ISIS: Al Baghdadi avvelenato da una congiura di spie?
Ansa
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ISIS: Al Baghdadi avvelenato da una congiura di spie?

Intossicato insieme ad altri tre comandanti, il leader del Califfato si troverebbe in pericolo di vita. Il veleno si trovava nel cibo

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Rapporti d’intelligence riferiscono che il leader di Daesh (Stato Islamico, ndr) Abu Bakr al-Baghdadi e tre alti comandanti hanno consumato alimenti contenenti ​​veleno”. La notizia, tutta da verificare, viene riportata da una fonte dell’intelligence irachena della provincia di Ninive ed è stata rilanciata da Media News Agency, Iraqinews e dal russo Sputnik, tutti e tre media notoriamente pro Baghdad e pro Mosca. Secondo le prime informazioni, sia pur di parte, i quattro uomini sarebbero affetti da gravi intossicazioni e per questo motivo sono stati trasportati d’urgenza in un luogo sconosciuto. Il leader Al Baghdadi si trovava nella provincia di Ninive insieme a tre membri del Consiglio della Shura, il direttorio dello Stato Islamico, quando è avvenuto l’avvelenamento.

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Al Baghdadi si nascondeva a Mosul
Secondo fonti irachene citate dall’emittente televisiva Al Sumaria, alcuni giorni fa Al Baghdadi si era voluto mostrare dal vivo alla popolazione di Mosul, la capitale irachena del Califfato, contravvenendo alle cautele cui il leader dello Stato Islamico si era dovuto attenere sino a quel momento per evitare di essere scovato e ucciso dai suoi nemici. In quell’occasione, Al Baghdadi avrebbe incontrato i cittadini del quartiere di Al Risala, arrivando a bordo di un fuoristrada bianco accompagnato da tre guardie del corpo a volto coperto. Il Califfo Ibrahim sarebbe stato costretto a farsi vedere in pubblico in seguito ai disordini esplosi a Mosul, dopo che le forze irachene hanno paracadutato volantini dal cielo in cui annunciano di essere vicine a dare inizio alla battaglia per riprendere la capitale della provincia di Ninive.

 Già da tempo circolano voci incontrollate secondo cui a Mosul sono scoppiate proteste e ribellioni dal basso, e più fonti parlano di un crescendo di arresti sommari negli ultimi mesi. Gli uomini dello Stato Islamico agirebbero in risposta a una serie di provocazioni a firma della cosiddetta “Resistenza Popolare” verificatesi in città: scritte comparse sui muri che sfidano l’autorità del Califfato inneggiando alla rivolta contro la forza occupante; bandiere dello Stato Islamico gettate nel Tigri in segno di protesta; addirittura, in un caso, asini lasciati pascolare in città con la foto di Al Baghdadi appesa al collo. Tutto questo avrebbe reso sempre più nervosi i miliziani e richiesto un intervento diretto del Califfo per placare gli animi, in previsione della durissima lotta che Mosul dovrà sopportare per impedire la sua conquista da parte delle forze di Baghdad.

La dinamica dell’avvelenamento
Il tentativo di avvelenamento del Califfo si sarebbe verificato dopo la visita di Al Baghdadi al distretto di Al Risala, in un viaggio che da Mosul lo avrebbe dovuto condurre vicino al confine con la Siria, forse intrapreso per evitare di farsi trovare a Mosul quando la città cadrà. Quell’apparizione gli sarebbe stata fatale, dunque.

 Fonti dell’intelligence irachena riferiscono da tempo che il leader del Califfato si muove continuamente tra Iraq e Siria per evitare i bombardamenti aerei, ma poiché gli spostamenti di Al Baghdadi sono conosciuti solo dal suo ristrettissimo cerchio interno, appare evidente – se la notizia dovesse essere confermata – che la bolla di sicurezza che sinora ha protetto il Califfo è stata violata.

 Il che farebbe il pari con la serie di leader del Califfato uccisi uno dopo l’altro dalle forze americane: tre dei più alti comandanti dello Stato Islamico, Abu Atheer al Halabi, Abu Omar Al Shishani e Abu Al Al Anbari, sono infatti stati uccisi nel giro di poche settimane di distanza nel mese di marzo, e un quarto, Abu Mohammed Al Adnani, è caduto ad agosto. Si tratta del braccio destro e degli uomini più vicini in assoluto al Califfo. Ma l’aspetto importante è che, contrariamente a quanto riferisce la propaganda dell’ISIS, nessuno di loro è stato vittima di bombardamenti dal cielo: piuttosto sono caduti per fuoco ravvicinato o in circostanze particolari. Abu Ali Al Anbari, ad esempio, è stato ucciso dalle forze speciali americane durante un tentativo di catturarlo vivo a Deir Ezzor, in Siria, centrato dal fuoco di un elicottero. 

Questo significa, da un lato, che tutti i comandanti caduti sono stati prima localizzati dall’intelligence e poi seguiti fino a che non si è stati in grado di prenderli vivi e che solo la loro resistenza alla cattura ne ha comportato la morte. Dall’altro, queste eliminazioni mirate certificano il fatto che il “cerchio magico” di Al Baghdadi è stato penetrato e infiltrato da spie, che ne riferiscono i movimenti, quando possibile. Un tradimento potrebbe dunque essere all’origine dell’avvelenamento di Al Baghdadi e dei suoi più fidati uomini. La fine prematura del primo Califfo dello Stato Islamico, forse, si avvicina.

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Luciano Tirinnanzi