Barack Obama, un leader senza più credibilità?
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Barack Obama, un leader senza più credibilità?

L'esplosione del Datagate l'ha reso ancora più debole. Troppi gli errori in politica estera, troppe le incertezze sul fronte interno

L'epitaffio della politica estera della presidenza Obama l'ha scritto Dick Cheney: "Gli alleati dell'America non si fidano più di noi, i nostri nemici non ci temono più". Detto da lui, può apparire interessato. L'ex numero due di George W. Bush, l'uomo che avrebbe ispirato o suggerito più di una decisione all'allora presidente, il convinto repubblicano, è un uomo di parte, strenuo oppositore di Obama. Ma, le sue parole possono essere condivise da molti analisti.

Lo scoppio del Datagate, con la rivelazione dello spionaggio da parte degli Usa di decine di capi di stato e di governo mondiali, tra cui numerosi alleati di Washington, è andato a incidere soprattutto su quello che dovrebbe essere il patrimonio più grande per un leader: la credibilità.

Questo scandalo internazionale sommato ai già numerosi errori compiuti in politica estera e all'incredibile flop della partenza della riforma sanitaria hanno spinto la presidenza Obama sull'orlo del fallimento. Se non riesce a recuperare terreno, rimarrà alla Casa Bianca per altri tre anni giocando sulla difensiva, senza spazio politico per manovrare, come un sovrano senza potere.

Il balletto delle smentite

Angela Merkel era spiata dal 2002, quando era ancora leader dell'opposizione e quando tra Europa e gli Stati Uniti di Bush iniziava a scavarsi il solco della guerra in Iraq. Gli americani hanno smesso di controllarla solo qualche settimana prima del recente viaggio in Germania di Barack Obama. Secondo la rivista Der Spiegel, l'attuale presidente era a conoscenza del fatto che la Merkel fosse sorvegliata; l'Nsa l'aveva informato nel 2010 e lui aveva dato il benestare. Fonti della NationalSecurity Agency hanno smentito questa versione dei fatti. Obama non sapeva, non era a conoscenza della circostanza, hanno detto.

Si può credere a questa smentita? Difficile pensare che il presidente degli Stati Uniti non conoscesse i particolari di un programma di spionaggio così importante e delicato. Se fosse vero che non è stato informato, l'unica cosa da pensare è che una parte dell'apparato di intelligence statunitense agisca in modo autonomo dal potere politico: uno stato nello stato. Ma così non pare essere.

Obama ha ereditato la struttura dal suo predecessore, George W. Bush e non l'ha smantellata. Anzi, come lui stesso ha dichiarato qualche mese fa, l'ha sviluppata. Con lo scopo primario di prevenire attacchi terrostici. Ma questo programma di controllo è stato utilizzato anche, come ormai si è compreso, per sapere quali politiche estere (compreso il commercio e la politica monetaria) intendevano seguire i governi di numerose nazioni, tra cui molte alleate.

Poteva Obama non sapere la natura della sorveglianza su Angela Merkel?

La delusione degli Europei

A questa domanda, l'Europa ha già risposto. Per questo nelle cancellerie del Vecchio Continente c'è delusione nei confronti di Barack Obama. Dopo gli anni della contrapposizione con George W. Bush, l'attuale presidente doveva essere quello che faceva ritornare il sereno nelle relazione transoceaniche. Con lui, la fiducia doveva riprendere il posto della diffidenza che si era creata tra Bruxelles e Washington ai tempi dell'invasione dell'Iraq. E, così è stato per diverso tempo.

Cooperazione, trasparenza, rispetto reciproco sono stati ritrovati. Presupposti che hanno funzionato fino all'altro giorno. Ma che ora, dopo le rivelazioni sul Datagate, se non sono stati cancellati, sono diventati molto sbiaditi. Obama ha perso molta credibilità agli occhi dei governanti europei perché, come il suo predecessore, ha usato un criterio - la diffidenza - che tra alleati non dovrebbe sussitere. Il cellulare di Frau Merkel intercettato dalla Nsa è lì a dimostrarlo.

Quattro anni fa, nessuno avrebbe mai potuto scommettere un euro (o un dollaro) sul fatto che con Barack Obama alla Casa Bianca, Europa e Stati Uniti avrebbero potuto vivere un crisi come quella innescata dal Datagate. Perché se è vero che i governi europei sapevano del fatto che gli Usa continuassero a sorvegliare il Vecchio Continente, è anche vero che nessuno di questi governi pensava di essere direttamente spiato. Soprattutto da Obama

Gli errori in politica estera

Il Datagate in Europa è solo l'ultimo tassello. Il resto del mosaico ha tinte ancora più cupe. Gli altri errori compiuti in politica estera da Obama hanno minato la crediblità internazionale della sua amministrazione.

