Isis in Siria: che non sia una seconda Libia
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Isis in Siria: che non sia una seconda Libia

Il monito dell'inviato speciale dell'Onu in Siria, Staffan de Mistura: non azzerare le istituzioni locali. Serve una soluzione politica

In Siria non si devono ripetere gli errori commessi in Libia: azzerare le istituzioni significherebbe lasciare il Paese in balia dell'Isis. È il monito lanciato con forza dall'inviato speciale dell'Onu in Siria, Staffan de Mistura. Per il quale allo stesso tempo ciò che è accaduto in Siria deve "servire da lezione per la Libia".

"Lo Stato Islamico è come un'Ebola politica, che approfitta della debolezza di un corpo, della fragilità di una Nazione", spiega il diplomatico italo-svedese in un'intervista all'ANSA. "E ho appreso con i miei occhi, sia in Iraq che in Afghanistan, come una delle cose da evitare quando c'e' un intervento internazionale sotto l'egida dell'Onu è quella di azzerare le istituzioni locali".

Va dunque evitato uno scenario come quello a cui abbiamo assistito in Libia dalla caduta di Gheddafi. E al contempo nel Paese nordafricano non si deve effettuare lo stesso sbaglio commesso in Siria. "Se si fosse affrontato il problema della crisi nello Stato mediorientale due o tre anni fa in maniera più proattiva non saremmo arrivati dove siamo adesso. Questa è una lezione per la Libia", afferma de Mistura.

Per il diplomatico tutti ora sono consapevoli che il conflitto in Siria non puo' essere vinto da nessuno, e che bisogna quindi trovare una soluzione politica. "Prima queste erano parole - sottolinea - ma l'entrata molto aggressiva nel Paese dell'Isis, e in seguito l'intervento della coalizione guidata dagli Usa, hanno cambiato radicalmente lo scenario. Quello che io speravo ma non ho ancora visto - afferma - è che avvenisse con una certa accelerazione".

Lo Stato Islamico è come un'Ebola politica, che approfitta della debolezza di un corpo, della fragilità di una Nazione

Tuttavia per de Mistura c'e' ancora lo spazio di manovra per qualche formula politica, e da qui l'idea di un test su Aleppo. Durante il suo intervento al Consiglio di Sicurezza, l'inviato delle Nazioni Unite ha annunciato che il governo siriano si è detto disponibile a sospendere per sei settimane i bombardamenti sulla città. Un test che a suo parere non è fine a sè stesso, ma costituisce un 'rompighiaccio', un vero e proprio esame per la pace. "Aleppo è iconica - spiega -. È assediata da tempo e rischia di cadere in qualunque momento. E se questo avvenisse ci sarebbero altri 400 mila o 500 mila rifugiati". Inoltre, continua, "è l'ultima grande città contesa. Per questo ha un forte significato per entrambe le parti, e non bisogna dimenticare che la gente ha bisogno di un momento di speranza, di vedere che c'è un dibattito politico".

Il problema vero, come accade per tutti gli annunci, è verificare se diventeranno realta: "Per questo andro' tra pochi giorni a Damasco", spiega. "Se la promessa venisse rispettata, tramite la comunità internazionale e l'Ue, con Federica Mogherini che si è molto attivata, potremmo portare avanti un accelerato intervento umanitario, dimostrando che quando c'è un momento di calma in una guerra, la popolazione riceve immediatamente grande vantaggio", dice.

De Mistura non si fa illusioni, sa che questo conflitto è ritenuto una 'missione impossibile', dove gia' hanno fallito i suoi predecessori, Kofi Annan e Lakhdar Brahimi. "Questo perchè ci sono più interventi interni ed esterni, se dovessi calcolare quante entità o governi sono coinvolti, forse parliamo di 18", rivela. "L'Onu tratta e deve trattare con tutti, gli unici con cui non abbiamo un dialogo diretto sono i terroristi", sottolinea.

Tuttavia, il diplomatico si augura che se si avvicinerà il momento di un negoziato politico, le varie frange dell'opposizione possano cominciare ad avere una posizione più vicina, così da evitare una frammentazione che rende la situazione ancora difficile e contraddittoria.

18 febbraio 2015, cittadini egiziani in fuga dalla Libia. EPA/TAREK FARAMAWY/ALMASRY ALYOUM EGYPT OUT

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