Le sanzioni americane che non fermeranno Putin
Barack Obama (Getty Imagines / Saul Loeb)
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Le sanzioni americane che non fermeranno Putin

Le ha annunciate Barack Obama. Ma sono deboli. E senza l'accordo con gli europei, quelle che possono far male a Mosca non arriveranno mai

Le ha definite le più dure sanzioni dalla fine della Guerra Fredda. E'vero. Come è vero che però non c'era stata così tanta tensione tra Washington e Mosca dopo il crollo del Muro di Berlino. Neppure, forse, all'epoca del conflitto in Georgia. La risposta americana al referendum e all'annessione della Crimea da parte della Russia è arrivata. Ma non è forte. Barack Obama si muove con gradualità. La sua non è soltanto una scelta dettata dalla voglia di seguire la via diplomatica. E'una linea imposta dal fatto che gli europei sembrano intenzionati a non seguirlo fino in fondo, legati come sono dal punto di vista economico a Mosca.

L'ordine esecutivo firmato da Obama prevede di sanzionare direttamente 11 personaggi russi e ucraini, considerati responsabili della crisi. Tra di loro non c'è Vladimir Putin, ma i suoi consiglieri più fidati, autorevoli politici della Duma e l'ex presidente ucraino Viktor Yanukovich. Il leader del Cremlino rimane sullo sfondo, ma è evidente che il bersaglio sia lui.

Per motivi di opportunità politica, però, la Casa Bianca ha voluto evitare di sparare così in alto. Vorrebbe dire - simbolicamente - di non avere alcuna volontà di dialogo. Così, invece, la porta della diplomazia rimane aperta. Queste sanzioni sono una ritorsione e un avvertimento: se vi spingete oltre, ce ne saranno altre. Ma quelli lanciati oggi da Obama non sono missili. Anzi. Rischiano di rimanere solo dei colpi a salve. In grado di imbarazzare il governo russo, ma non di fargli male.

Le sanzioni prevedono una sorta di bando e di congelamento di eventuali beni negli Usa nei confronti degli 11 . Vladislav Surkov e Sergey Glazyev, consiglieri di Putin; Leonid Slutsky, membro della Duma; Andrei Klisha e Valentina Matviyenko, del Consiglio Federale Russo, Dmitry Rogozin, vice primo ministro della Russia e poi, Viktor Ianukovich, l'ex presidente ucraino e i leader separatisti della Crimea Sergey Aksyonov e Vladimir Konstantinov.

In più, la Casa Bianca ha dato l'autorizzazione al Segretario al Tesoro Jack Lew a lavorare assieme al segretario di Stato John Kerry per imporre sanzioni su "qualsiasi persona fisica o giuridica che opera nel settore degli armamenti russi, e qualsiasi individuo o entita' che operano al loro posto, o che fornisce materiale o altro supporto
a qualsiasi alto funzionario del governo russo".  Le sanzioni, aggiunge la Casa Bianca, hanno lo scopo di "imporre costi su questi individui, che hanno esercitato
influenza nel governo russo e sono i responsabili del deteriorarsi della situazione in Ucraina".

Per Obama non sono solo una ritorsione, ma anche un avvertimento. E un invito a Mosca a dialogare, a ritirare le sue truppe nelle caserme, a lasciare la penisola all'Ucraina. La loro efficacia è quasi nulla. Più un gesto simbolico che altro. Tra Russia e Stati Uniti esistono già liste di sanzionati, ma sono scambi di colpi politici, senza effetti concreti. 

L'anno scorso, Washington stilò la cosiddetta Magnistky List, contenente personaggi russi accusati di non rispettare i diritti umani. Mosca rispose con una sua lista di americani indesiderati in Russia, molti dei quali erano ex alti funzionari dell'amministrazione Bush. E'evidente che il contesto ora è ben diverso, ma nessuno si illude sul fatto che l'ordine esecutivo firmato oggi da Obama possa avere qualche effetto concreto nei confronti della Russia.

Le sanzioni vere sarebbero altre, quelle che gli americani potrebbero varare nel caso in cui le truppe russe entrassero nelle altre regioni di confine dell'Ucraina. Sono quelle che gli esperti definiscono - in scala -sanzioni distruttive e catastrofiche. Le prime riguardano la possibilità di colpire la Russia sui mercati finanziari, le seconde, invece, prevedono il bando all'export russo. Obama minaccia di adottarle se Vladimir Putin farà altre mosse in Ucraina. Ma, come abbiamo visto, non lo farà per la Crimea.

Non può farlo per un motivo molto semplice: l'Europa non lo seguirebbe. Il Vecchio Continente dipende troppo dal gas russo per fare un passo come questo di fronte al referendum sulla seperazione.  E'vero che anche l'Unione Europea ha minacciato una gradualità di interventi se Putin muoverà guerra a Kiev, ma al di là delle posizioni di bandiera, Bruxelles sembra aver accettato ora  lo status quo in Crimea. Washington è (stata) costretta a fare lo stesso.

Toby Gati, consigliere per gli affari dell'Est Europa nell'amministrazione Bush, ha detto che le sanzioni economiche,se mai verranno varate, potranno avere effetto sul lungo periodo. "Ma tutto dipende da come ci muoviamo di concerto con l'Europa, quanto tutti insieme vogliamo fare male alla Russia". Allo stato attuale, Washington vorrebbe, ma non può. Bruxelles potrebbe, ma non vuole (e non può). Vladimir Putin si sente così con le mani libere di agire.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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