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ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Liberati gli italiani rapiti in Libia

Bruno Cacace, Danilo Calonego e il collega canadese, sequestrati il 19 settembre scorso ai confini con l'Algeria, sono tornati a casa

Post in aggiornamento

5 novembre 2016

Liberi dopo un mese e mezzo di prigionia i tre tecnici della Con.I.Cos rapiti a Ghat in Libia lo scorso 19 settembre. Danilo Calonego, Bruno Cacace e l'italo-canadese Frank Poccia - barbe lunghe e volti provati - sono rientrati questa mattina in Italia e sono stati ascoltati per oltre sette ore dalla procura di Roma.

"Siamo stati rapiti per errore, da criminali comuni", hanno detto i tre ai magistrati, sostenendo di non aver subito violenze. Soddisfazione è stata espressa dal capo dello Stato, Sergio Mattarella e dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

Un errore

Calonego, Cacace e Poccia erano stati bloccati da un gruppo armato la mattina del 19 settembre mentre viaggiavano su un'auto con l'autista che fungeva anche da scorta. Quel giorno era in programma la consegna dei lavori dell'aeroporto di Ghat eseguiti dalla Con.i.Cos., alla presenza di alte autorità libiche e del responsabile di Tripoli della società italiana, con sede a Mondovì (Cuneo). Secondo quanto riferito dai tre ai magistrati, i sequestratori - che potevano contare sulla complicità di un basista - erano certi che sulla vettura ci fosse proprio il manager con la valigetta contenente il denaro relativo all'ultimo pagamento dei lavori, il vero obiettivo dell'azione. Accortosi dell'assenza del soggetto ("ma non è lui", ha detto uno della banda), il gruppo avrebbe scelto comunque di provare a 'monetizzare' l'azione rapendo i tecnici.

L'uomo forte

 A quel punto entra in gioco uno dei personaggi chiave della vicenda, il cosiddetto sindaco di Ghat, Komani Mohamed Saleh, uomo forte di quel territorio tribale dominato dall'etnia tuareg, che dice subito di conoscere i rapitori, criminali comuni già autori di altri reati nella zona. È lui a comunicare la notizia del rapimento ed è sempre dalla municipalità della cittadina libica - teoricamente alleata del Governo di accordo nazionale di Fayez al Serraj - che partono accuse a Tripoli di non fare abbastanza. Intanto, arriva dall'Italia un team dell'Aise per seguire da vicino le operazioni: gli 007 restano in Libia per tutto il tempo. Si apre cosi' una 'doppia partita' per far lavorare concordemente Tripoli e Ghat verso l'obiettivo della liberazione. Le autorità locali creano una task force apposita per seguire le indagini

Sempre con gli stessi rapitori

Intanto, i rapitori - criminali comuni senza matrice religiosa, infatti bevevano e non pregavano, come hanno riportato gli ex ostaggi ai magistrati - cambiano quattro covi nelle prime quattro notti. Un fatto che sembrerebbe confermare che il rapimento non era stato pianificato. Il quinto giorno vengono trasferiti in un appartamento dove nella tarda serata di ieri è avvenuta la liberazione, a 300 km da Ghat. Con il coordinamento delle forze di sicurezza del Consiglio presidenziale della Libia di Serraj.

Rapitori sotto pressione

 Sulla dinamica della liberazione non tutto è chiaro. C'è chi ha parlato di blitz, ma è impossibile che un'operazione cosi' rischiosa potesse avere l'avallo delle autorità italiane. Il team Aise ha infatti seguito passo passo la vicenda concordando le azioni da fare con i libici. Appare invece verosimile che le autorità di Ghat possano aver ottenuto, da parte del Governo di Tripoli, soddisfazione delle loro richieste in termini di mezzi e riconoscimenti. C'è quindi stata una forte pressione sul gruppo dei rapitori che avrebbe portato alla liberazione degli ostaggi. Come sempre, in questi casi, si diffondono notizie incontrollate. I siti Libya Herald e Libya Observer, di dubbia attendibilità, parlano di riscatto pagato in seguito ad un accordo raggiunto con i rapitori. "Queste cose non le sapremo mai", ha tagliato corto Simona, la figlia di Calonego. (ANSA). 