1) Siria

Per due anni, Obama ha lasciato che la guerra civile andasse avanti, poi, di fronte all'uso dei gas su donne e bambini, ha minacciato di bombardare l'esercito di Bashar al Assad. A causa dell'isolamento internazionale e interno (il Congresso era contrario) ha fatto marcia indietro. L'empasse è stata risolta dalla Russia di Vladimir Putin che, con grande abilità, ha giocato le sue carte (il piano di smantellamento delle armi chimiche dell'alleato siriano e il ricorso all'Onu) in modo tale da dare una nuova forza e credibilità internazionale a Mosca a discapito di quella di Washington

2) Egitto e Primavera araba

Obama ha prima appoggiato Hosni Mubarak, poi ne ha chiesto la testa dopo i primi morti nelle strade. Ha poi spinto per il processo democratico, anche a costo della vittoria dei Fratelli Musulmani e ha dialogato con il presidente Morsi mentre, a sua insaputa, l'esercito stava preparando il colpo di stato. Dopo la cruenta repressione da parte dei soldati, ha minacciato di bloccare gli aiuti militari, ma di fatto poi non li ha tagliati. Questa politica tentennate ha prodotto un risultato: l'America di Obama non ha più credito nella popolazione egiziana e il peso di Washington nella regione è diminuito

3) Libia, Bengasi e Al Qaeda

Dopo aver abbattuto il regime di Gheddafi, gli Usa non sembrano essere in grado di gestire il futuro della Libia. Il paese è nel caos e i gruppi terroristici islamici si sono rafforzati. E'stato uno di questi a compiere l'attentato a Bengasi nel 2011 in cui persero la vita quattro americani, tra cui l'ambasciatore Chris Stevens, morte alla quale si è arrivati dopo un'incredibile serie di errori da parte dell'apparato di sicurezza americano. Più in generale, nonostante il "trofeo" dell'eliminazione di Osama Bin Laden, e nonostante alcune dichiarazioni rassicuranti da parte dell'amministrazione, i gruppi legati ad Al Qaeda sono tornati a colpire in Medioriente e in Africa. Tra le "sconfitte" della politica estera di Obama anche la fuga di massa di centinaia di terroristi islamici dal carcere iracheno di Abu Ghraib.

4) I droni e l'antiamericanismo

Criticato dalle organizzazioni per i diritti umani, contestato dalle popolazioni dei paesi dove si sono registrate decine di vittime civili (Afghanistan, Pakistan e Yemen), Obama è nell'occhio del ciclone anche per la sua politica di eliminazione dei terroristi attraverso droni teleguidati. La decisione di svilupparla rispetto al suo predecessore, in patria gli ha alineato le simpatie dei liberal (che ritengono illegittimi questi omicidi mirati), e ha causato un ritorno dell'antiamericanismo laddove i droni hanno colpito, facendo vittime innocenti

5) Iran

Molti pensano che la politica di Obama nei confronti di Teheran sia troppo prudente e che alla fine permetterà a Teheran di avere la bomba atomica. Ne sono convinti soprattutto gli israeliani ( i cui rapporti con Obama sono ancora all'insegna della grande freddezza). Inolltre, nel 2009, quando scoppiò la rivolta contro l'elezione di Mahmud Ahmadinejad, il presidente Usa non disse una parola a favore dei dimostranti, duramente repressi dal regime.

6) Russia

Vladimir Putin si è riconquistato un ruolo internazionale grazie a Barack Obama. E'stato determinante nella crisi siriana, è tornato a pesare a Teheran, ha incassato lo smantellamento di una parte dell'arsenale atomico statunitense, ha ospitato Edward Snowden, la talpa del Datagatel e ha sbattuto le porte in faccia alle richieste americane di estradarlo. Un colpo dietro l'altro a cui Obama non è stato in grado di replicare se non con l'annullamento del faccia a faccia con il presidente russo.

7) Datagate

L'esplosione dello scandalo ha danneggiato i rapporti con paesi alleati, in particolare gli europei. Ma, più in generale, la credibilità internazionale di Obama ha subito un durissimo colpo, come dimostra il caso della clamorosa protesta del governo brasiliano all'Onu. Inoltre, questo vicenda (forse non a caso)  ha permesso alla Cina di ribaltare i rapporti di forza con Washington. Prima che Edward Snowden parlasse dell'attivita della National Security Agency, era Obama ad essere in una posizione per cui poteva chiedere conto a Pechino della sua cyberguerra contro gli Stati Uniti. Dopo, la situazione si è ribaltata.

Sul fronte interno non va meglio

A questi errori si devono sommare le incertezze sul fronte della politica interna. L'America ha evitato il default, ma Obama ha dimostrato di non saper domare il Congresso. Questo significa che le prossime riforme del presidente si faranno solo nel caso in cui a Capitol Hill, la maggioranza dovesse tornare ad essere democratica. E, forse, visto la debolezza di Obama, neppure in quel caso.

Ma, l'emblema della sua presidenza, il possibile marchio (negativo), rischia di essere la falsa partenza dell'attuazione dell'Obamacare. Il software del sito del ministero della sanità che doveva registrare i nomi dei milioni di americani che ora, per legge, devono avere l'assicurazione sanitaria, non funziona ancora.

Non si tratta di un semplice disguido tecnico, come continua a ripetere la Casa Bianca, ma di qualche cosa di ben più pericoloso per la riforma tanto voluta da Obama. Se non potranno accedere ai benefici e agli sgravi dati dal programma ministeriale, molti di questi americani saranno costretti a rivolgersi alle compagnie private o a rinunciare ad avere l'assistenza. Sarebbe il fallimento della riforma di Obama.

Per la presidenza Obama la credibilità politica è un patrimonio che si sta rapidamente esaurendo. Il fondo del barile è vicino, molto vicino.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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