Dave, l'arma di Obama e di Monti
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Dave, l'arma di Obama e di Monti

Ritratto di David Axelrod, l'uomo che ha fatto vincere due elezioni a Barack Obama e, prima di lui, a tutti i candidati a cui si è dedicato. Ce la farà col Professore?

Fin dall'inizio sono stati una coppia perfetta: entrambi uomini di grande talento e di grande passione per la politica, avevano caratteristiche complementari. L'uno, il candidato, aveva voglia e necessità di far emergere le sue qualità per avere consenso; l'altro, il consigliere, aveva il dono naturale di riuscire a mettere nelle migliore luce (elettorale) possibile le virtù del cavallo (politico) su cui aveva puntato.

Barack Obama non sarebbe mai stato Barack Obama se non avesse incontrato sulla sua strada questo alto, dinoccolato, geniale, consulente elettorale, dallo sguardo carico di nostalgia e dalla battuta sferzante sempre pronta. David Axelrod riceveva quattro o cinque lunghe telefonate al giorno dall'allora candidato per uno scranno da senatore degli Stati Uniti. Un rapporto quasi simbiotico, iniziato nel 2003, basato non solo sulla condivisione dell'obiettivo (vincere quelle elezioni), ma anche su di una stessa visione del senso dell'impegno nella Cosa Pubblica: modificare lo stato delle cose.

Nato da una famiglia liberal di origini ebraiche nel Lower East Side di New York, figlio di una giornalista e di uno psicologo (che si toglierà la vita quando nel 1977), David Axelrod cresce con accanto tutti gli strumenti (culturali) che gli serviranno poi nella sua brillante esperienza di consulente e consigliere politico. Approda all'Università di Chicago e dopo la laurea inizia la sua carriera di cronista politico nell'importante quotidiano locale: The Chicago Tribune. Lo lascerà perché - dirà in seguito - quel giornale aveva perso la sua spinta idealista.

Lui, vuole mettere la sua (e la sua notevole esperienza e mole di contatti) al servizio dei politici democratici della città prima e dello stato poi. Fonda una società di consulenze e fa ottenere un secondo mandato a Harold Washington, il primo sindaco nero di Chicago. In effetti, Axelrod si specializza nel fare vincere candidati afroamericani in zone a maggioranza bianca. Sarò così per Denis Archer a Detroit e Michael R. White a Cleveland.

Diventa una figura centrale a Chicago grazie anche alle sue consulenze per Richard M. Daley, l'ex sindaco, potentissimo personaggio e per il rapporto che instaura con Rahm Emanuel, rampante ex uomo d'affari datosi alla politica, ora lui, primo cittadino di Windy City. Lo aiuterà a diventare deputato al Congresso nel 2006 e lo ritroverà nell'ufficio accanto alla Casa Bianca, con Obama, quando Emanuel diventa capo dello staff e Axelrod capo della comunicazione.

Dopo tutti questi successi del Re Mida dei consulenti elettorali, dopo averlo fatto arrivare alla poltrona di Senatore degli Stati Uniti, Barack Obama ritrova David Axelrod nelle primarie per le presidenziali. Per l'ex giornalista, a un certo punto, si crea una situazione imbarazzante: si rende conto di essere stato in passato il consulente di tutti i candidati, compresa Hillary Clinton. Per un attimo pensa di lasciare, ma poi la portata della sfida politica e professionale (fare eleggere il primo presidente afroamericano nella storia degli Usa) ha la meglio. C'è lui dietro lo slogan Change, suoi sono i temi dei discorsi del candidato; dalla sua mente nascono gli spot pubblicitari più azzeccati della campagna di Obama nelle primarie prima e nelle presidenziali poi.

Instancabile e sempre trafelato, l'ex giornalista dirige l'orchestra che porterà la sua "creatura" a Washington. Capisce che uno dei fattori vincenti può essere la mobilitazione della base e dei giovani. Aveva visto giusto ancora una volta.

Per tre anni sarà accanto a Obama alla Casa Bianca. Come consigliere politico e come capo della comunicazione. Non c'è strategia adottata, non c'è scelta che il presidente abbia preso senza consultarsi anche con lui. Più capace (forse) a gestire le campagne elettorali che la comunicazione istituzionale, più tentato a mostrare al grande pubblico la sostanza delle decisioni assunte dalla Casa Bianca che, invece, semplicemente volerle venderle come un mero prodotto (mediatico), David Axelrod è stato comunque abile nel creare l'immagine della presidenza Obama e tenere botta quando i sondaggi davano in picchiata il consenso per lui.

Ed è stato anche un ottimo mediatore tra le parti, quando la tensione tra i corridoi della West Wing era palpabile. Così, come ha dovuto anche intervenire a volte per limitare i danni degli scontri tra Michelle e gli altri principali consiglieri di Obama (come quando la First Lasy si lamentò dell'atteggiamento di Rahm Emanuel durante le trattative per la riforma sanitaria e la debolezza della risposta mediatica della Casa Bianca agli attacchi dei repubblicani).

Sicuro della seconda vittoria, il principale consigliere politico di Barack Obama è tornato a Chicago un anno prima delle elezioni per rimettere in moto la macchina di propaganda elettorale. Se c'è un artefice del successo dello scorso 6 novembre è ancora una volta lui. Ma questa volta non si fermerà a Washington. Ha deciso di istituire un centro studi politici a Chicago e diventare consulente politico di lusso per coloro che lo chiameranno. L'altro giorno, Obama, ha detto una frase: "Sarò più solo in questa enorme palazzo". Tutti sapevano che si riferiva alla partenza di David Axelrod. Ax, l'Ascia, come l'ha sempre chiamato. E ora, quest'"arma" verrà usata da altri.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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