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12 ottobre 

"Riscatto o consegna degli ostaggi a una cellula di Aqim e all'Isis". Ben 4 milioni di euro sono stati richiesti per i tre rapiti il 20 settembre vicino Ghat, nel sud della Libia. Bruno Cacace e Danilo Calonego lavorano come tecnici alle dipendenze di un'azienda italiana presso l'aeroporto di Ghat. I due italiani sequestrati in Libia insieme a un canadese il mese scorso sono presumibilmente nelle mani di un gruppo guidato da un algerino legato ad al-Qaeda nel Maghreb (Aqmi). Questo è quanto hanno rivelato fonti della sicurezza algerina al sito web Middle East Eye.

"Il gruppo è composto di libici e algerini ed è guidato da un algerino, di nome Abdellah Belakahal. Secondo le fonti, le autorità locali, che hanno stretti contatti con le tribù di Tuareg e Toubou della regione, sono state sollecitate dall'Italia affinché siano facilitati i negoziati con i rapitori. La fonte della sicurezza algerina ha aggiunto che il gruppo di Belakahal ha minacciato di "consegnare gli ostaggi a una cellula di Aqim e all'Isis". Il gruppo avrebbe chiesto, oltre al riscatto, anche il rilascio di due detenuti, tra cui il fratello di Belakahal, che e' in carcere per traffico d'armi. Secondo Middle East Eye i negoziati sono condotti da tribù libiche come Mediatori: il negoziato è "sostanzialmente avanti" e gli ostaggi dovrebbero essere "rilasciati presto".


22 settembre

"I due italiani rapiti nel sud-ovest della Libia sono stati sequestrati da una banda criminale e dietro c'è l'impronta di al Qaeda". Lo ha affermato il colonnello Ahmed al Mismari, portavoce delle Forze armate libiche legate a Khalifa Haftar, il generale di Tobruk, secondo quanto scrive il portale Alwasat. L'ufficiale è intervenuto sulla vicenda dei due tecnici italiani e del loro collega canadese, rapiti lunedì scorso nel sud della Libia, spiegando che "il sequestro è stato compiuto da una banda criminale, tuttavia per come è stato eseguito i segni sono quelli lasciati solitamente dall'organizzazione di al Qaeda".

- LEGGI ANCHE: Italiani rapiti in Libia, un sequestro a fini di lucro

Nei giorni scorsi, il Consiglio comunale di Ghat ha escluso che i due italiani rapiti siano stati sequestrati da terroristi, ritenendo che siano nelle mani di un gruppo fuorilegge già noto alle autorità. Le formazioni armate attive nella zona sono molteplici. Ci sono i guerriglieri di Al Qaeda nel Maghreb Islamico e del gruppo Katibat al Mourabitoun, fondato dal famigerato terrorista algerino Mokhtar Belmokhtar. A est di Ghat, nell'area di Ubari, sono attivi i gruppi armati del popolo Tebu. Nella zona ci sono anche le milizie dei nomadi Tuareg.

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21 settembre

Bruno Cacace, 56enne residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), che vive in Libia da 15 anni, e Danilo Calonego, 68enne della provincia di Belluno sono i due italiani rapiti a Ghat, nel sud della Libia al confine con l'Algeria da sconosciuti armati e mascherati che hanno bloccato la loro auto e hanno aperto prima di costringerli a salire su un fuoristrada.

Assieme ai due italiani è stato rapito un cittadino canadese. Sono tutti e tre dipendenti della Con.I.Cos, società di Mondovì (Cuneo) che si sta occupando della manutenzione dell'aeroporto di Ghat, città sotto il controllo del governo di unità nazionale di Tripoli, internazionalmente riconosciuto.

