Ecco ciò che ho fatto quando la polizia ha ucciso mio figlio
la polizia schierata a Ferguson (Getty Imagines/ Scott Olson)
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Ecco ciò che ho fatto quando la polizia ha ucciso mio figlio

Un soldato in pensione, il figlio ucciso da un poliziotto. La lotta di un padre per cambiare le leggi del Wisconsin. Una testimonianza nei giorni di Ferguson

La rivista Politico ha pubblicato la storia di un padre che lottato per avere giustizia dopo l'uccisione del figlio da parte di un poliziotto. Dieci anni di battaglie legali e pubbliche prima di raggiungere l'obiettivo: ora il Wisconsin è il primo stato degli Usa ad avere una legge che permette a un cittadino di appellarsi alla magistratura per un'inchiesta indipendente nel caso di uso sproporzionato della forza da parte della polizia.

Il racconto

"Dopo che la polizia aveva sparato a mio figlio di 21 anni fuori dalla sua casa a Kenosha, in Wisconsin, dieci anni fa - per poi dire che si era trattato di un tentativo di crimine da parte sua -  mi si avvicinò un afro americano e mi disse "Se si permettono di sparare come a un cane contro un ragazzo bianco, immagina cosa succede a noi neri..."

Posso immaginarlo facilmente, come lo può fare il resto della nazione, ora che guarda le terribili immagini che arrivano da Ferguson dopo l'uccisione di Michael Brown. Venerdì, dopo una settimana di attesa, la polizia ha indicato il nome del poliziotto che ha sparato a Brown, anche se la dinamica di quello che è accaduto non è ancora del tutto chiara.

Io so da dieci anni il nome del poliziotto che ha ucciso mio figlio Michael. E'ancora in servizio a Kenosha.

Non è solo razzismo

Sì, ci sono delle buone ragioni per le quali si può pensare che un parte degli omicidi ingiustificati che la polizia compie negli Stati Uniti abbia come vero movente il razzismo. Ma non si tratta solo di quello. Secondo me gli americani non hanno ancora fatto i conti con l'incredibile impunità di cui godono i dipartimenti di polizia e di quanto questa abbia effetti sulle nostre vite, a dispetto dell'etnia o della razza di cui facciamo parte.

Perché se un giovane biondo con gli occhi azzurri - come era mio figlio - è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa mentre era sdraiato per terra con le mani legate dietro la schiena, di fronte a cinque testimoni oculari, tra cui la madre e la sorella, ed era figlio di un tenente colonnello dell'Air Force - cioè io -  in pensione dopo aver servito il paese durante tre guerre, e nessuno di noi ha potuto fare nulla per impedirlo, penso che nessun altro americano, bianco o nero che sia, avrebbe potuto fare qualche cosa per salvarlo.

Ricevetti quella chiamata telefonica alle 2 di notte del 9 novembre del 2004. Era la mia figlia più grande. Mi disse, devi venire all'ospedale al più presto possibile: la polizia ha sparato a Michael. La mia prima reazione fu: "Michael non farebbe mai nulla di così grave da costringere la polizia a sparargli contro". Pensavo l'avessero colpito a una gamba o un braccio. Quando arrivai vidi il magistrato contornato da cinque agenti di polizia. E vidi per l'ultima volta miio figlio. Era su di una barella, con un ascuigamano attorno alla testa, tutto macchiato di sangue.

Più tardi venni a sapere che l'agente che aveva sparato aveva messo la pistola vicino alla tempia di Michael, l'arma si era inceppata, l'aveva ricaricata e poi aveva fatto fuoco.

Un'inchiesta farsa

All'inizio, la mia reazione fu quasi sommessa, mentre mia moglie e mia figlia urlavano. Loro avevano visto tutta la scena. Io, come ex ufficiale dell'Air Force, pensavo che ci sarebbe stata un'inchiesta e che la verità sarebbe emersa. Quarantotto ore dopo, la polizia mi fece pervenire un messaggio: si era trattato di un tentativo di crimine da parte di Michael. I risultati dell'inchiesta in 48 ore? Non avevano raccolto le deposizioni dei testimoni oculari. E, la prova del Dna aveva dimostrato che mio figlio non teneva in mano alcuna pistola, come invece continuava a sostenere uno degli agenti che era stato coinvolto nella sua uccisione.

L'agente che ha ucciso mio figlio, Alberto Gonzales, non solo continua a rimanere in servizio dieci anni dopo, ma è stato anche promosso a capo istruttore con incarichi in altri stati degli Usa, nonostante il Chicago Tribune abbia detto che a suo carico  ci siano  prove documentate di cattiva condotta e di uso sproporzionato della forza.

