Barack Obama e l'eredità di Nelson Mandela
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Barack Obama e l'eredità di Nelson Mandela

Madiba, come per milioni di persone cresciute negli anni'80 e '90, è stato il grande ispiratore del presidente americano

Se c'è qualcuno che pensa di avere un grosso debito con Nelson Mandela, questi è certamente Barack Obama. Senza la sua ispirazione, senza il suo esempio, la sua storia sarebbe stata molto diversa. Quel giovane, timido attivista che tenne il suo primo discorso pubblico nel campus che frequentava nell'ambito di una manifestazione contro il regime razzista di Pretoria, non avrebbe mai fatto quel passo, non si sarebbe impegnato in una lavoro sociale dei sobborghi poveri di Chicago, non si sarebbe mai dato alla politica, non avrebbe scomesso sulla possibilità che le porte della Casa Bianca si aprissero per lui, se Nelson Mandela non fosse stato quello che è stato.

Lo ha riconosciuto egli stesso, nel tributo dato a Madiba poche ore dopo la sua scomparsa; nel breve, commosso discorso fatto nella sala stampa della Casa Bianca: "Il giorno in cui venne liberato dalla sua prigione compresi quali obiettivi un uomo può raggiungere se è guidato dalla speranza e non dalla paura."

 

Un'ispirazione che ha plasmato la sua vita politica negli ultimi 15 anni e che lo guida nella gestione del governo della prima superpotenza del mondo. I suoi consiglieri, sentiti dai media in questi giorni, hanno voluto enfatizzare  questo aspetto. Così come Mandela aveva scelto la via della riconciliazione e dell'ascolto delle ragioni dell'altro, Obama ha adottato lo stesso approccio: ha inserito nella sua amministrazione i rivali (Hillary Clinton), ha passato ore e ore a dialogare con gli avversari politici pur di trovare un accordo (i repubblicani), ha cercato in ogni modo la mediazione (Iran).

E'evidente che le differenze tra il Sud Africa degli anni'80 e '90 e gli Usa del 2008 sono abissali, le due situazioni non sono neppure paragonabili, ma la Casa Bianca ha voluto rimarcare questa vicinanza politica e culturale tra Obama e Mandela. Accanto al genuino omaggio al modello ispiratore, tra le pieghe, neanche  troppo nascosta, si vede la voglia della macchina di comunicazione dell'amministrazione di tracciare una linea ereditaria tra Madiba e Obama.

L'ascesa politica di Obama, il declino fisico di Mandela

E che ci sia un filo rosso che lega la figura del leader della lotta contro l'apartheid alla vicenda del primo presidente afroamericano nella storia degli Usa è innegabile: senza il primo probabilmente non avremmo mai avuto il secondo. O forse avremmo dovuto aspettare qualche decennio. Così come è indiscutibile che Mandela abbia ispirato Obama; ciò che appare più incerto è il fatto che l'attuale presidente possa esser considerato l'erede dello straordinario messaggio universale di Nelson Mandela.

I due si sono visti una sola volta, nel 2005. Un breve incontro, quando era senatore, una fotografia che Obama ha tenuto sulla scrivania. Ma la sua ascesa, le sua vittoria nelle presidenziali del 2008, ha corrisposto alla fase di declino fisico di Mandela , tormentato negli ultimi anni dai problemi di salute. Non c'è stato quindi un rapporto diretto tra i due, così come, invece, c'era tra Madiba e Bill Clinton: una relazione d'amicizia iniziata dopo la liberazione dalla prigione, proseguita durante gli anni '90 in cui i due guidavano i loro rispettivi paesi e andata avanti, poi, con la campagna di lotta contro l'Aids voluta in Africa dall'associazione fondata da Clinton.

Obama omaggia Mandela

Per recuperare questo gap, ma soprattutto per rimarcare il simbolismo del primo presidente afroamericano erede dell'uomo simbolo della lotta contro il razzismo, Obama ha compiuto alcuni gesti. Nello scorso giugno, nella tappa sudafricana del suo viaggio, quando le condizioni di salute di Nelson Mandela erano già gravi, il Numero 44 si è recato nella prigione di Robben Island, il luogo dove il leader dell'African National Congress passò 18 dei suoi 27 anni di detenzione.

 

Nella stessa occasione, Obama chiamò i famigliari di Mandela per chiedere informazioni sulle sue condizioni di salute. Due anni prima, invece, Michelle Obama era riuscita a incontrare un già malato Madiba nel suo viaggio in Africa con le figlie Sasha e Malia. Un omaggio, ma anche un'occasione per la First lady (e per la macchina della comunicazione dell'amministrazione) per evidenziare il diretto collegamento tra la Casa Bianca di Obama e la figura di Mandela.

 

I funerali di Mandela

Il viaggio che ora porterà Barack Obama  in Sud Africa per i funerali  sarà un'occasione per ripensare a quello che lui ha imparato dall'esempio di Madiba, ma anche il momento per fare i primi conti con la sua eredità. Che, è vero, pesa anche sulle sue spalle del presidente Usa. Rick Stengel, giornalista e scrittore, autore di un libro sulle similitudini tra il  leader sudafricano e il presidente Usa e da poco entrato a far parte dello staff del Dipartimento di Stato, ha scritto che "se la visione del mondo di Mandela era stata forgiata all'interno di un calderone di politiche condizionate dalla questione razziale, Barack Obama sta cercando di creare un modello di leader politico post razziale. In questo senso, qualsiasi cosa pensasse o non pensasse Mandela di Obama, il presidente è in qualche modo il suo erede sul palcoscenico mondiale."

Nelson Mandela è stato un simbolo, il cui messaggio universale ha plasmato e cambiato la storia dell'ultimo mezzo secolo. Barack Obama è (stata) un'icona mondiale, promessa di un cambiamento, il cui  appeal è ora in declino. Obama ha avuto molto da Nelson Mandela. Ispirazione, esempio, e già una parte di eredità. Ora deve mostrare come intende amministrare il resto del lascito.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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