Addio alle armi. L'esercito Usa torna ai livelli di 70 anni fa
Cadetti di West Point (Getty Imagines/ Hunter Martin)
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Addio alle armi. L'esercito Usa torna ai livelli di 70 anni fa

Lo prevede il piano di tagli studiato dal Segretario alla Difesa Chuck Hagel. Il numero degli effettivi sarà uguale a quello del 1940. Quali i pericoli per gli Stati Uniti?

L'esercito più potente del mondo torna indietro nel tempo, alla vigilia dell'epoca in cui ha iniziato a costruire la sua potenza globale: la Seconda Guerra Mondiale. Il piano di tagli previsto dal Segretario alla Difesa Chuck Hagel porterà il numero degli effettivi nel giro di poco tempo dagli attuali 560.000 ai futuri 400.000, 450.000 uomini e donne. Agli stessi livelli del 1940. La riduzione si è resa necessaria per diminuire il deficit statale: 496 miliardi di dolalri per l'anno fiscale 2015. Ma non solo.

Dietro le scelte di Hagel c'è la filosofia di Obama, la nuova strategia di sicurezza degli Stati Uniti: strumenti moderni ed efficaci per difendere l'America e per colpire rapidamente i suoi nemici fuori dai confini nazionali; una minore massa di uomini dislocati in modo permanente all'estero (nelle basi d'oltremare, che per lo più non verranno abbandonate, se non in qualche sporadico caso) o in possibili nuove occupazioni militari (vedi Iraq nel 2003) che, con la nuova dottrina, non sarebbero, di fatto, più realizzabili.

Questo significa che il pilastro della strategia militare americana degli ultimi decenni (avere le forze necessarie per combattere due conflitti contemporaneamente su due diversi teatri di guerra, Europa e Asia) verrà abbandonato. D'ora in avanti, se l'America sarà impegnata su di un fronte dovrà vincere quel conflitto prima di impegnare le sue forze anche nel secondo. 

In concreto, il piano di Hagel prevede che nel bilancio statale vengano stanziati soldi per le truppe speciali, per le nuove armi che una tecnologia sempre più sofisticate può garantire (vedi i cannoni laser già installati su alcune navi della marina), e per le cyberwars. In compenso verrà tagliato il numero degli effettivi ed eliminate alcune delle armi che vengono ormai ritentute obsolete. Per esempio, spariranno gli A10, gli aerei-cannoniera costruiti per distruggere i carri armati (sovietici) in una battaglia terrestre. Rimarrano, seppur ridimensionati nel numero, gli F35, i caccia bombardieri che tante perplessità hanno suscitato con le loro deludenti prestazioni.

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In questo nuovo approccio alle guerre americane, il Pentagono ha deciso di mantenere tutte le 11 portaerei della flotta. E, in più verrà ottimizzato l'arsenale della Guardia Nazionale: gli elicotteri d'attacco Apache in possesso delle truppe territoriali verranno trasferiti alle forze armate mentre i vecchi Black Hawk, elicotteri costruiti per trasportare le truppe, finiranno negli hangar della Guardia Nazionale.

Le preoccupazioni dei militari

Secondo il New York Times, che ha fatto uscire per primo la notizia, i capi di stato maggiore delle Forze Armate sono d'accordo con il piano di Hagel. Guardano al futuro, all'evoluzione dell'arte della guerra: azioni mirate nel conflitto asimmetrico contro i terroristi; potenza di fuoco nelle cyberwars, per difendersi dai potenziali (o già esistenti) nemici (vedi Cina), in grado di mettere in ginocchio una nazione moderna, dai trasporti alle reti idriche, dalle comunicazioni alla finanza, infiltrando le reti informatiche civili e militari.

Ma una così forte riduzione delle truppe può essere pericolosa. Se è vero che per Barack Obama significa sancire la fine del decennio Bush (Afghanistan e Iraq), è anche vero che questo cambiamento così radicale di strategia di sicurezza rischia, secondo alcuni esperti e analisti, di scoprire il fianco dell'America. Un esercito più mobile e moderno può essere un un'arma formidabile nelle guerre non convenzionali, ma nel caso, invece, che queste possano scoppiare, gli Stati Uniti si troverebbero in difficoltà. L'arsenale rimarrebbe quello, anzi, migliorerebbe, ma ci vorrebbero giorni per richiamare i riservisti e un grande sforzo logistico per trasportali sul teatro di guerra. Non sono obiezioni da poco.

Chuck Hagel ribatte che a fronte dei tagli, i soldati che rimarranno in servizio verrano meglio pagati (allo stato attuale c'è un grande numero di loro che sono costretti a ricorerere ai buoni pasto federali per mantenere le famiglie visto che la paga base di un non graduato si aggira attorno ai 23.000 dollari all'anno, poco sopra la soglia di povertà) e che potranno usufruire di maggiori benefits. Se questa può essere una buona carta per avere il consenso all'operazione da parte di chi rimarrà nelle forze armate, non lo è però per gli scettici e i dubbiosi, coloro che vedono più pericoli che benefici dal taglio degli effettivi.

Obama porta indietro l'orologio di 70 anni

Nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'esercito americano era composto da 6 milioni di persone. Cinque anni prima, i soldati erano 400.000, lo stesso numero che Barack Obama vuole raggiungere ora, 70 anni dopo. Tra una data e l'altra, in mezzo c'è stata la creazione dell'esercito più potente della terra, dal punto di vista numerico (la gara era con l'Urss), ma soprattutto dal punto di vista tecnologico. Di leva, fino alla drammatico esito della guerra del Vietnam, l'esercito Usa è poi diventato un'armata composta da professionisti, affiancati in caso di conflitto bellico dai riservisti.

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Nel 1952, all'epoca della Guerra di Corea, 1 milione e mezzo di americani erano sotto le armi, così come lo furono durante il Vietnam. L'ultima grande operazione bellica fu la guerra del Golfo del 1991, quando mezzo milione di soldati venennero mobilitati per combattere in Iraq. La potenza (numerica) dell'esercito Usa è rimasta invariata fino alla fine del secolo scorso.

Con l'11 settembre, tornano gli arruolamenti anche se la War on Terror viene combattuta in modo diverso rispetto al passato. Per l'invasione dell'Iraq del 2003, l'allora Segretario alla Difesa Ronald Rumsfeld impiega "solo" 150.000 soldati. Ora arriva la riduzione di Obama. Se guardiamo ai numeri degli effettivi, ora certe guerre sembrano lontane. Si torna indietro, agli anni'40. Quando l'America era un gigante che dormiva e che fu svegliato, come disse profeticamente l'ammiraglio Yamamoto, l'uomo che guidò l'attacco giapponese a Pearl Harbor.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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