Il quarto potere dell'Isis
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Il quarto potere dell'Isis

Una guerra combattuta anche sul piano mediatico e comunicativo quella dello Stato Islamico. Che dispone di mezzi e strategie di altissimo livello

Un vero rompicapo per i responsabili dei servizi d’intelligence occidentali e arabi moderati. Chi c’è dietro la strategia di comunicazione dell’Isis? E come contrastare le sue idee e la sua filosofia di propaganda globale?

Di certo è una testa "pensante" esperta, capace di scatenare una campagna permanente su più livelli: di target (pubblico da "bersagliare"), strumenti (principalmente video), mezzi di comunicazione (per lo più Internet).

Una strategia sorprendente, e sorprendentemente efficace, sia nella concezione e pianificazione dei messaggi, sia in quello che a prima vista è l’aspetto più eclatante ma forse perfino meno inquietante di altri, ossia la ferocia.

Come dentro un film

Una strategia, quella del Califfato, che mescola finanziamenti importanti per l’acquisto di apparecchiature: il "film" del pilota giordano bruciato vivo richiedeva almeno tre telecamere molto costose, una sceneggiatura, parecchi giorni di lavoro e una post-produzione quasi hollywoodiana.

Avete considerato un particolare? La gabbia nella quale il povero pilota ha trovato la morte non aveva porta d’ingresso. Come hanno fatto? E come sono riusciti a indurre il pilota a recitare in modo teatralmente esemplare il film della propria uccisione? E cosa dire dei video in cui uomini dell’Isis si esprimono nel linguaggio dei sordomuti? E l’impiego dei bambini: nulla è più spaventoso di un boia minorenne. E ancora: se la comunicazione del Califfato ha una dimensione globale ed è rivolta alla Umma, la comunità islamica mondiale, e al tempo stesso ai nemici arabi, musulmani, asiatici, slavi, occidentali…), ha però anche un risvolto locale di arruolamento ma anche accensione di cellule dormienti o lupi solitari in singoli Paesi-target.

La forza della propaganda

Basti pensare, per l’Italia, ai video con minacce esplicite a Roma sede di Santa Romana Chiesa. Un altro aspetto è quello sottolineato dal premier Matteo Renzi nel discorso tenuto agli studenti dei master Luiss a Roma: "L’Isis è bravo a comunicare: sta riuscendo a far credere che il Califfato stia vincendo a Mosul e in altre città e invece è vero l’opposto: sono in ritirata". E il video della decapitazione di 21 cristiani copti egiziani sulle coste della Libia con il colpo di scena finale del jihadista che punta il coltello verso l’Italia e sfida i Paesi crociati del Sud Europa, aveva lo scopo di dimostrare (o far credere) che il Califfato fosse "arrivato" alle porte di casa nostra. E che la Libia fosse (come non è) in mano all’Isis.

Questo è il rompicapo. C’è un profilo senza volto che turba i sogni dei migliori analisti dell’Occidente. Una sfida in tutto e per tutto "militare", che da un lato vede noi, dall’altro l’avanguardia tecnologica e intellettuale prestata a uno Stato barbaro e imperialista.

Ce n’è di ingredienti per un romanzo criminale che supera in brutalità e finezza di propaganda l’orrore nazista e stalinista.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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