Isis, come funziona la propaganda della barbarie
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Isis, come funziona la propaganda della barbarie

Le decapitazioni inscenate, la regia dei video, l'appello alle seconde generazioni degli immigrati islamici e la sfida ai nostri sentimenti

Due mondi a parte. Due linguaggi che non s'incontrano anche se usano le stesse parole. Noi e loro.

I video delle decapitazioni, una macabra catena di minacce e esecuzioni, bucano i monitor dei nostri computer, entrano nelle nostre case, sfidano apertamente i leader occidentali, incalzano dal deserto del web Obama e Cameron.

Fanno leva sulla pietà e indignazione del pubblico europeo e americano per ottenere un vantaggio politico, una ribellione alla fermezza nel respingere le trattative sugli ostaggi, nel non cedere al ricatto jihadista e perseguire una soluzione anche militare contro la minaccia globale del Califfato islamico.

Violenza culturalmente primitiva
Quel tenere per la collottola l’ostaggio predestinato, quell’esibire la testa del prossimo decapitato imputandone in anticipo il sangue alla decisione di Obama di intervenire in Siria, o al voto del Parlamento inglese a favore dei raid, quei monologhi estorti ai morituri quando già emana odore di morte dalle loro figure inginocchiate accanto al boia (che brandisce la mannaia come agitando uno spaventoso indice accusatore), mettono in scena una violenza mediatica tecnologicamente avanzata ma culturalmente primitiva. Il killer seriale per un serial dell'orrore.

Comunicazione tecnologicamente avanzata

Il terrorismo è questo e corre sulla rete. Le decapitazioni hanno lo scopo di diffondere terrore. È una comunicazione che ha due “clienti”.

Il mondo islamico, il primo cliente
Il primo è lo stesso popolo siriano o iracheno o afgano o pachistano, in primis quello di religione islamica, perché la minaccia in questo caso è dietro l'angolo di casa, ti colpisce direttamente, ti aggredisce fisicamente, personalmente. E in certi paese e certe aree "calde", l'unico linguaggio che conti davvero è quello della forza, della brutalità prepotente dell’assassinio, dello stupro e dell’oppressione.


Isis, decapitato un ostaggio britannico


Immagini orripilanti
Provate a navigare un po’ nella rete e non farete fatica a trovare siti che propagandano video e tesi jihadisti. Ve ne propongo uno, ma vi avverto: è forte, se avete il cuore debole non guardatelo. Eppure si capisce molto di più da quelle immagini che non da mille discorsi.

Il link è questo:

Su Jihadology.net

Troverete immagini orripilanti di esecuzioni a freddo, attentati, agguati, battaglie e conversioni forzate. Questo è l’Islam come viene interpretato dai jihadisti del Califfato. Siti come questo, e profili Twitter e Facebook assolutamente in linea con questa violenza propagandistica dell’Isis, sono merce comune in rete.

Affrontare con dignità e coraggio la morte dei propri uomini e donne

L’Intelligence occidentale li tollera, eliminarli non ha senso perché si riproducono ed è più difficile individuarli. Io vi fornisco le coordinate perché questo mi esime dalla scelta che devono compiere i direttori dei Tg e gli autori dei programmi Tv: trasmetterli o no. Io credo, personalmente, che si debbano trasmettere. Con le dovute avvertenze. Non c’è altro modo per smascherare i dietrologi e revisionisti per i quali l’odio islamista (come già il crollo delle Torri Gemelle) è solo una creatura della CIA e del Mossad.

Noi, il secondo cliente
Poi c’è un altro “cliente”. Siamo noi. L'arringa del boia degli occidentali, in un linguaggio perfettamente comprensibile e diretto, si rivolge in realtà non a Obama o Cameron, ma alla pubblica opinione occidentale che ha una pericolosa tendenza o propensione al sentimentalismo, quello stesso sentimentalismo che ha mosso tanti occidentali a darsi in pasto ai leoni partendo come volontari e cooperanti in Siria e Iraq per finire nelle mani dei tagliatori di teste.

Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna il pubblico è abituato a rendere omaggio e onori ai caduti in guerra, a affrontare con dignità e coraggio la morte dei propri uomini e donne. Nel Continente europeo si tende invece a trattare, negoziare, considerare insopportabile la morte dell’ostaggio (e quindi a pagare il riscatto anche se il pagamento incoraggia nuovi sequestri).

Qualità tecnica e barbarie
È impressionante, aggiungo, la qualità tecnica di alcuni video postati dai jihadisti. Fish eye, droni, camera car (riprese dalle auto), reportage in movimento, mix perfetti di suoni e effetti, un montaggio da manuale. Non fatevi ingannare: dietro quella modernità c’è la barbarie di un Islam che si pone come obiettivo nientemeno che la conquista delle menti (a costo di tagliarne le teste) e del mondo. Incluso il nostro.

Nel video che vi ho segnalato troverete un comizio nel quale un jihadista minaccia di conquistare Roma. Questo purtroppo è il mondo nel quale ci troviamo a vivere. Non molto diverso da un nuovo Medioevo. Il guaio è che tra i "clienti" di quella propaganda ci sono le seconde generazioni, i figli degli immigrati islamici in Europa affetti da crisi identitarie, tentati da un estremismo che rinnega le fatiche e le sofferenze dei genitori per rifarsi una vita in Europa.

Sul web i terroristi islamici con passaporto britannico hanno imparato il Jihad, la guerra santa. Fin dai tempi della guerriglia in Kashmir esportata a suon di bombe nella City di Londra.
E adesso navigate pure, come ho fatto io. Per capire.

Un mondo sconvolto

Carsten Koall/Getty Images News
Un ragazzo in un autocarro di rifugiati attraversa il confine fra Siria e Turchia, 30 settembre 2014

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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