L'ultima vittima dell'attacco di Bengasi: Susan Rice
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L'ultima vittima dell'attacco di Bengasi: Susan Rice

In pole position per prendere il posto di Hillary Clinton al Dipartimento di Stato, l'attuale ambasciatore alle Nazioni Unite è al centro delle polemiche a causa delle sue dichiarazioni dopo l'attentato in Libia. I repubblicani promettono di bloccare la sua nomina.

Barack Obama è ben consapevole che, se mai dovesse decidere di indicarla come colei che siederà sulla poltrona di Segretario di Stato, Susan Rice si troverebbe di fronte a un fuoco di fila del Congresso. I repubblicani le hanno dichiarato guerra . In lei, vedono il punto debole, il fianco scoperto su cui affondare il primo colpo contro il presidente all'inizio del suo secondo mandato. Il rappresentante diplomatico americano all'Onu è al centro delle polemiche per le sue dichiarazioni sull'attacco contro il consolato statunitense a Bengasi che ha portato all'uccisione dell'ambasciatore Stevens e di altri tre cittadini americani.

"Spedita" in televisione al posto della Clinton subito dopo quel drammatico fatto, Susan Rice affermò che non si trattava di terrorismo, ma di una rivolta spontanea causata dal film anti islamico prodotto negli Usa che stava infiammando il mondo musulmano. Da quando si è scoperta la verità - e tutte le negligenze dell'amministrazione Obama - per queste parole, la Rice è nel mirino dei repubblicani.

John McCain, il candidato del GOP quattro anni fa, ha invitato la diplomatica a chiedere scusa e ha annunciato che farà di tutto in Senato per bloccare la sua eventuale nomina. La sua iniziativa è stata seguita da 97 deputati (un quarto dei parlamentari repubblicani), i quali hanno lanciato una vera e propria campagna contro di lei.

Susan Rice si è difesa. In una lettera ha specificato che le sue affermazioni di allora erano il frutto dei rapporti dell'intelligence. Mi sono attenuta seccamente e strettamente alle informazioni ricevute - ha scritto -  e ho subito messo in chiaro che si trattava di notizie parziali e preliminari. Parole che non serviranno a far diminuire il livello di polemiche nei suoi confronti.

I repubblicani non sembrano essere intenzionati a fare sconti alla Rice e ora Obama deve valutare se andare allo scontro con i repubblicani al Congresso, con la possibilità però di mettere a repentaglio un'intesa con loro sulla riforma fiscale, oppure se abbandonare l'ambasciatrice al suo destino e nominare al posto della Clinton, John Kerry, il candidato dei democratici nel 2004. In questo secondo caso, eviterebbe un pericoloso braccio di ferro con il GOP, ma rischierebbe di apparire subito come un presidente debole, incapace di gestire i rapporti di forza con il Campidoglio.

Comunque sia, in questo momento, l'astro di Susan Rice sembra essere in declino. Non particolarmente amata all'interno dell'amministrazione a causa del carattere burrascoso, l'ambasciatrice - che finora ha goduto dei benefici del rapporto d'amicizia personale con il presidente - potrebbe essere sacrificata sull'altare di una politica di dialogo  di Obama nei confronti del Congresso. Bisognerà vedere se i repubblicani si accontenteranno della preda.

Per molti di loro, l'Affare Bengasi ha le potenzialità di un scandalo in grado di infliggere dure colpi al presidente. La deposizione di David Petraeus davanti alla commissione, l'accusa di modifiche al rapporto iniziale della Cia, la gestione non particolarmente trasparente da parte dell'amministrazione sono tutti elementi che inducono i membri del GOP a dire che Obama potrebbe avere il suo Benghazi Gate. Susan Rice sarebbe la prima vittima (politica) di questo scandalo.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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