Perché Obama è  molto deluso dalla vittoria di Netanyahu
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Perché Obama è molto deluso dalla vittoria di Netanyahu

Il no allo stato palestinese di Bibi e la trattativa con l'Iran i nodi principali. Sullo sfondo, il fallimento dell'amministrazione in questa area cruciale del mondo

Basterebbe raccontare un episodio per spiegare la delusione, quasi la contrarietà di Barack Obama alla vittoria di Benjamin Netanyahu nelle elezioni israeliane. Il presidente americano ha fatto sapere che telefonerà al leader del Likud per congratularsi solo quando verrà formato il nuovo governo. Non prima. John Kerry, il segretario di stato, l'ha già fatto, per cortesia diplomatica. Ma Obama, no.

Un rapporto sempre più gelido

Un segnale ben preciso. Il gelo continua. Anzi: si può dire che dopo l'uscita dei primi exit polls sia aumentato. Per ridimensionare la portata dell'affermazione di Bibi, Obama spera in un'ultima carta: la formazione di un esecutivo di unità nazionale tra il Likud e il centrosinistra di Herzog. Ipotesi piuttosto lontana. E'ancora Netanyahu a distribuire le carte. Proprio quello che Obama sperava non accadesse più.

Con Bibi ancora a capo del governo, Obama sa molto bene che la situazione non si sbloccherà. Tutti i problemi e le incomprensioni che ci sono state in questi anni tra i due governi sono destinate a rimanere, se non addirittura a crescere. Significativo il primo commento ufficiale della Casa Bianca dopo i risultati: è stato dedicato alla retorica anti araba usata da Netanyahu negli ultimi giorni di campagna elettorale. Un passaggio sottolineato in negativo dal portavoce di Obama: "siamo molto preoccupati".

In questo linguaggio, Obama vede la volontà del leader del Likud di abbracciare posizioni politiche ancora più radicali, incompatibili con la possibilità di arrivare a una soluzione del conflitto israelo-palestinese. Per gli Usa, Netanyahu ha messo un macigno sulla strada della pace quando ha detto agli elettori che con lui al governo non sarebbe mai sorto uno stato palestinese.

No allo stato palestinese

Per Obama - che ha puntato su di una politica di dialogo con entrambi le parti - questa frase significa che nessun progresso potrà essere fatto negli ultimi mesi del suo mandato. E che, con tutta probabilità, anche il suo successore avrà gli stessi suoi problemi. Non sappiamo ancora chi sia, ma se anche dovesse essere Hillary Clinton (vista con maggiore benevolenza a Gerusalemme rispetto a Obama), per lei le difficoltà non sarebbero inferiori.

E'dai tempi di Bill Clinton che i presidenti Usa hanno sposato la linea Due Popoli- Due Stati. Il muro messo (almeno adesso) da Benjamin Netanyahu rischia di essere invalicabile; l'obiettivo della diplomazia americana rischia di rimanere solo una chimera anche negli anni a venire.

Lo scontro sull'Iran

L'altra grande preoccupazione per Obama è l'Iran. Con questa vittoria, Netanyahu vede rafforzata la sua linea di assoluta intransigenza nei confronti degli ayatollah. Il primo ministro israeliano non vuole alcun accordo con Teheran sul nucleare civile perché pensa che possa spianare la strada alla costruzione della bomba atomica iraniana.

Il presidente Usa, al contrario, è sicuro che solo attraverso un'intesa internazionale si possa mettere sotto controllo il processo di acquisizione della tecnologia nucleare avviato dall'Iran.

Questa divergenza ha portato a un conflitto aperto tra Obama e Netanyahu, culminato con il discorso al Congresso degli Usa fatto dal primo ministro israeliano all'inizio di marzo. Invitato dai repubblicani, Bibi ha detto che la linea politica con l'Iran adottata da Obama è completamente sbagliata. Alla Casa Bianca tutto questo non è piaciuto. Molte polemiche e il rifiuto da parte di Obama di ricevere Netanyahu.

Visto a posteriori, si può dire che discorso a Capitol Hill, alla fine, lo abbia aiutato a vincere le elezioni. Netanyahu è andato a sfidare Obama sul suo terreno e poi ha raccolto i frutti di questa impresa in Israele.

Le prospettive del rapporto Obama - Netanyahu

L'episodio ha reso i rapporti tra i due ancora più gelidi. Difficile che possano migliorare nei prossimi mesi. Magari Netanyahu si mostrerà meno intransigente, in fondo la campagna elettorale è finita, ma è difficile pensare che ci possa essere un cambiamento sostanziale: tanto Obama è in via d'uscita dalla Casa Bianca. Per Bibi, si tratta di aspettare il suo successore e poi vedere chi sarà e se sarà possibile avere un rapporto migliore.

Obama è ben conscio del fatto che il suo tempo sta passando. All'inizio della sua avventura presidenziale, il conflitto israelo-palestinese era considerata una priorità. Non ha portato a casa nulla. Può essere che per colmare questo vuoto, il presidente Usa possa decidere di fare qualche passo importante e imprevisto come quello compiuto con Cuba.

Ma il terreno qui è veramente minato e allora, forse, l'ultima decisione di Obama potrebbe essere quella di prender atto del fallimento della sua politica mediorientale e di lasciare la palla al suo successore. Il quale, magari, riuscirà ad avere un rapporto migliore con Benjamin Netanyahu, il king maker della politica israeliana.




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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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