L'Isis e le nostre legittime paure
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L'Isis e le nostre legittime paure

Gli assassini possono e vogliono colpirci, bisogna annientare con la forza la minaccia dell’esercito islamico

Quando il ministro della Difesa di un Paese articola in una lunga intervista il suo pensiero  su una materia che conosce a fondo, è giusto dargli retta e prenderlo molto sul serio.  Perché ha antenne e strumenti che la gente comune non possiede per decifrare ciò che  accade. Il ministro Roberta Pinotti ha così argomentato domenica 15 febbraio che "l’Italia  è pronta a guidare in Libia una coalizione di Paesi dell’area, europei e dell’Africa del  Nord, per fermare l’avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre  coste". Ha quindi aggiunto che bisogna sbrigarsi a intervenire per due motivi: perché  l’Onu pur avendo fatto passi avanti «non è giunto a una conclusione  che eviti alla Libia di cadere nelle mani dell’Isis" e perché "il rischio  (di un attacco per l’Italia, ndr) è imminente, non si può aspettare oltre.  L’Italia ha esigenze di difesa nazionale, di non avere il Califfato che  ci governa di fronte". Fino a concludere che «"non si può escludere"  che i terroristi possano arrivare con i barconi dei migranti. 

Solo due giorni prima, venerdì 13 febbraio, il ministro degli  Esteri aveva sottolineato: "L’Italia è certamente minacciata dalla  situazione in Libia: siamo pronti a combattere nel quadro della legalità  internazionale, non possiamo sottovalutare la minaccia". Tutto  questo veniva detto poche ore prima che venisse diffuso il video di  21 cristiani egiziani orrendamente sgozzati su una spiaggia libica davanti alla Sicilia dai macellai dell’esercito islamico e mentre a  Copenhagen un "lupo solitario" seminava terrore e morte per la città. 

Ma perché allora, se la cornice degli eventi e dell’escalation  della minaccia contro il nostro Paese fino a domenica 15 febbraio  era questa, il presidente del Consiglio ha clamorosamente sconfessato  i suoi ministri lunedì 16 febbraio invocando "saggezza" ed  evitando "isterismi" sulla questione libica? Erano dunque avventate  e irresponsabili le dichiarazioni dei ministri della Difesa e degli Esteri  che già erano entrati nei dettagli operativi di una missione militare? 

È bene essere molto chiari. Ci si può azzuffare sulle panzane legate all’economia o sulla lettura falsata di un dato sull’incremento  dei posti di lavoro, ma su questioni di sicurezza nazionale no. Qui c’è di mezzo la nostra vita, tanto per capirci. I tagliagole, i "lupi solitari", insomma gli assassini, possono e vogliono colpirci. Il franchising  del terrore ha già ripetutamente chiamato gli adepti in Italia affinché si inauguri una  succursale di morte anche da noi, come avvenuto di recente in Francia e Danimarca.  È il turno dell’Italia, lo vogliamo capire? Ci sono 1.639 chilometri di costa in Sicilia  che rappresentano l’ideale porta d’ingresso dei terroristi (ammesso che ciò non sia già  avvenuto, come paventato dal ministro della Difesa): è una immensa porta spalancata. 

Il sondaggio realizzato da Panorama ci dice che  otto italiani su dieci ritengono l’avanzata dell’Isis una reale minaccia per l’Italia e che  la maggioranza è convinta che bisogna annientare con la forza la minaccia dell’esercito islamico. Non siamo un popolo di isterici, caro Renzi. Tu prova a non sottovalutare le  nostre legittime paure. Perché altrimenti saresti un irresponsabile. 

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Giorgio Mulè