Israele: sette scenari per il dopo voto
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Israele: sette scenari per il dopo voto

Che cosa accadrà dopo lo spoglio nelle elezioni legislative che potrebbero rivoluzionare il panorama politico dello Stato ebraico

Dovremo  attendere la mezzanotte di oggi (ore 10.00 in Italia, ndr), martedì 17 marzo, due ore dopo la chiusura delle urne, per capire come sono andate le elezioni in Israele.  Se ci fosse un testa a testa tra i due maggiori partiti (Likud e Unione sionista) o se qualcuno dei partiti più piccoli ballasse attorno alla soglia del 3.25%, è probabile che si debbano attendere altri due giorni quando saranno spogliati anche i voti espressi dai soldati di Tsahal in missione. Dopodiché, un po' come accade in Italia, è previsto un complesso iter istituzionale di consultazioni presso la presidenza della Repubblica, solo al termine del quale sarà assegnato l'incarico. Nel complesso, se non vi fossero intoppi, saranno necessarie altre due settimane per formare un nuovo esecutivo. Ma che cosa potrebbe succedere dopo? Tutto dipende dagli scenari che escono dalle urne, ma anche dalla volontà dei singoli partiti, molti dei quali - a cominciare da Kulanu dell'ex ministro del Likud Moshe Kahlon, la possibile sorpresa di queste elezioni - non hanno ancora chiarito che cosa intendono fare né con chi preferirebbero allearsi.

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1: I sondaggi tengono - Kahlon va con Netanyahu
Gli ultimi sondaggi prima del blackout segnalavano un vantaggio di quattro seggi per l'Unione sionista (centrosinistra) del ticket Herzog-Livni contro il Likud (centrodestra) del premier Netanyahu. Nella migliore delle ipotesi, la coalizione tra gli ex laburisti e i centristi fuoriusciti da Kadima guidati da Tzipi Livni prenderà 26 seggi, ben lontano dal traguardo dei 61 seggi necessari per formare una maggioranza alla Knesset. Sempre secondo gli ultimi polls, il blocco della destra e dei partiti religiosi vicini al Likud (Israel Beiteinu dell’ex ministro degli Esteri Avigdor Lieberman molto forte tra gli ebrei di origine esteuropea, Focolare ebraico considerato il braccio politico del movimento dei coloni  della Cisgiordania, i partiti religiosi Shas e Torah United Judaism) otterrebbe comunque qualche seggio in più del tutt'altro che omogeneo blocco di centro-sinistra (Unione sionista, la sinistra-sinistra di Meretz, i laici del partito dell'ex presentatore Lapid e gli arabi di Union List). A fare da ago della bilancia, potrebbe essere il partito Kulanu, di estrazione conservatrice e laica, capitanato dall'ex ministro del Likud Moshe Kahlon cui i sondaggi assegnano circa 10 seggi. Non sono pochi in una situazione di estrema frammentazione quale quella israeliana. La speranza dell'inner circle di Netanyahu è che Kahlon, nonostante la profonda disistima nei confronti del premier, non recida le sue radici di destra e che chieda a Bibi semplicemente il ministero delle Finanze. Kahlon per ora sta bene attento a non esporsi, comunque, benché Bibi stia cercando di blandirlo. Mostrerà le carte solo dopo il voto. 


Israele: il voto normale di un Paese assediato

Sono 120 i seggi in palio alla Knesset, il parlamento israeliano. Hanno diritto a votare circa sei milioni di elettori, il 15% dei quali arabo-israeliani. La legge elettorale è proporzionale con uno sbarramento del 3,25%


2: I sondaggi tengono - Herzog forma un governo con Kahlon, laicisti e religiosi
L'antipatia di Kahlon nei confronti di Netanyahu è cosa nota. Come è noto che Kahlon non ha affatto cambiato opinione sul conto del suo vecchio capo al quale potrebbe fare un dispetto, scegliendo di allearsi con Herzog. Se così fosse Herzog dovrà fare affidamento su tutta la sua creatività politica per costruire una coalizione che, oltre al partito di Kahlon e forse a Meretz, comprenda da un lato i partiti religiosi come Shas e United Torah Judaism, dall'altro i laicisti di Yesh Atid guidati dall'ex giornalista Yair Lapid. Certo, sembra impossibile che i rabbini possano sedersi in un governo che veda tra i suoi membri un campione del laicismo come Lapid o anche esponenti della sinistra-sinistra progay raccolti sotto la bandiera di Meretz. Epperò, mai dire mai, specie in Israele: se c'è un uomo che ha un profilo adatto per tentare l'impresa di mettere insieme diavolo e acqua santa, quell'uomo è Herzog, che sarà pure scialbo e privo di carisma come dicono i suoi avversari ma è pur sempre il nipote di uno dei grandi rabbini che hanno fatto la storia del Paese nonché il figlio di un ex presidente della Repubblica.

