L'anno nuovo persiano a Kabul
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L'anno nuovo persiano a Kabul

Per le  strade una fiumana di gente in festa. Non sembrava neanche una zona di guerra

In Afghanistan ieri si è celebrato Nawroz, l’anno nuovo persiano. Per le  strade di Kabul, una fiumana di gente correva frettolosamente ad  acquistare vestiti e gioielli, frutta secca e dolci da regalare a  parenti e amici, come vuole la tradizione. Si faceva quasi fatica a  credere che siamo in una zona di guerra.

L’ultimo Nawroz che ho celebrato io invece, tre anni fa, mi vedeva fare la  valigia in fretta e furia per tornare in Italia, allo scadere del  contratto ONU, e decidere di investire tutto quello che avevo nella  creazione di Plain Ink. Una nuova organizzazione e un nuovo inizio,  tanto personale quanto professionale.

Questa  volta diversamente, mentre il Paese era indaffarato a celebrare  l’arrivo di un altro anno, io era occupata a sistemare il tutto per  l’apertura della scuola, prevista per domenica 24 marzo. Ancora con un  sacco di cose da fare, e tra litigi continui con i padroni dell’edificio  per rattoppare i muri della scuola e decine di tazze di thé verde tra  un ministero e l’altro per ottenere i permessi necessari. Ma per la mia  scuola, faccio questo e altro.

E  nonostante le difficoltà, mi veniva quasi da ridere anche, certe volte.  Io che non sono capace di comprare un mobile neanche all’IKEA e non  saprei arredare nemmeno uno sgabuzzino, mi sono ritrovata a mettere la  calce alle pareti, a dipingere – i muri color pesca davvero non facevano  per me – cambiare la moquette, sistemare i vetri, sturare i bagni e  pulire. L’esempio perfetto della legge del contrappasso, insomma.

Con  i banchi nuovi, le pareti imbiancate di fresco e tutte le cose al loro  posto però, direi che ora non mi vergogno più della catapecchia in cui  sono finita, anzi. Anche gli inviti sono stati mandati, il rinfresco  deciso e gli insegnanti hanno preparato i lori discorsi e le loro  esibizioni.

Ci  siamo dunque, e speriamo che questo sia solo l’inizio. L’inizio di una  storia che ancora deve essere raccontata, quella di The Qessa Academy.

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Selene Biffi

Imprenditrice sociale, ho lanciato la mia prima startup, Youth Action for Change, a 22 anni con soli 150 Euro. Già consulente ONU, mi occupo ora di Plain Ink, startup a vocazione sociale che produce fumetti e storie interattive in Italia e Paesi in Via di Sviluppo. Al momento scrivo da Kabul, dove ho creato The Qessa Academy, la prima scuola per cantastorie.

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