Le ipotesi degli inquirenti

I rapitori sono noti alle autorità locali e in passato hanno effettuato imboscate contro auto e rapine. Lo ha riferito il portavoce della municipalità di Ghat, Hassan Osman Eissa, all'Associated Press. Il portavoce ha detto che le autorità stanno indagando ma non ha voluto aggiungere altro.

Quello che doveva essere un "rapimento lampo" con immediato pagamento di un riscatto e rilascio degli ostaggi, non si è chiuso subito. È quindi iniziata una fase delicatissima che può diventare pericolosa man mano che passa il tempo.

La zona del sequestro è conosciuta dall'intelligence. Si tratta di un'area nella quale imperversano tribù tuareg e trafficanti di ogni tipo. Non mancano infiltrazioni jihadiste. Ma proprio quella del gruppo criminale "comune" sembra per ora la pista privilegiata per risalire agli autori del sequestro.

Come l'esperienza del precedente rapimento dei quattro operai della Bonatti in Libia insegna, tuttavia, il fatto non costituisce alcuna garanzia di una rapida risoluzione del caso. L'Aise si è subito messo al lavoro con i suoi contatti locali per identificare i sequestratori e capire il tipo di richieste che partiranno. Coinvolta naturalmente anche l'azienda Conicos che impiegava i lavoratori e che ha uffici in Libia. L'obiettivo è capire con certezza chi ha in mano gli ostaggi e che tipo di contropartita vuole; quello che è da scongiurare è il passaggio di mano ad altri gruppi, di matrice jihadista, che potrebbero utilizzarli per rivendicazioni 'politiche' contro la presenza italiana e in Libia.

Vittima di altre imboscate

Danilo Calonego nell'ottobre del 2014 era sfuggito a due imboscate da parte dei predoni del deserto ma in Libia, dopo un breve periodo a casa, nel bellunese, aveva voluto ritornarci quasi subito.  "La Libia è tremenda dopo Gheddafi - diceva due anni fa - un disastro". Giramondo per vocazione, Calonego aveva iniziato a lavorare come apprendista meccanico a Sospirolo (Belluno) per poi trasferirsi per dieci anni in Svizzera e quindi nel 1979 in Libia. Il meccanico bellunese si è sposato due volte - come indicano i quotidiani locali - dalla prima moglie ha avuto due figlie e una terza figlia dalla seconda moglie, una marocchina.

I tre "sono stati prelevati da un gruppo di uomini che erano a bordo di due auto. I rapitori hanno aperto il fuoco contro di loro e poi li hanno prelevati", ha riferito al sito Masrawy.com un membro del consiglio municipale di Ghat. La stessa fonte ha aggiunto che "l'autista che accompagnava i tre è stato trovato con le mani legate in una zona desertica" e ha rivelato che a fornire tali particolari sulla dinamica del sequestro sarebbe stato proprio l'autista abbandonato dai sequestratori. Il sindaco di Ghat, Komani Mohamed Saleh, aveva detto in precedenza al sito arabo Tuniscope che "Sconosciuti hanno sequestrato all'alba un canadese e due italiani" e che "si sta lavorando per conoscere il gruppo dei rapitori e il luogo dove sono stati portati i tre".

Altre fonti libiche hanno dichiarato al sito arabo 218.tv.net che "uomini mascherati che si trovavano a bordo di una vettura 4x4, hanno fermato vicino alla cava di El-Gnoun un'auto dove si trovavano degli stranieri che stavano viaggiando verso il loro posto di lavoro vicino all'aeroporto di Ghat, prima di sequestrarli". Nessun riferimento al movente ne' alla possibile affiliazione dei rapitori, anche se in Libia sono comuni i sequestri a scopo di estorsione. La Con.I.Cos (Contratti Italiani Costruzioni) opera da decenni in Libia con numerose commesse di ingegneria civile e ha la sua sede centrale a Tripoli, ma anche uffici a Derna, Bengasi e, appunto, Ghat. Sara' la procura di Roma ad indagare sul rapimento.