All'inizio, io mi fidavo dell'inchiesta e non sono mai intervenuto fino a quando non ho capito che era solo una farsa. Tempo dopo ho scoperto che volevano coprire tutto e che il magistrato era connivente con i poliziotti. Era stato appoggiato da loro durante la campagna per l'elezione a Procuratore Distrettuale e conosceva ogni agente della contea. Il suo era un chiaro conflitto d'interessi.

La versione della polizia sosteneva che Michael avesse tentato di prendere la pistola a un agente dopo che era stato fermato per circostanze non ancora chiare (poteva essere lievemente sotto l'effetto dell'alcol). Gonzales allorà lo colpì con un colpo di pistola sparato così vicino alla tempia che rimase il segno della canna dell'arma.

Michael, per altro, quella sera non guidava neppure la sua macchina. Era fuori con un ragazzo che era l'autista designato della serata, ma che non riuscì a mettersi al volante perché era troppo ubriaco per farlo.Così, al volante si sedette mio figlio.

Decidemmo di assumere un investigatore privato, il quale, alla fine, lavorò con un funzionario di polizia che era andato in pensione. Scoprimmo molte cose: per esempio che il poliziotto che sosteneva che Michael volevesse prendergli la pistola, l'aveva invece lanciata in una vettura, rompendo il finestrino. Attraverso il racconto dei lettighieri che erano giunti sul posto, scoprimmo anche che i poliziotti stavano litigando tra di loro su quello che era successo dopo che avevano sparato a mio figlio. Raccogliemmo un dossier di più di mille pagine.

La campagna per la nuova legge 

Ci vollero sei anni per la causa civile. Alla fine, venimmo riserciti con un milione e 750.000 dollari. Ma io non ero soddisfatto. Decisi di utilizzare la mia parte del denaro e anche i miei risparmi per una campagna contro l'impunità della polizia. Non volevo che ciò che era accaduto a me accadesse anche ad altri.

 Facemmo le nostre ricerche. In 129 anni, da quando era stato creato il corpo di polizia, nessuna commissione d'inchiesta aveva mai giudicato ingiustificata l'uccisione di una persona da parte di un poliziotto. C'era stato solo un caso, nel 2005, dove un giudice, dopo che alcuni cittadini avevano portato nuove prove, aveva deciso di mettere sotto inchiesta un funzionario di polizia. La municipalità di Milwaukee aveva deciso di trovare un accordo riservato con la parte lesa. L'agente incriminato si era suicidato

La questione era che in decenni e decenni mai nessuno si era presa la briga di andare a fondo.

Così, con l'aiuto di altri famigliari di vittime degli abusi della polizia, decisi di lanciare un campagna pubblica per un nuova legge in Wisconsis che permettesse a un cittadino di appellarsi alla magistratura per un'inchiesta indipendente nel caso di uso sproporzionato della forza da parte della polizia.

All'inizio contattai chiunque. Il governatore, il procuratore distrettuale, quello federale, ogni ufficio dell'Associated Press di questo paese, Oprah, ogni rivista e ogni agenzia di stampa nazionale: nessuno mi rispose.

Lo fece però Frank Serpico, il famoso poliziotto di New York. Che decise di aiutarmi. Io potei così usare il suo endorsement per andare avanti con la campagna. Feci produrre pagine di pubblicità per i giornali e spot per la televisione e le radio. "Se la polizia uccide, può indagare su se stessa ?"  diceva lo slogan.

Finalmente qualche cosa si mosse anche a livello di parlamento del Wisconsin. Era l'estate del 2012. Grazie all'aiuto di due uomini politici dello stato, il repubblicano Gary Bies e il democratico Chris Taylor, nell'aprile di quest'anno siamo riusciti a far approvare una legge che (prima e unica negli States) permette a un organismo indipendente di indagare sui casi di morte in cui sono coinvolti dei poliziotti. Dieci giorni dopo l'approvazione della legge, un uomo venne ucciso da alcuni agenti  mentre era sdraiato sulla panchina di un parco. Fu colpito da 15 colpi di pistola. Fu il primo caso preso in esame dalla nuova legge.

Io non sono contro la polizia. Ci sono stati molti bravi agenti che hanno appoggiato la nostra legge, così come hanno fatto cinque associazioni sindacali. Ma credo anche che i giorni dello sceriffo Andy Griffith (l'eroe buono della serie televisiva) siano ormai finiti. Come possiamo vedere in questi giorni a Ferguoson, la polizia è molto più equipaggiata, armata e militarizzata. Si va verso la costituzione di un corpo paramilitare. Questi cambiamenti hanno bisogno di trasparenza e di essere regolati per il bene dei cittadini americani."

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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