Crimea: lo spionaggio Usa ha fallito
La sede della Cia (Getty Imagines / Saul Loeb)
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Crimea: lo spionaggio Usa ha fallito

Perché gli Usa sono stati presi di sorpresa dalle mosse di Vladimir Putin? Sotto accusa l'intelligence. E la Casa Bianca

Giovedì 27 febbraio 20014: il governo provvisorio ucraino sta già lavorando a Kiev per puntellare il nuovo regime dopo la cacciata del presidente Viktor Yanukovich, nella piazza si ricordano e piangono i morti della rivoluzione. Da qualche ora Vladimir Putin ha deciso di allertare le truppe e di mobilitare 150.000 soldati per delle esercitazioni militari lungo il confine con l'Ucraina. Nelle capitali occidentali si guarda verso Mosca e si cerca di capire quali saranno le prossime mosse del leader del Cremlino.

Nel pomeriggio, A Washington, Mike Rogers, repubblicano, il presidente del Comitato per la Sicurezza della Camera dei Rappresentanti, riceve un rapporto proveniente dall'ufficio del Direttore della National Intelligence, una delle agenzie della sicurezza Usa create per il controspionaggio. E'un'analisi della situazione: "Quello di Putin è solo un bluff. Non invaderà l'Ucraina". Il giorno seguente, nella mattina di venerdì 28 febbraio, il controllo della Crimea da parte di Mosca è già un dato di fatto. Ancora poche ore e la penisola sarà nelle mani dei russi senza sparare un colpo. I paramilitari controllano gli aeroporti, i soldati escono dalle basi russe per cicrondare quelle ucraine, gli elicotteri trasportano le truppe speciali oltre confine. Putin gioca d'anticipo. Alla Casa Bianca non resta altro che arrancare dietro le mosse veloci del leader del Cremlino.

L'America è spiazzata

Cinque giorni dopo, un'America spiazzata si chiede quali siano le ragioni per cui il governo americano è stato colto di sorpresa. Sotto accusa non c'è soltanto la politica estera di Barack Obama, finora apparsa poco reattiva e debole nei confronti di Putin, ma anche l'intera comunità dell'intelligence americana, i suoi terminali politici - i capi delle agenzie nominati -, i suoi funzionari, i suoi esperti. La Super Potenza della sorveglianza, la nazione che attraverso i programmi della Nsa controlla(va) leader nemici e amici, che dispone della tecnologia per  seguire le tracce di milioni e milioni di telefonate negli Stati Uniti e nel mondo, non è stata in grado di capire che Vladimir Putin avrebbe fatto di tutto per non perdere la strategica penisola. Perché?

Il Comitato per la Sicurezza della Camera ha deciso di istituire un'inchiesta su quella che appare una vera e propria falla. In realtà, la Cia, fin dall'inizio della crisi ucraiana, aveva avvertito della possibilità che il Cremlino attuasse una prova di forza. Ma non è stata ascoltata. Questo dipende probabilmente da diverse ragioni: le informazioni in possesso di Langley non erano precise e l'allarme è così risultato generico. "Putin non discute della sue strategie al cellulare, non lo fa su Facebook e neppure su Twitter. La vecchia Cia avrebbe cercato di avere un suoi informatore all'interno dei vertici dell'apparato militare del Cremlino. Ma erano altri tempi..." - ha detto Bob Baer, un ex agente dell'Agenzia, autore di diversi libri e articoli su Langley.

Il messaggio è chiaro: i programmi di sorveglianza digitale della Nsa sono in questo caso inutili. L'altro fattore è che questa struttura di spionaggio vive ormai da anni in funzione della lotta al terrorismo. Sono i nemici dell'America, i capi di Al Qaeda e dei Talebani i bersagli dell'opera di intelligence americana. Dopo il 2001, dopo che gli Usa erano stati colti di sorpresa da Osama Bin Laden, dopo che il mancato coordinamento tra la Cia e l'Fbi era stato uno dei motivi della riuscita dell'attacco alle Torri Gemelle, la stragrande maggioranza delle risorse dell'intelligence Usa sono state usate contro di loro.

La Russia non era un priorità

Questa era (ed è) la priorità. Poi seguono le altre: la Corea del Nord, l'Iran, la Cina per le Cyberwars. La Russia è rilevante nella graduatori dei controllati, ma, per Obama non è mai stata (prima dello scoppio della scandalo Datagate) un'urgenza. Diverso era l'approccio ai tempi di George W. Bush. La sua amministrazione, composta anche da vecchi repubblicani che avevano servito già durante la Guerra Fredda, era ben conscia dell'antagonismo che comunque esisteva con Mosca. Tensioni latenti che si palesarono nella primavera del 2008, quando Bush propose l'entrata nella Nato dell'Ucraina e della Georgia, sollevando la forte reazione del Cremlino, e che divennero invece aperte quando, qualche mese dopo, Mosca mosse guerra contro Tblisi.

Arrivato Barack Obama alla Casa Bianca, è stato abbandonato quel retaggio di confrontation con la Russia ex sovietica. Per la nuova amministrazione, le priorità di politica estera e di sicurezza sono diventate altre. L'apparato di intelligence americano non ha fatto altro che seguire le indicazioni.  Solo da poco Putin è tornato ad essere un elemento di (vero) interesse. E'stato quando l'amministrazione ha capito che la sua strategia per far rinascere la grandezza russa a livello globale passa(va) attraverso un braccio di ferro che Washington non aveva alcun interesse ad iniziare.

Nonostante questo, però, lo stesso governo Obama ha sottovalutato le mosse e gli obiettivi del presidente russo. Basti pensare alle espressioni usate: "Putin vuol giocare a fare il duro..." - ha detto qualche settimana fa Obama. "Non siamo a Rocky IV.." ha detto invece John Kerry. Come se, alla fine, fosse solo un problema di immagine internazionale da parte del leader russo e non di tangibili e strategici interessi nazionali della Russia.

L'ennesimo fallimento

La comunità di esperti sulla Russia del circo mediatico americano ha poi contribuito a fare confusione e a depistare un'amministrazione e un'intelligence già largamente impreparata. Un esempio? Un articolo del New York Times di qualche giorno fa affermava che Putin non si sarebbe mai intromesso nei fatti dell'Ucraina, non avrebbe mai preso possesso della Crimea, così impegnato con le difficoltà economiche e sociali della Russia. E questa non è stata l'unica previsione sbagliata apparsa sui giornali dallo scoppio della crisi.

Per la l'ennesima volta, l'intelligence Usa è stata colta di sorpresa. Era successo nel 2001, è accaduto più di recente con lo scoppio della Primavera Araba, quando la Cia ha dovuto ammettere di non essere stato in grado di prevede le rivoluzione di piazza perché non ne aveva seguito le tracce sui social network. E, infine, anche l'Ucraina. La nazione del Grande Fratello, del sistema più sofisticato e capillare di sorveglianza al mondo non riesce a capire cosa succede realmente nel resto del mondo.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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