Il punto della Conicos

Nella giornata del 21 settembre la stessa Conicos ha precisato come "nessuna persona operante con la nostra società è stata rapita negli anni scorsi e neppure risulta, da fonti locali, che altri soggetti operanti nella regione di Ghat siano stati rapiti od abbiano avuto seri problemi legati alla sicurezza personale. La regione del Fezzan in oggetto, e cioè a dire il sud ovest libico, pur nel delicato contesto creatosi post 2011, è sempre stata – fino ai giorni scorsi - un’area sicura, senza fatti di rilievo. Prova ne è che la Conicos Spa ha potuto continuare con l’operatività delle commesse in corso, pur adottando le cautele del caso, fino alla consegna finale dei lavori dell’aeroporto prevista appunto per il 19 settembre scorso. Tra le varie misure la Conicos si è dotata, ai fini della sicurezza preventiva, di servizi di guardie armate (militari) che presidiano (h24) i campi base ed i cantieri.

Contrariamente a quanto riferito dai media, non è mai stata revocata la scorta armata al personale operante all’aeroporto di Ghat a cui erano stati messi a disposizione, sia tre autisti armati, sia quattro militari governativi armati (due per turno, a rotazione), da utilizzare, a loro discrezione, in base alle esigenze di cantiere, ed in base agli spostamenti da effettuare sul territorio.

Il giorno del rapimento i tecnici Cacace e Calonego, per il trasferimento dal campo al cantiere, hanno portato con sé un solo autista armato che, vista la situazione sopravvenuta, fortunatamente non ha reagito onde evitare il peggio. Si precisa inoltre che tutta l’area operativa è confinata da appositi check-point di polizia in entrata ed in uscita.
La direzione Conicos, inoltre, per i trasferimenti di lungo raggio, ha sempre adottato voli di linea diretti, evitando così di percorrere i 1.500 km di viabilità interna al Paese, potenzialmente pericolosa. Si precisa, altresì, che tutto il personale è presente in Libia in forza di autorizzazioni e visti di entrata, e la presenza è nota alle Istituzioni.
L’informativa ai familiari, di quanto purtroppo accaduto, è avvenuta prontamente, in coordinamento con L’Unità di Crisi della Farnesina.

La Società sta seguendo, con apprensione, l’evolversi della vicenda minuto per minuto, con totale disponibilità. Vista la delicata situazione in corso, a valle della presente rettifica, la Conicos è stata invitata ad osservare, per il proseguo, un rigoroso silenzio stampa".

Gli italiani rapiti nel mondo

Salgono così a tre i rapiti italiani nel mondo: da tre anni è in mano ai sequestratori padre Paolo Dall'Oglio, sparito a Raqqa, in Siria, nel luglio 2013. Si è attivato anche il Copasir, che oggi riunirà l'ufficio di presidenza che potrebbe decidere di convocare presto in audizione il direttore dell'Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), Alberto Manenti. Gli apparati di sicurezza ritengono "non ad alto rischio" la zona della Libia dove sono stati rapiti gli italiani e il canadese, che è abitata da tribù tuareg alleate di Tripoli. Ma l'intera area, al confine con il sud dell'Algeria e il Niger, e' zona di passaggio di cellule islamiste legate ad Al Qaida e tutt'altro che immune da infiltrazioni dell'Isis. Ma dopo il tragico esito del sequestro dei quattro lavoratori della Bonatti (due dei quali rimasti uccisi in circostanze ancora non chiarite a Sabratha, nel marzo scorso, dopo un sequestro durato 8 mesi), c'e' stata un'ulteriore 'stretta' per evitare che civili italiani si trovino in un Paese dove infuriano gli scontri tra milizie rivali e dove la minaccia dell'Isis è una realtà (Ansa)

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