Il mancato blitz per liberare Foley: un altro fallimento dell'intelligence Usa
Soldati americani in azione (Getty Imagines/ Joe Raedle)
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Il mancato blitz per liberare Foley: un altro fallimento dell'intelligence Usa

Il Pentagono rivela di aver tentato di liberare l'ostaggio, ma di non esserci riuscito - La mail inviata da Isis alla famiglia del reporter

Il tentativo del Pentagono di liberare James Foley e altri ostaggi statunitensi è stata un'operazione in grande stile condotta nei primi giorni di luglio, ma è miseramente fallita perché le informazioni a disposizione degli americani erano sbagliate: gli ostaggi non erano nel luogo indicato. Un fallimento dell'intelligence, l'ultimo di una lunga fila di clamorosi errori da parte della Cia.

La missione ai primi di luglio

La missione è stata portata avanti dalle truppe speciali che ai primi di luglio sono atterrate vicino a Raqqaq in Siria, una delle roccaforti dell'Isis. Sul terreno sono scesi almeno una trentina di soldati, appoggiati da altre squadre di riserva che si trovavano a bordo di elicotteri che volteggiavano nei pressi del punto della missione e di un AC.130, un aereo cargo n questo caso modificato, armato con cannoncini e attrezzato con speciali attrezzature elettroniche.

Un'operazione più articolata rispetto a quella che nel 2011 portò all'eliminazione di Osama Bin Laden. Per questo, il numero dei mezzi e dei soldati impiegati in questa occasione è stato superiore. Nella fase di preparazione liberare gli ostaggi dell'Isis è stato ritenuto molto più pericoloso che andare a stanare e uccidere il capo di Al Qaeda. E a ragione. Quando i soldati americani sono scesi dagli elicotteri hanno trovato decine di militanti islamici ad aspettarli.

Non era una trappola. Gli alti comandi del Pentagono erano ben consci del fatto che Raqqah fosse piena di uomini dell'Isis. Nella battaglia che è seguita un americano è rimasto ferito, mentre i miliziani uccisi sarebbero stati una quindicina. Le forze speciali si sono rititare quando hanno capito che gli ostaggi che cercavano non erano lì. Era il secondo blitz americano in Siria (il primo è stato fatto nel 2008 per uccidere un terrorista iracheno), ed è andato molto male.

Un fuga di notizie

Proprio per questo, è stato lo stesso Pentagono a rivelarlo. Ha voluto giocare d'anticipo: alcuni giornali stavano per pubblicare la notizia. L'amministrazione Obama ha cercato così di gestire la situazione di fronte all'ennesimo fallimento. Ma è probabile che le polemiche scoppino lo stesso.

Il blitz è stata deciso dopo che l'Isis aveva chiesto 100 milioni di dollari per la liberazione di James Foley e la Casa Bianca aveva respinto la richiesta. C'era un ultimatum e gli americani volevano liberare l'ostaggio.

L'operazione è andata male. Foley è rimasto nella mani dell'Isis ed è stato poi ucciso. E'la stessa sorte che capiterà agli altri ostaggi se i raid aerei americani non termineranno, hanno già detto i terroristi islamici.

Il fallimento del blitz è il simbolo del fallimento dell'intelligence americano in Siria, in Iraq e più in generale nell'intero Medioriente. La Cia non ha più “antenne” sul terreno. La guerra contro il terrorismo si fa ormai dall'alto, con i droni che sorvegliano e colpiscono gli obiettivi decisi a Washington, a decine di centinaia di chilometri di distanza dal luogo dove colpiscono.

Questa mancanza di agenti della Cia sul terreno ha comportato non soltanto il fallimento dell'operazione per liberare Foley, ma più in generale una sottovalutazione del fenomeno Isis. Ora gli Usa sono di fronte alla peggiore minaccia da una decina di anni a questa parte, ma non hanno più o ancora tutti gli strumenti per combatterla

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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