Chi twitta al posto di Barack Obama ?
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Chi twitta al posto di Barack Obama ?

Milioni di followers pensano di seguire lui, ma in realtà non è così.

I 22 milioni di persone sparsi per il mondo, i followers di Twitter di Barack Obama, in realtà non seguono lui, non scambiano messaggi con il presidente, ma comunicano con un'organizzazione che è nata come strumento di propaganda e di raccolta fondi per la politica della Casa Bianca. Niente di illegale, o di scandaloso, almeno per le leggi americane.

Anzi, la nascita di Organizing For Action era stata resa pubblica nelle scorse settimane, e i più accorti lo hanno sottolineato, ma il fatto che non tutti siano consapevoli che il loro account sia finito lì, a disposizione di un'organizzazione indipendente - seppur collegata con Obama - (la quale possiede così di un formidabile database) e non dello staff della presidenza degli Usa che si occupa(va) dei Twitter del Numero 44, pone alcuni problemi, anche di natura etica.

Vinte le elezioni, il presidente e il suo staff decidono che devono avere uno strumento per comunicare con gli elettori, per indirizzarne le scelte, per spiegare le nuove campagne dalla Casa Bianca (la battaglia sul budget, sul controllo delle armi e sulle energie rinnovabili), e per raccogliere fondi che permettano di propagandare la politica della presidenza ben oltre i già importanti canali istituzionali di cui beneficia Barack Obama.

Sul modello di Crossroads GPS di Karl Rove (l'architetto delle vittorie di G.W. Bush), nel gennaio del 2013 nasce così Organizing For Action, la struttura che, nelle intenzioni, servirà a diffondere il Credo di Obama nella società americana: una vera e propria macchina lobbistica al cui capo vengono messi Jim Messina e Jon Carson, due tra i più importanti strateghi della campagna elettorale appena vinta.

L'OFA viene creata come organizzazione non profit: non può quindi appoggiare specifici candidati (ma Obama non lo è più), può fare opera di pressione sui politici su determinate questioni sociali ed è regolata dal famoso articolo 501(c)(4) del normativa fiscale degli Stati Uniti, quello che permette di raccogliere fondi illimitati e anonimi. I democratici non faranno mistero di voler raggiungere presto l'obiettivo di 50 milioni di dollari.

In questo caso, però, il numero di donatori sarà ristretto e potrà beneficiare di un particolare rapporto con il presidente. Si va dai 50.000 dollari versati per partecipare a una cena in un albergo di Washington, ai 500.000 dollari per avere accesso direttamente a lui alla Casa Bianca.

Le critiche per l'operazione arrivano da più parti. Bob Egdar, ex deputato democratico e presidente di Common Sense, un osservatorio sui costi della politica negli Stati Uniti esprime un giudizio negativo. "Secondo me si tratta di un passo nelle direzione sbagliata - dice durante un'intervista a un network radiofonico - avrebbero dovuto chiamarla 'Organizzazione per un campagna elettorale perpetua'.".

L'OFA prende in mano anche tutta la comunicazione di Barack Obama attraverso i social network. E questo, come spiega un lungo articolo di The Atlantic Wire, crea già un precedente: nessun politico in carica aveva demandato a un gruppo esterno alle istituzioni la sua comunicazione politica in rete. Ora, è vero che Organizing For Action è collegato al presidente, ma dal punto di vista legale, tra i due soggetti non ci sono rapporti. In questo quadro, la questione di Twitter diventa emblematica.

L'OFA gestisce l'account Twitter per conto di Barack Obama. Magari non tutti, ma almeno buona parte dei 22 milioni di followers pensa di comunicare quantomeno con la Casa Bianca, e invece segue  messaggi che vengono dati da un gruppo di volontari dell'organizzazione. E'vero che l'ultimo twitter firmato "direttamente" da Obama con la sigla BO è stato il giorno dell'inaugurazione del secondo mandato, ma è anche vero che dopo aver comunicato con un ambiguo messaggio il passaggio del testimone, l'OFA ha continuato a usare l'account di Obama. Quanti se ne sono accorti del "cambiamento di gestione"?

A queste critiche, l'Organizzazione risponde dicendo che per anni, il Twitter del Presidente è stato maneggiato da Obama for America, la struttura creata per la campagna elettorale del 2012 e nessuno ha mai detto nulla. Ma forse è proprio questo il tema: la differenza tra una comunicazione istituzionale via Twitter del presidente e una invece fatta dal presidente candidato per il secondo mandato.

In realtà, Barack Obama, con Organizing For Action, si pone come se fosse in una sorta di perenne campagna elettorale. E usa il contenitore OFA per dire cose che da presidente non dice, o dice in un altro modo. Basti pensare alla trattative sul budget con i repubblicani. Da una parte c'è l'Obama che invita al dialogo e dall'altra c'è la sua macchina di propaganda che sprona gli elettori a mandare mail e messaggi al Congresso affinché accettino le proposte del presidente.

Comunque sia, se rimaniamo a Twitter, saranno i followers a decidere se per loro fa differenza o no sapere che dall'altra parte non c'è il presidente. Qualsiasi egli (Obama) sia.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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