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Italia - Turchia: perché il figlio di Erdogan è indagato per riciclaggio

Sotto la lente degli inquirenti un viaggio a Bologna che, secondo le accuse di un imprenditore, sarebbe servito a Bilal per portare denaro all'estero

"L'Italia si occupi della mafia e non di mio figlio", ha inveito il presidente turco Recep Tayyp Erdogan durante la recentissima intervista a Rai News 24, suscitando le più che giustificate reazioni del mondo politico e civile del nostro Paese. Già, ma cosa ha fatto esattamente il figlio di Erdogan e perché è indagato dalla nostra magistratura?

Quel viaggio a Bologna
Il 35enne Bilal Erdogan è stato sottoposto a indagine dalla Procura di Bologna per il reato di riciclaggio, con iscrizione nel registro degli indagati in seguito a un esposto presentato da Murat Hakan Huzan, imprenditore turco ora rifugiatosi in Francia perché oppositore politico del presidente turco.

Arrivato nel capoluogo emiliano nell'autunno del 2015 con moglie e figli per frequentare un dottorato alla Johns Hopkins University, Bilal ha quindi lasciato l'Italia lo scorso marzo per "motivi di sicurezza", ma è proprio sul viaggio di andata che si sta concentrando l'attenzione dei nostri inquirenti: secondo quanto rivelato da Huzan, infatti, il figlio del presidente turco sarebbe giunto nel nostro Paese "con una grossa somma di denaro" nell'ambito di un presunto "progetto di fuga".

Una proroga alle indagini
Le accuse dell'imprenditore sono come detto in un esposto depositato attraverso l'avvocato Massimiliano Annetta del Foro di Firenze e, dopo l'iscrizione di Bilal come indagato da parte della Procura di Bologna, proprio il 20 luglio scorso (pochi giorni dopo il fallito golpe che ha scatenato le "purghe" in Turchia) il Gip ha infatti stabilito che i pm Antonella Scandellari e Manuela Cavallo possono continuare a indagare sul figlio di Erdogan, accogliendo la loro richiesta di avere appunto una proroga.

A quanto si era appreso a suo tempo, nella prima parte dell'indagine era stato fatto uno "screening" sui conti correnti bancari e un controllo dei tabulati telefonici di Bilal Erdogan, senza però che emergessero elementi particolari. Tuttavia gli inquirenti, non escludendo il ricorso a rogatorie internazionali, hanno chiesto una proroga nella convinzione che possano esserci nuovi esiti investigativi sulla vicenda. Contro o a favore del figlio del presidente come previsto da uno Stato di diritto qual è l'Italia, come ricordato dallo stesso Matteo Renzi al padre dell'indagato dopo le sue proteste televisive.

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Redazione