3: I sondaggi tengono - governo di unità nazionaleLikud-Unione
L'ipercorteggiato Kahlon potrebbe decidere, al contrario, di invitare Netanyahu e Herzog a formare un governo di unità nazionale che veda la  partecipazione del Likud, dell'Unionesionista, di Kulanu e di Haredim (i partiti religiosi). Il Presidente Reuven Rivlin non sarebbe pregiudizialmente contrario, tutt'altro. Certo, Netanyahu ha ripetutamente escluso questa ipotesi ma se dovesse accorgersi che lo attendono quattro anni di opposizione potrebbe anche cambiare idea. Netanyahu  è ben più pragmatico e attaccato al potere di quanto vorrebbe certa stampa.  Herzog, dal canto suo, potrebbe rendersi conto che un governo di coabitazione col Likud è l'unico modo per acquistare un profilo nazionale. Il punto però è appunto chi sarà nominato primo ministro: staffetta tra i due leader di partito, come Shimon Peres e Yitzhak Shamir nel 1984 (con l'incoraggiamento del padre di Herzog, allora presidente)? Ma anche qualora fossero d'accordo, chi dei due inizierebbe per primo? Non è una questione di poco peso politico.


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4: Sondaggi smentiti - Il collasso del Likud
In tutte le elezioni degli ultimi due decenni, c'è stato un significativo aumento degli elettori che decidono all'ultimo secondo, spesso in cabina. Nel 2013, la sorpresa fu Yesh Atid di Tommy Lapid, che ottenne diciannove posti sbaragliando le previsioni. Chi raccoglierà oggi il maggior numero di swinging voters? Molti credono che potrebbe essere Kahlon  nonostante la sua lunga carriera politica. Se molti ex elettori del Likud optano massicciamente questa volta per Kulanu ne farebbe le spese Netanyahu e se ne avvantaggerebbe l'Unione sionista, che con Herzog potrebbe legittimamente rivendicare il mandato. Formare una coalizione rimarrebbe un problema ma Netanyahu, come leader di un partito con meno di venti seggi, sarebbe marginalizzato. Forse per sempre.

5: Sondaggi smentiti - Likud riprende il primo posto
È vero. Il Likud è in lento ma costante calo nei sondaggi da almeno due mesi. Eppure, un'improvvisa inversione del trend a favore di Netanyahu non è uno scenario così irrealistico. Ci sono molti ex sostenitori del Likud che, dopo aver votato il Focolaree ebraico (Habayit Hayehudi) guidato da Naftali Bennett nel 2013, potrebbero  farsi convincere dall'idea del voto utile per scongiurare una vittoria del centrosinistra. E se Netanyahu, grazie al soccorso dei suoi ex elettori delusi, dovesse colmare il gap con l'Unione sionista, potrebbe anche ottenere un altro mandato, a dispetto dell'evidente calo di popolarità  
 

Ci sono molti ex sostenitori del Likud che, dopo aver votato il Focolaree ebraico (Habayit Hayehudi) guidato da Naftali Bennett nel 2013, potrebbero farsi convincere dall'idea del voto utile

6: Sondaggi smentiti - i piccoli partiti fuori dalla Knesset
Tre partiti  ballano attorno allla soglia elettorale del 3,25 per cento dei voti:  Meretz (sinistra), il partito guidato dall'ex ministro degli Interni, nonché  storico leader dello Shas,  Eli Yshai, e Yisrael Beitenu, ma il margine di errore lascia adito a dubbi soprattutto se vi fosse una affluenza alle urne superiore alla media. Potrebbe rimanere fuori Meretz, che conta molti elettori arabi e politicizzati. Herzog, senza Meretz,  potrebbe contare su una maggioranza molto risicata. Non gli rimarrebbe che un governo di unità nazionale.

7 - Lo stallo e le elezioni anticipate
E se dopo aver ricevuto il mandato Herzog e/o Netanyahu dovessero fallire nel loro tentativo di formare un governo? Se dopo 90 giorni non ci fosse un governo si andrebbe al voto a settembre, dopo un interim. Uno scenario neanche impensabile vista l'estrema frammentazione della società e dell'elettorato israeliano.

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Paolo Papi