La strage dell'Isis a Damasco e lo stallo dei negoziati di pace
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La strage dell'Isis a Damasco e lo stallo dei negoziati di pace

Non c'è solo il Daesh a boicottare i colloqui di pace a Ginevra. Perché la Siria è diventata il campo della guerra per procura tra iraniani e sauditi

Per Lookout news

All'indomani della strage islamista in un quartiere sciita di Damasco, i colloqui di Ginevra sulla Siria sono giunti già a un punto morto. Il Comitato degli oppositori al presidente Assad non intende parteciparvi senza la cessazione dei bombardamenti e lo stop ad azioni dirette contro i ribelli. Tali oppositori si sono costituiti nel Comitato per gli Alti Negoziati (HNC) a Riad, capitale dell’Arabia Saudita. Il regno saudita è notoriamente ostile al governo siriano e ha finanziato e armato i maggiori gruppi che conducono la guerra contro l’esercito regolare siriano, contro le minoranze religiose non sunnite e contro gli stessi sunniti considerati “non sufficientemente devoti al Corano”.

Un tempo, le opposizioni ai governi non democratici della regione (ma non solo) erano formate da gruppi di esiliati che si organizzavano nelle maggiori capitali europee. Ossia in campo per così dire “neutro”. Mentre oggi assistiamo a una nuova fase dove i sauditi hanno designato come portavoce degli oppositori Mohammed Alloush.

Alloush è un predicatore salafita di Damasco, riconosciuto come Sheikh sunnita (lo era anche Bin Laden) e residente in Arabia Saudita. Suo figlio Zahran Alloush, a sua volta laureato in legge della Sharia nell’università saudita di Medina, è il defunto fondatore di Jaysh al-Islam, un gruppo avviato, finanziato e armato dall’Arabia Saudita, che ha richiesto sostegno al Pakistan per il proprio addestramento.

 

Jaysh al-Islam, terroristi o combattenti?
Il gruppo ha compiuto nel 2012 un attentato terroristico a Damasco uccidendo il ministro e il viceministro della Difesa e il segretario del vicepresidente, e risulta coinvolto nelle pulizie etnico-religiose nell’area di Damasco, condotte dagli islamisti di Jabhat al-Nusra. Alloush aveva infatti dichiarato di avere come scopo quello di “ripulire Damasco da alawiti e sciiti”. Come gruppo dell’Islamic Front, il gruppo Jaysh al-Islam ha sempre combattuto al fianco del Fronte al-Nusra, a sua volta filiazione siriana di Al Qaeda e riconosciuto come gruppo terroristico anche dagli Stati Uniti.

Infatti, smentendo pubblicamente le dichiarazioni rilasciate dai principi sauditi – che ne avevano dichiarato la costituzione e il supporto proprio per contrastare l’espansione di Al Nusra – Zahran Alloush ha dichiarato in un video di considerare i miliziani di Al Nusra “nostri fratelli”.
 

Russi e governo siriano hanno sempre dichiarato che la propria disponibilità ad avviare colloqui di pace non comportava però la rinuncia alla guerra contro i gruppi terroristici. Di conseguenza, non hanno alcuna intenzione di fermare le azioni contro quei gruppi che sostengono e collaborano con Al Nusra e obiettano che rappresentanti dei “terroristi possano partecipare ai colloqui di pace”.

Turchia, curdi e Stati Uniti
D’altronde, anche la Turchia ha posto il proprio veto, facendo pressioni perché neanche i curdi del PYD partecipino a colloqui di pace, definendoli a loro volta strumentalmente come terroristi. Tuttavia, i curdi del PYD, oltre al fatto di essere supportati da Washington, non hanno compiuto azioni terroristiche sul terreno di scontro, piuttosto combattono contro l’ISIS (come a Kobane) in Siria, per liberare il loro territorio dagli jihadisti del Califfato.

Dunque, sui colloqui di pace è in atto un braccio di ferro tra i sauditi da una parte, che bloccano la partecipazione dell’HNC ai colloqui finché non cesseranno bombardamenti e attacchi, e russi e siriani dall’altra. Scopo implicito di Riad è fare in modo che si tolga l’etichetta di “terroristi” ai gruppi wahabiti jihadisti che essi supportano.

 Anche il segretario di Stato americano, John Kerry, spinge perché l’HNC partecipi ai colloqui senza condizioni, al fine di cogliere una “opportunità storica” per far cessare la guerra. La Casa Bianca, infatti, è consapevole che sarebbe già molto se il governo siriano, e i russi, accettassero di intavolare trattative con una opposizione che combatte assai più in rappresentanza dei Regni del Golfo che non del popolo siriano.

La strada dei colloqui informali
La soluzione temporanea sembra essere quella di avviare colloqui indiretti, mediati dai rappresentanti dell’ONU, laddove però il tutto è ammantato da una spessa coltre di generale ipocrisia. La vera opposizione politica ad Assad – rappresentata da più partiti storici siriani – non parteciperà ai colloqui e rimarrà a Damasco, dove è sempre rimasta senza per questo essere perseguitata. Spingendo per un’azione politica verso la democrazia sull’onda delle Primavere arabe, questa parte politica si era opposta alla ribellione armata voluta invece da gruppi eterodiretti.

 Insomma, le reali trattative verteranno sulle condizioni alle quali i regni sunniti del Golfo – a lungo supportati da USA e Occidente – cesseranno l’aggressione alla Siria retta dagli sciiti alawiti. Un’aggressione di stampo politico-strategico ma anche religioso, che ha poco a che vedere con la critica all’autoritarismo del regime siriano e l’instaurazione di una democrazia, dato che questi obiettivi sono del tutto estranei alla politica del Golfo.

 

L'attentato Isis a Damasco

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L'attentato Isis a Damasco - 31 gennaio 2016

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