stata assaltata e poi uccisa non appena è scesa da un treno in un'area poco popolata nello stato del Bihar. Il suo corpo è stato appeso a un albero lungo i binari della ferrovia. Orrore allo stato puro, che ha fatto esplodere la rabbia di milioni di indiani, donne e uomini, in tutto il paese. L'India conferma di non essere ancora un paese per donne . Ma, per la prima volta, assistiamo a una sollevazione della società civile.

A Delhi, il primo dell'anno, si è tenuta una veglia con candele per ricordare la morte della 23enne stuprata sull'autobus e per sottolineare che la gente non dimentica e non dimenticherà e che continuerà a combattere per l'affermazione di diritti troppo spesso calpestati. In migliaia sono scesi in piazza nella capitale indiana per gridare tutta la loro rabbia e chiedere al governo leggi più severe nei confronti degli stupratori, anche se sono minori.

Gli stupri in India - come nel resto del mondo - non sono certo una novità, ma l'inversione di tendenza sta nel fatto che adesso vengono denunciati e trovano spazio sulle prime pagine dei quotidiani nazionali, a significare che, per dirla con le parole della reporter Valeria Fraschettinel suo ultimo libro , i "Sari sono in cammino". Ma questo cammino è indubbiamente tortuoso e, soprattutto, non fa presagire tempi rapidi.

Molte donne si sentono in colpa dopo aver subito una violenza. Come nel caso della 16enne di Sonipat che qualche giorno fa ha tentato di uccidersi dandosi fuoco dopo essere stata vittima di uno stupro. In India ogni 20 minuti viene violentata una donna. Numeri terrificanti, che hanno spinto la stessa Sonja Gandhi a scendere in piazza e a chiedere leggi che tutelino la dignità e l'incolumità delle donne indiane.

Ma l'elefante, si sa, si muove lentamente, e il cambiamento non sarà certo immediato, perché va a incidere sulle radici stesse della cultura della più grande democrazia del mondo. Radici culturali che affondano nel patriarcato e che da sempre relegano la donna ai posti più infimi della scala sociale.

Era il 1990 quando Amartya Sen, premio Nobel per l'Economia, denunciava a tutto il mondo che il numero delle bambine abortite o uccise in India negli ultimi dieci anni aveva toccato cifra 100 milioni. Un vero e proprio genocidio, che ha praticamente ridisegnato la demografia indiana.

Meno donne significa anche meno mogli e da qui l'orrore della tratta delle spose. Quando, in controtendenza con il resto del mondo, in India ci sono 36 milioni di donne in meno rispetto agli uomini, si crea uno iato profondo e salta qualsiasi stabilità sociale. Ma adesso le donne indiane non sembrano più voler restare in silenzio e subire nell'ombra. Segno di un'inversione di marcia che potrebbe portare a profondi cambiamenti sociali nei prossimi anni.

Intanto, quello che in molti chiedono, è un immediato irrigidimento delle pene per gli stupratori, affinché non escano dal carcere dopo pochi mesi, mettendo nuovamente a rischio le donne attorno a loro. E' su questo che il Parlamento indiano dovrà presto dare una risposta.

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Anna Mazzone